la prego cortesemente di volere pubblicare, sul suo autorevole portale, questa mia lettera aperta indirizzata agli amanti del bel parlare e del bello scrivere, perché ho notato che non tutti adoperano correttamente la nostra bella e musicale lingua. E quanto sto per scrivere mi riguarda da vicino perché sono la parte... lesa. Mi sono accorto, però, di non essermi presentato, chiedo scusa e rimedio subito. Sono Meno e provengo dal nobile latino "minus", neutro di "minor, minoris" che alla lettera significa "minore". In ligua italiana svolgo, di volta in volta, varie funzioni ed è proprio di queste che desidero parlare perché molti - e tra questi mi spiace annoverare anche le cosí dette grandi firme del giornalismo e gente di cultura - mi attribuiscono funzioni e significati che spesso non ho; ciò mi turba moltissimo in quanto vedo calpestata la mia personalità, quasi fossi una sorta di... straccio buono per qualsivoglia uso. No, amici, consentitemi di reagire con la massima fermezza a questo abuso, anzi sopruso cui quasi quotidianamente sono vittima. Con questa lettera aperta desidero, quindi, chiarire una volta per tutte le mie importantissime "mansioni" nell'ambito della lingua, sempre piú vilipesa da giornalisti e scrittori che non perdono occasioni per "esibirsi" in televisione e pubblicizzare, cosí, il loro primo e quasi sempre unico libro. Se non ricordo male, un tempo si diceva che il nostro Paese è un popolo di navigatori, di poeti e di... scrittori. E che scrittori! Gente che mi adopera con il significato di "no" nel costrutto disgiuntivo come, per esempio, «ignoro se il colpevole sia stato riconosciuto o meno dai testimoni». In casi del genere offendono me, ma soprattutto il mio collega No, il solo avverbio autorizzato dalla "legge grammaticale" a 'comparire' nelle frasi disgiuntive. È altresí scorretto chiamarmi in causa facendomi precedere dalla preposizione impropria 'senza' con il significato di "senza dubbio": verrò senza meno. No, si deve dire, appunto, "senza dubbio". Per quanto riguarda l'espressione "quanto meno" è preferibile sostituirla con "almeno". Ma vediamo, cortesi amici, le mie precise funzioni e il relativo corretto uso. La funzione 'principe' è quella avverbiale; unito a un verbo indico, infatti, una quantità 'minore': Giovanni mangia meno. Svolgo la medesima funzione unito agli aggettivi: meno bello; meno gradito. Sono correttamente adoperato anche come aggettivo e avverbio per formare il comparativo di minoranza e, se preceduto dall'articolo determinativo, concorro alla formazione del superlativo relativo di... minoranza: è meno ricco (comparativo di minoranza); è il meno ricco (superlativo relativo). Adoperato in correlazione con il collega Piú formo le espressioni "piú o meno"; "poco piú poco meno" che valgono 'approssimativamente', 'all'incirca': in sala c'erano piú o meno duecento persone. Il mio impiego è anche corretto con significato negativo purché - come ho già detto - non sia inserito nei costrutti disgiuntivi (frasi interrogative doppie): l'ho rivisto quando meno me l'aspettavo. Quando sono in veste di sostantivo - cosa importante e da sottolineare - non posso essere pluralizzato in quanto assumo un valore neutro e come tale indico la "piú piccola cosa": è il meno (cioè: la piú piccola cosa) che potessi fare per rngraziarti. Preceduto dall'articolo determinativo plurale 'i' vengo impiegato riferito a persone per indicare la "minor parte", "la minoranza": sono i meno (la minoranza) ad assumere un atteggiamento come il tuo. Quest'uso, per la verità, non lo consiglio, anche se in regola con le leggi della grammatica. Non è piú elegante dire e scrivere: ad assumere un atteggiamento come il tuo è la minoranza? Gentili amici, ho cercato di non scadere nella pedanteria, spero di esserci riuscito. Vi ringrazio della cortese attenzione prestatami ed esterno pubblica riconoscenza al Direttore per la sua squisita ospitalità.
Ancora un grazie di cuore e un saluto affettuoso dal vostro amico
Meno.
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