In occasione della fine dell'anno riproponiamo un nostro vecchio articolo sulla "nascita" del brindisi.
Ci stiamo avvicinando alla fine dell’anno e attendiamo con “ansia” la mezzanotte del 31 per fare un bel brindisi, con parenti e amici, all’avvento del nuovo anno. Abbiamo pensato, quindi, di spendere due parole sulla “nascita” del brindisi che non ha nulla che vedere con la ridente città pugliese. Alcuni, infatti, ritengono - erroneamente - che il termine derivi dall’ “usanza della città di Brindisi”. Prima di scoprire assieme la provenienza linguistica del vocabolo, vediamo cosa dicono i dizionari al lemma in questione: “Saluto, augurio che si fa nei banchetti levando il bicchiere (spesso facendolo urtare leggermente con quello degli altri commensali) e bevendo alla salute”. Questo, dunque, il significato che chiameremo “scoperto”. E quello “coperto”? Perché, insomma, il gesto di bere alla salute si chiama “brindisi”? Il vocabolo non è schiettamente italiano ma ispano-teutonico. Il brindisi, dunque - e mentre scriviamo alziamo idealmente il bicchiere bevendo alla salute dei nostri amici blogghisti che seguono le nostre modeste noterelle - ha una provenienza linguistica particolare. Vediamo, in breve, la sua storia. Nel corso dei secoli la nostra penisola è stata terra di “arrembaggio” da parte dei popoli di tutta Europa. Nel Seicento fu la volta dei Lanzichenecchi, famigerata soldataglia teutonica. Durante le loro libagioni questi “soldati” erano usi alzare il bicchiere verso i commilitoni dicendo “bring’ dir’ s” che, letteralmente, significa “lo porto a te”, “lo levo a te” (sottinteso il bicchiere) come auspicio di buona salute. Il popolo, come avviene sempre in questi casi, tradusse, a orecchio, “brindisi”. Gli spagnoli, presenti anch’essi sul nostro patrio suolo, restarono talmente affascinati da tale usanza tedesca che da “brindís”, come solevano dire, coniarono il verbo “brindar” che noi abbiamo “riciclato” in brindare.
mercoledì 31 dicembre 2014
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