venerdì 11 ottobre 2024

Sentire, udire, ascoltare: tre verbi, tre "ascolti" diversi

 


V
ieni qui, Pinuccio! Oggi voglio parlarti di tre verbi che noi tutti adoperiamo indifferentemente, ma hanno sfumature diverse: sentire, udire e ascoltare. Se vogliamo parlare e scrivere correttamente, dunque, dobbiamo prestare attenzione alle loro sottili differenze.

- Va bene, papà. Quali sono, dunque, queste differenze?

- Cominciamo con 'sentire', che è pari pari il latino sentire. Quando usiamo questo verbo ci riferiamo soprattutto alla percezione sensoriale. Per esempio, 'sento il vento sulla pelle' o 'sento un fruscio negli orecchi'.

- Quando dico 'sento la sirena dei vigili del fuoco' sto parlando della percezione del suono, quindi?

- Esatto, Pinuccio. Ora veniamo a 'udire' che è simile a 'sentire', ma un po' più specifico. 'Udire', dal latino audire, significa percepire un suono con l'orecchio, senza necessariamente prestare attenzione. Per esempio, 'ho udito un rumore nella stanza accanto'. Questa è una percezione “passiva”, si potrebbe dire.

- Capisco. Posso udire, pertanto, qualcosa senza prestare attenzione?

- Proprio così, figliolo. Passiamo ad 'ascoltare', anche questo dal latino classico auscultare. Quest’ultimo verbo implica intenzione e attenzione. Quando 'ascolti' qualcosa stai prestando attenzione a ciò che senti. Per esempio, 'sto ascoltando la lezione del professore'.

- Quindi quando sento la musica devo dire 'ascolto la musica' perché la mia attenzione è concentrata solo sulla musica?

- Esattamente. Ascoltare richiede uno sforzo attivo per comprendere e dare importanza a ciò che stai sentendo. È diverso da 'sentire' e 'udire' perché coinvolge la tua attenzione consapevolmente.

- Ora ho capito veramente! Sentire è percepire con i sensi, udire è percepire inconsciamente, quindi passivamente e ascoltare è prestare attenzione. Grazie, papino! Farò un figurone con i miei amici quando spiegherò loro queste differenze.

- Bene figliolo. Sono contento che tu abbia capito la differenza. Usare correttamente questi verbi ti aiuterà a esprimerti meglio e riceverai i complimenti dei tuoi insegnanti.


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 La lingua “biforcuta” della stampa

L'emergenza

Volo Colonia-Roma, turbolenze e attimi di panico: “L’aereo ballava tra pianti e urli. Un uomo si è sentito male”

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Correttamente: tra pianti e urla.  

Urlo essendo un nome "eteroclito-eterogeneo" ha due plurali: urli e urla. Il femminile plurale, però, contrariamente a quanto riportano alcuni vocabolari, si usa solo per "le urla" dell'uomo in senso collettivo. Insomma: gli urli di Maria ma le urla di Giovanni, di Maria e di Pietro. È errato, per tanto, dire o scrivere "le urla della vittima risonavano in lontananza"; in questo caso, anche se si tratta di una persona, bisogna dire "gli urli" perché non c'è la "collettività". Anche per quanto riguarda il plurale di "grido" il discorso è lo stesso. I soliti vocabolari riportano: le grida per indicare quelle degli uomini; degli animali sempre gridi. Non è proprio cosí, come abbiamo visto.



 














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