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Come al solito – locuzione di uso popolare per come il solito . Nella predetta espressione l’aggettivo solito acquista il valore di sostantivo con l’accezione di costume, abitudine e simili e si fa precedere dall’articolo, non dalla preposizione: sei sempre in ritardo, come il solito (come è tua abitudine). Se si vuole adoperare la preposizione al si deve omettere il come: al solito, sei sempre in ritardo.
***
Suonare (o batter) la diana.
“Mi raccomando, questa sera non andare a letto
molto tardi, come il tuo solito – fece il padre al figliolo piú grande – domani
devi batter la diana per tutta la famiglia e a me, lo sai benissimo, non mi
piace arrivare in ritardo agli appuntamenti: i tuoi zii ci attendono per le
nove, al massimo”.
Questo modo di dire,
“battere la diana”, era sconosciuto a Giovanni, il figliolo, il quale – per non
fare brutta figura nei confronti del padre – si affrettò a consultare un
vocabolario e scoprí, cosí, che l’espressione significa “dare la sveglia”.
Nel gergo militare di
un tempo si adoperava questa locuzione perché la sveglia era data col suono del
tamburo o della tromba proprio all’apparire – a oriente – della stella (Diana)
prima della levata del sole, all’alba.
Oggi questo modo di
dire è adoperato, per lo piú, nel senso di incitare qualcuno all’azione, alla
riscossa, a “darsi una mossa”, insomma, e anche nel significato di battere i
denti per il freddo: durante l’ora di diana, prima della levata del sole,
l’aria non è molto calda e fa piuttosto freddo.
Con lo stesso
significato di sentir freddo si adoperano anche le locuzioni “tremare come una
foglia” e “tremare verga a verga” le cui origini non abbisognano di spiegazioni
essendo intuitive.
***
Un altro "orrore" del "Nuovo De Mauro" in rete:
plu|ri|lìn|gue agg.inv. 1958; comp. di pluri- e -lingue.
CO TS ling.
1. di persona, di gruppo etnico, ecc., che parla correntemente più di una lingua
2. di territorio, in cui si parlano più lingue
3. di un testo, redatto in più lingue: documento plurilingue. ---------- L'aggettivo in oggetto non è invariabile, si pluralizza normalmente: plurilingui.
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Suonare (o batter) la diana.
“Mi raccomando, questa sera non andare a letto
molto tardi, come il tuo solito – fece il padre al figliolo piú grande – domani
devi batter la diana per tutta la famiglia e a me, lo sai benissimo, non mi
piace arrivare in ritardo agli appuntamenti: i tuoi zii ci attendono per le
nove, al massimo”.
Questo modo di dire,
“battere la diana”, era sconosciuto a Giovanni, il figliolo, il quale – per non
fare brutta figura nei confronti del padre – si affrettò a consultare un
vocabolario e scoprí, cosí, che l’espressione significa “dare la sveglia”.
Nel gergo militare di
un tempo si adoperava questa locuzione perché la sveglia era data col suono del
tamburo o della tromba proprio all’apparire – a oriente – della stella (Diana)
prima della levata del sole, all’alba.
Oggi questo modo di
dire è adoperato, per lo piú, nel senso di incitare qualcuno all’azione, alla
riscossa, a “darsi una mossa”, insomma, e anche nel significato di battere i
denti per il freddo: durante l’ora di diana, prima della levata del sole,
l’aria non è molto calda e fa piuttosto freddo.
Con lo stesso
significato di sentir freddo si adoperano anche le locuzioni “tremare come una
foglia” e “tremare verga a verga” le cui origini non abbisognano di spiegazioni
essendo intuitive.
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Un altro "orrore" del "Nuovo De Mauro" in rete:
plu|ri|lìn|gue agg.inv. 1958; comp. di pluri- e -lingue.
CO TS ling.
1. di persona, di gruppo etnico, ecc., che parla correntemente più di una lingua
2. di territorio, in cui si parlano più lingue
3. di un testo, redatto in più lingue: documento plurilingue. ---------- L'aggettivo in oggetto non è invariabile, si pluralizza normalmente: plurilingui.
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Un altro "orrore" del "Nuovo De Mauro" in rete:
CO TS ling.
1. di persona, di gruppo etnico, ecc., che parla correntemente più di una lingua
2. di territorio, in cui si parlano più lingue
3. di un testo, redatto in più lingue: documento plurilingue.
11 commenti:
Ho sempre pensato che "Prendersi uno spaghetto" facesse parte del gergo giovanile degli anni '80-'90.
Buon giorno,
leggo quotidianamente con piacere e interesse ciò che scrive.
Riguardo alla locuzione “tremare verga a verga”, non sarebbe piú corretto in italiano: “tremare a verga a verga”? Il togliere la prima “a” da “a mano a mano”, “a corpo a corpo”, “a poco a poco”… non è un francesismo?
Grazie come sempre per le sue stille di sapere e curiosità.
Cortese Monmartre,
sí, sarebbe più corretto, ma la locuzione si è cristallizzata senza la prima "a".
