sabato 5 ottobre 2024

Il glottologo e il linguista

 


Nello sterminato campo della linguistica i termini “glottologo” e “linguista” vengono spesso utilizzati in modo intercambiabile in quanto considerati sinonimi. Ma non sono sinonimi assoluti, esistono differenze significative tra questi due professionisti, sia per quanto riguarda l’ambito di studio sia per quanto attiene all’approccio metodologico. Cerchiamo, dunque, di dipanare questa matassa linguistica.

Il linguista è uno studioso del linguaggio in tutte le sue forme e manifestazioni. La linguistica è una scienza molto ampia che comprende vari sotto campi: la fonetica, la fonologia, la morfologia, la sintassi, la semantica e la pragmatica. I linguisti possono adottare due principali criteri nello studio delle lingue: sincronico e diacronico. Il primo prende in considerazione e analizza una lingua in un determinato periodo storico, senza tener conto delle sue evoluzioni nel tempo. Il secondo studia l’evoluzione e i mutamenti di una lingua nel corso del tempo. I principali obiettivi dei linguisti sono: comprendere le regole e le strutture che governano le lingue, come queste si sviluppano e cambiano, e come vengono utilizzate nella comunicazione quotidiana. Il glottologo, invece, si dedica, principalmente, allo studio dell’evoluzione storica delle lingue.

La glottologia, spesso ritenuta sinonimo di linguistica storica, usa il criterio diacronico per analizzare in che modo le lingue si sono sviluppate e trasformate con l’andare del tempo. Gli scopi principali della glottologia riguardano: 1) la ricostruzione delle lingue madri, vale a dire tracciare la storia delle lingue e ricostruire le lingue antiche da cui derivano quelle moderne; 2) l’analisi comparativa, cioè confrontare le caratteristiche fonologiche, morfologiche, sintattiche e lessicali di lingue esistenti ed estinte per comprendere e evidenziare i vari processi di cambiamento linguistico.

Per concludere, mentre ambi gli esperti (di linguistica e di glottologia) si occupano dello studio delle lingue, il linguista ha una “procedura” più ampia e studia sia gli aspetti sincronici sia quelli diacronici delle lingue; il glottologo, invece, presta la sua attenzione soprattutto all’evoluzione storica delle lingue. 


(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)

 

giovedì 3 ottobre 2024

Il regno della punteggiatura

 


C’
era una volta, un regno lontano lontano, Grammatica, dove vivevano tanti piccoli segni di punteggiatura, ognuno con un compito speciale e unico.

Il Punto era il re. Ogni volta che qualcuno finiva una frase arrivava lui per mettere ordine, dicendo: “Qui finisce il pensiero, tutti fermi!”

La Virgola era la consigliera del monarca. Aiutava a separare le idee altrui all’interno delle proposizioni, e diceva: “Facciamo una piccola pausa, ma non fermiamoci del tutto.”

Il Punto e Virgola erano i saggi del reame. Quando due frasi erano strettamente collegate ma potevano reggersi da sole, perché avevano un senso, intervenivano e dicevano: “Siamo legati, ma indipendenti.”

Il Punto Interrogativo era il più curioso del gruppo. Tutte le volte che qualcuno aveva una domanda saltava fuori e chiedeva: “Chi? Cosa? Dove? Quando? Perché?”

Il Punto Esclamativo era l’entusiasta per eccellenza. Quando c’era qualcosa di importante o emozionante da dire, gridava: “Attenzione! Ascoltate tutti!”

I Due Punti erano i presentatori. Se c’era da fare una spiegazione o bisognava compilare una lista accorrevano e dicevano: “Ecco cosa sta per arrivare:”

Le Virgolette erano le belle narratrici. Quando qualcuno parlava o c’era da fare una citazione dicevano: “Ascoltate con attenzione le parole.”

Un bel giorno, nel favoloso castello di Grammatica, arrivò un giovane studente che non sapeva come usare la punteggiatura. Le frasi erano molto confuse e nessuno capiva cosa volesse dire. Punto, il re, convocò, d’urgenza, una riunione di tutti i segni di punteggiatura che si misero, di buona lena*, al lavoro per aiutare il giovanotto ignorantello.

