Entrambe le grafie sono corrette; la prima è forma prettamente aulica (http://www.etimo.it/?term=presepe). Forse non tutti sanno, però, che questo termine oltre a indicare la rappresentazione della nascita di Gesú Cristo ha anche altri significati, che riprendiamo dal “Treccani” in rete:
dal lat. praesepium o praesepe «greppia, mangiatoia», comp. di prae- «pre-» e saepire «cingere, chiudere con una siepe (lat. saeps saepis)»]. – 1. a. Propriam. (ma ant.), la stalla o la mangiatoia in essa situata: Vattene, agnello pieno di talento, Caro al presepio e al capo dell’armento (Giusti); anche in senso fig., con sign. affine a quello fig. di greppia: i fuchi, ingorde bestie e pigre Che solo intente a logorar l’altrui, De le conserve lor si fan presepi (Caro). In partic., secondo il Vangelo di Luca (2, 6-16), la mangiatoia ove fu deposto Gesù alla sua nascita, e insieme la grotta in cui essa si trovava: in poveri Panni il Figliol compose, E nell’umil presepio Soavemente il pose (Manzoni). b. Nell’uso com., rappresentazione plastica della nascita di Gesù che si fa nelle chiese e nelle case, nelle festività natalizie e dell’Epifania, riproducendo scenicamente, con figure formate di materiali vari e in un ambiente ricostruito più o meno realisticamente (talora anche anacronistico), le scene della Natività e dell’Adorazione dei Magi: fare, preparare il p.; le figurine del p.; un p. in cartapesta, in terracotta, in legno dipinto; un p. di ceramica faentina; un p. napoletano del Settecento; l’iconografia bizantina del p.; p. animato, in cui è dato movimento alle figure mediante congegni meccanici; p. vivente, in cui agiscono persone vere che rappresentano la scena della Natività. Più genericam., ogni rappresentazione iconografica della nascita di Cristo. 2. Nel culto di Mitra, lunga panca, simile a una mangiatoia, che si stendeva lungo le pareti della sala ipogea di culto; anche, denominazione delle varie recinzioni della sala stessa. 3. Negli stabilimenti industriali, prima che venissero istituite le camere di allattamento e gli asili nido, locale in cui durante le ore lavorative venivano accolti e custoditi i bambini lattanti delle operaie. 4. In astronomia, nome (nell’uso pop. anche greppia o mangiatoia) di un ammasso stellare visibile a occhio nudo come una grossa nebulosa, situato tra le stelle delta e gamma della costellazione del Cancro.
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Dalla rubrica di lingua del Corriere della Sera in rete:
bei - bello
Che BEI gatti! Che gatti BELLI! Perchè se pospongo l'aggettivo devo mutarlo? Forse è una regola scontata, ma vorrei capirne i motivi. Grazie.
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Risposta dell’esperto:
De Rienzo Lunedì, 20 Dicembre 2010
Non ci sono motivi se non il consolidarsi di un'abitudine.
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Cortese Professore, non si tratta di una consuetudine ma di una “legge” grammaticale, che cercheremo di esporre brevemente. L’aggettivo qualificativo “bello” si tronca in ‘bel’ davanti a consonante, purché non sia una ‘s’ impura, una “x”, una “z” e davanti ai digrammi ‘gn’, ‘pn’, ‘ps’, ‘sc’: bel libro; bello strumento; bello zaino; bello pneumatico. Davanti a vocale si apostrofa: è un bell’uomo. Nel plurale ha due forme: bei e begli. La prima si adopera davanti a consonante: bei gatti; bei bambini; bei fanciulli. La seconda si usa davanti a vocale, ai gruppi ‘gn’, ‘pn’, ‘ps’, ‘sc’ e dinanzi a “s” impura, ‘z’, ‘x’: begli animi; begli specchi. Dopo il sostantivo si adoperano sempre le forme “bello” e “belli”: uomo bello; uomini belli. Questa legge è chiamata “fonosintassi”.
1 commento:
Oh... ma 'sto De Rienzo non ne azzecca una! :)
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