Grazie a lei.
FR
Gentile dottor Raso,
a proposito di "come il/al solito":
http://forum.accademiadellacrusca.it/phpBB2/viewtopic.php@t=163.html
Come mai lei non è d'accordo?
Cordialmente,
EM
Caro dottor Raso,
vorrei esprimere la mia opinione riguardo a "plurilingue", vocabolo che personalmente reputo inappropriato.
Spiego il perché.
In tutti gli aggettivi formati da "pluri" e un sostantivo, quest'ultimo è riportato - nei vocabolari - nella forma singolare: pluriarma, pluricanale, pluriclasse, pluricolore, plurifase, plurilegume, plurinervio, pluriposto, plurisillabo, pluriuso (Treccani).
Ciò accade perché all'elemento "pluri" viene attribuito il significato di "più d'uno": più di un'arma, più di un canale, più di una classe,... .
Non capisco per quale ragione il sostantivo "lingua" debba diventare "lingue" se preceduto da "pluri".
Perché non "plurilingua" - "più di una lingua" - il cui plurale sarà "plurilingue"?
A mio avviso, dunque, l'orrore - se così vogliamo definirlo - non è nella definizione ("agg. inv.") data dal "Nuovo De Mauro", bensì nel vocabolo "plurilingue" stesso, se inteso al singolare.
Cordiali saluti
Ines Desideri
Gentilissima Ines,
"plurilingue" è formato sul calco di "bilingue" e questo dal latino "bilingue(m)". Ecco perché "lingue" e non "lingua".
Cordialmente
FR
Mi perdoni l'insistenza, caro dottor Raso, ma non colgo il nesso etimologico tra "bilingue" e "plurilingue".
Stiamo parlando, per giunta, di due vocaboli che non sempre hanno il medesimo significato.
Il latino "bis" (da cui "bi-") significa "due volte"; il latino "plus pluris" (da cui "pluri-") significa "più" (d'uno), che può essere inteso come due, tre, quattro,... .
A mio avviso, dunque, il vocabolo "plurilingue" ricalca pedissequamente il termine latino "bilingue(m)", senza tener conto della possibile diversità di significato.
Non concordo, poi, con lei a proposito di "come al solito", ma ne parlerò - con il suo permesso - in un altro intervento.
Grazie per l'attenzione.
Ines Desideri
Gentilissima Ines,
non occorre il mio permesso per intervenire, ci mancherebbe...
Anche un altro cortese lettore, EM, dissente da me su "come il solito". Attendo, quindi, il suo intervento (quando vorrà).
Con viva cordialità
FR
A proposito di "plurilingue", riporto un estratto tratto dal sito dell'accademia della Crusca:
(...) Una spiegazione chiara e convincente è data però nel DOP (Dizionario di Ortografia e Pronuncia curato da B. Migliorini, C. Tagliavini e P. Fiorelli, ERI-RAI, versione on-line 2008): alla voce plurilingue è specificato che il plurale deve essere plurilingui e non plurilingue, con un esplicito rimando alla voce bilingue, per la quale si nota che è stata erroneamente spiegata come composto di bi- e il plurale di lingua,e per questo data spesso come invariabile, mentre in realtà continua l'aggettivo latino bilinguis, is. Plurilingue quindi ha una composizione analoga a quella di bilingue, anche se è un aggettivo di recente formazione (la prima attestazione è del 1958) che non ha ovviamente nessun precedente latino. (...) Plurilingue invece, rifatto su bilingue, appartiene, come abbiamo visto, alla stessa classe di aggettivi come uniforme, multiforme, monocorde e molti altri che prevedono il plurale in -i: quindi plurilingui".
Caro dottor Raso,
mi spiace ma non concordo con quanto esposto nell'articolo dell'Accademia della Crusca.
Infatti non uso il plurale degli aggettivi citati: "uniformi, multiformi, monocordi" e... "plurilingui".
Per quanto concerne la locuzione "come al solito", ritengo che anche questa - come "tremare verga a verga" - si sia cristallizzata, non soltanto nell'uso popolare ma anche in quello letterario.
Alcuni esempi:
- "... l'interrogarono, come al solito, se aveva altri delitti..." ("Storia della colonna infame", A. Manzoni)
- "Gli uccelli dormono e, appena rosseggerà il tetto della capanna, gorgheggeranno come al solito." ("Pensieri e discorsi", G. Pascoli)
- "Fece prima la porzione alla moglie, come al solito." ("Il turno", L. Pirandello)
- "Il tocco delle care labbra non lo ristorò come al solito." ("Piccolo mondo antico, A. Fogazzaro)
- Preferisco l'acqua, come al solito." ("Trionfo della morte", G. D'Annunzio).
Cordiali saluti
Ines Desideri
Ahi ahi!
"... non concordo con quanto esposto...": che orrore!
Chiedo venia e mi correggo:
"... non concordo su quanto esposto..."
Cordialmente
Ines Desideri
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