Con l’ausilio preziosissimo del Punto, della Virgola, del Punto e Virgola, del Punto Interrogativo, del Punto Esclamativo, dei Due Punti e delle Virgolette, il giovane imparò a mettere ordine nei suoi pensieri, a comunicare chiaramente e a scrivere correttamente.

Da quel giorno Grammatica, piccolo regno ai confini del mondo, divenne un punto di riferimento per tutti coloro che desideravano scrivere correttamente.

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* Lena


* * *


È
proprio vero, la lingua, al contrario della matematica, è un’opinione. Una riprova? Guardate come tre vocabolari dividono in sillabe uno stesso termine: suicidio.
Dizionario Sabatini Coletti in rete: [sui-cì-dio]
Dizionario Gabrielli in linea: [sui-cì-di-o]
GRADIT: [su-i-ci-dio].
Tre vocabolari, tre versioni diverse, come avete visto.
Una persona sprovveduta in fatto di lingua non sa veramente come deve regolarsi. 
 


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La lingua “biforcuta” della stampa

«Vendo aspirapolveri porta a porta e guadagno 10mila euro al mese. Fare questo lavoro è come recitare a teatro»

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Forse è il caso di “ricordare” agli operatori dell’informazione che i nomi composti di un verbo (aspirare) e di un sostantivo femminile singolare (polvere) nel plurale restano invariati: l’aspirapolvere/gli aspirapolvere.



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mercoledì 2 ottobre 2024

L'apposizione e l'aggettivo "pari non sono"

 

 Papà, oggi a scuola l’insegnante ha parlato di aggettivi e apposizioni, ma non ho capito bene la differenza. Puoi spiegarmela?

- Certo, figliolo. Gli aggettivi e le apposizioni sono entrambi termini grammaticali che aggiungono informazioni a un sostantivo o a un nome proprio, ma lo fanno in modi diversi.

- Cioè?

- L’aggettivo è una parola che descrive una qualità o una caratteristica del nome a cui si riferisce. Per esempio, nella frase “Il cane nero corre veloce”, “nero” è un aggettivo che descrive la caratteristica del cane.

- Quindi l’aggettivo ci dà un’informazione in più sul nome?

- Esattamente. Gli aggettivi, chiamati anche attributi, perché attribuiscono, appunto, una caratteristica o una qualità al nome cui si riferiscono, possono descrivere il colore, la forma, la dimensione, la quantità e tante altre caratteristiche. Per esempio, “grande”, “piccolo”, “rosso”, “veloce”, “buono”, “felice” sono tutti attributi.

- Ho capito benissimo, papà. E l’apposizione?

- L’apposizione, invece, è un nome (o anche un gruppo di parole) che si aggiunge a un altro nome per spiegare meglio o specificare di chi o di cosa stiamo parlando. Il solito esempio farà chiarezza. Nella frase “Il mio amico Luca è venuto a trovarmi”, “amico” è l’apposizione che ci fa capire esattamente chi è Luca.

- Quindi, papà, l’apposizione è come un nome aggiuntivo?

- Precisamente. L’apposizione serve a dare maggiori informazioni sul nome principale. Un altro esempio potrebbe essere “Roma, la capitale d’Italia, è una città bellissima”. Qui, “la capitale d’Italia” è un’apposizione o, meglio, una locuzione appositiva, che definisce meglio la città eterna.

- Ah, ora capisco meglio. Ma come faccio a riconoscere un’apposizione in una proposizione?

- C’è un bel trucco, figliolo. La riconosci se puoi eliminare ciò che ritieni essere un' apposizione senza che la frase cambi di significato, vale a dire che mantenga il senso di prima. Per esempio, se togli “la capitale d’Italia” dalla frase su Roma, resta “Roma è una città bellissima”, che ha ancora senso.

- Interessantissimo, papà; mi hai dato una bella dritta! Quindi, se posso togliere quella parte e la frase ha ancora senso, è un’apposizione?

- Proprio così, giovanotto. E ricorda, l’apposizione è sempre un sostantivo o un gruppo di parole che funge da nome, mentre l’aggettivo è una parola che descrive il nome.

- Grazie, papino! Ora mi è tutto molto più chiaro.

- Se ti è tutto chiaro lo vedremo nel prossimo compito di analisi logica. Se nella scuola di oggi si fanno ancora esercizi su questa disciplina, come ai miei tempi.



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