venerdì 13 luglio 2012
Fare il (essere un) gaglioffo
Ciò che avete appena letto non è propriamente un modo di dire; trattiamo l’espressione perché ci è stata richiesta da un amico che desidera conoscere, particolarmente, la ‘provenienza linguistica’ di… gaglioffo.
Se apriamo un qualsivoglia vocabolario possiamo leggere alla voce in oggetto: «Di persona buona a nulla, goffa e ridicola in tutto ciò che fa» e, anticamente, «mendico, pezzente, furfante, manigoldo». In origine, quindi, il termine aveva l’accezione primaria di ‘mendicante’ e attraverso vari passaggi semantici ha acquisito il significato odierno di ‘cialtrone’, ‘buono a nulla’. Vediamo, assieme, questi passaggi. L’opinione corrente comune è che il termine sia un incrocio di ‘gagliardo’ e ‘goffo’ (gagli-goffo). L’origine piú verosimile – a nostro avviso – è, invece, il tardo latino ‘galli’ e ‘offa’, vale a dire il “tozzo del gallo”, cioè del francese. Cosí era chiamata l’elemosina (‘offa’) che si dava nei monasteri ai francesi che si recavano in pellegrinaggio a S. Iacopo di Galizia. Coloro che ne usufruivano erano chiamati, quindi, ‘gaglioffi’. Il vocabolo, con il trascorrere del tempo, ha acquisito, per tanto, l’accezione di ‘mendicante’, ‘pezzente’; poi, sempre per degradazione semantica, ha finito col prendere il significato di ‘poltrone’, ‘balordo’ e via dicendo fino ad arrivare a quello attuale di ‘cialtrone’, ‘buono a nulla’.
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