Questo modo di dire dovrebbe esser noto ai lettori veneti derivando, la voce pettegolo, dal dialetto
veneto, appunto, "petegolo"
(propriamente "piccolo peto", vale a dire "rumore
intemperante e sgradevole"). Il
pettegolo, infatti, con le sue "chiacchiere e commenti maliziosi su altre
persone" non emette sempre un chiacchiericcio, quindi, un "rumore
sgradevole"? E perché come una
taccola? È presto detto. La taccola, un uccello dei passeriformi simile alla
cornacchia, vive in comunità e si unisce sempre a gruppi di corvi emettendo un
verso continuo e articolato che unito ai versi degli altri uccelli
"appare" come un ininterrotto chiacchiericcio. Di qui il "paragone metaforico" con
la persona pettegola. Occorre dire, però, per "dovere di cronaca",
che alcuni autori fanno derivare la voce, o meglio la connettono a
"putus", ragazzo, attraverso una forma diminutiva di "puticolus"
('fanciullo' e i fanciulli - si sa - non stanno mai zitti); altri a
"petere", andare verso, ricercare e il "petente" - anche questo
si sa - non sta mai zitto: con le sue richieste diventa assillante. Il modo di
dire si usa anche nella variante "pettegolo come una portinaia",
ossia chiacchierone, come la tradizione descrive le portinaie, che solitamente
si intromettono nei fatti degli altri e sanno tutto ciò che riguarda gli
inquilini del palazzo.
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La parola, di ieri, proposta da "unaparolaalgiorno.it": diaspora.
venerdì 11 marzo 2016
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