di Salvatore Claudio Sgroi*
Il ministro della Pubblica istruzione,
Valeria Fedeli, qualche giorno fa, in una diretta streaming del Miur si è così
espressa:
"C'è
il rafforzamento della formazione per i docenti che svolgono le funzioni di
tutor dedicati all'alternanza, [1] perché offrano percorsi di assistenza sempre più
migliori a studenti e studentesse".
Il che ha suscitato da più parti accuse
di "gaffe", "scivolone", "grave errore
grammaticale" ecc. a proposito del "(sempre) più migliori" estrapolato dal contesto, ritenuto un
comparativo tipico dell'italiano popolare degli incolti (o semi-colti). I quali
applicano la regola generale del comparativo di maggioranza formato dall'avv.
"più + aggettivo", es. più bello, e quindi "più migliore", ecc.
La forma corretta avrebbe quindi dovuto
essere:
[2] "(...) perché offrano percorsi
di assistenza sempre migliori
a studenti e studentesse".
In realtà, però, nella frase [1] il
gruppo "sempre più" va
sintatticamente separato da "migliori",
in quanto si riferisce come avverbio temporale al verbo "offrano". Infatti, si sarebbe
potuto dire:
[3] "(...) perché [sempre più offrano]
[percorsi di assistenza migliori] a studenti e studentesse". Il
"migliori" a sua volta è attributo di "percorsi".
O
era anche possibile far seguire il verbo dall'avverbio e dire:
[3.a] "(...) perché [offrano sempre
più] [percorsi di assistenza migliori] a studenti e studentesse".
La riprova ulteriore che il più non va riferito a migliori è dimostrato dalla variante
"sempre di più", che stacca
senz'alcun dubbio il comparativo (migliori)
dall'avverbio (più):
[4]
"(...) perché offrano percorsi di assistenza [sempre di più] migliori a studenti
e studentesse".
Ovvero
[4.a] "(...) perché offrano [sempre di più] percorsi
di assistenza
migliori a studenti e studentesse".
Una ulteriore possibilità di separare
l'avv. sempre più dal comparativo migliori sarebbe stata, nella lingua
scritta, il ricorso alle virgole:
[5] "(...)
perché offrano percorsi di assistenza[,] sempre più[,] migliori a studenti e studentesse".
Se il testo scritto avesse riportato le
virgole, avrebbe tra l'altro orientato la lettura del ministro, che invece,
sentendolo in YouTube, ha erroneamente staccato "sempre" da
"più migliori", avallando l'analisi erronea dei suoi critici.
Insomma, la frase del ministro presenta
una corretta struttura profonda, sintattico-semantica, che non va confusa, come
hanno invece fatto i suoi critici con la grammatica di superficie basata
sull'adiacenza di "più migliori".
* Docente di linguistica generale presso l'Università di Catania
Tra i suoi ultimi libri Il linguaggio di papa Francesco
(Libreria editrice Vaticana 2016), Maestri
della linguistica otto-novecentesca (Edizioni dell’Orso
2017), Maestri della
linguistica italiana (Edizioni dell’Orso 2017).
6 commenti:
"La forma corretta avrebbe quindi dovuto essere"? Non si dice "sarebbe dovuta essere"?
Cortese anonimo, dal Treccani:
L’uso dell’ausiliare con i verbi servili in italiano non risponde ad un’unica norma. Per quanto riguarda la circostanza in cui dopo il verbo servile (dovere, potere, volere) ci sia il verbo essere, la norma specifica stabilisce che l’ausiliare è il verbo avere. Dunque diremo e scriveremo: avrei dovuto essere, hanno potuto essere, aveva voluto essere ecc.
Assolutamente falso. L'ausiliario è determinato dal verbo che si trova dopo quello servile: essere richiede essere non avere: io "sarebbe stato", non avrebbe stato, quindi sarebbe dovuta essere"...
Caro il mio anonimo,
è di Roma, visto che scrive "io sarebbe stato" e non "io sarei stato"? Ma lasciamo stare...
È FALSO anche quanto scrive l'Accademia della Crusca, la massima autorità in fatto di lingua?
Ausiliare con i verbi servili
Per quel che riguarda l'uso degli ausiliari coi verbi servili, si tratta di una questione un po' intricata, ma risolvibile nella prassi seguendo poche regole:
1) Se si sceglie l'ausiliare del verbo retto dal servile, non si sbaglia mai: es. "Ha dovuto mangiare" (come "ha mangiato"); "è dovuto partire" (come "è partito").
2) Se il verbo che segue il servile è intransitivo, si può usare sia "essere" che "avere": es. "è dovuto uscire" o "ha dovuto uscire".
3) Se l'infinito ha con sé un pronome atono (mi, si, ti, ci, vi) bisogna usare "essere" se il pronome è prima dell'infinito (es. "non si è voluto alzare"), "avere" se il pronome è dopo l'infinito (es. "non ha voluto alzarsi").
4) Se il servile è seguito dal verbo "essere", l'ausiliare sarà sempre "avere": es. "ha dovuto essere forte", "ha voluto essere il primo".
Se è un S.Tommaso, questo l'indirizzo della Crusca: http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/ausiliare-verbi-servili
Falso. Sono di Alessandria e IO si trova lì per un errore di digitazione.
Ne prendo atto.
FR
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