Erano anni che il rag. Freccini sopportava le offese e le
"angherie" del suo direttore generale, il quale non perdeva occasione
per "ridicolizzarlo" davanti
ai colleghi. Freccini, uomo mite e rispettoso, ingoiava il rospo ma dentro di
sé attendeva con ansia il giorno della "vendetta", vale a dire il
giorno in cui avrebbe potuto parlare senza freni, senza ritegno e
"spiattellare" in faccia al suo superiore tutto l' "odio"
accumulato in quaranta anni di duro lavoro. Il "giorno del giudizio"
finalmente arrivò: Freccini fu collocato in quiescenza e approfittò
dell'occasione per "sputare il rospo" che era stato costretto a
ingoiare per quieto vivere; nel saluto di commiato si rivolse al direttore senza barbazzale, vale a dire senza freni,
senza riguardo. Quando lasciò la stanza del superiore il ragioniere sembrava
ringiovanito: lo sfogo gli era stato salutare. L'espressione "ingoiare il
rospo", ovvero essere costretti a sopportare e accettare qualcosa di
increscioso, non abbisogna di spiegazioni; con molta probabilità la locuzione deriva dal fatto che i rospi provocano una
difficile digestione nelle serpi, ghiottissime di tale preda. Piú complicata,
forse, l'origine del modo di dire "parlare senza barbazzale",
espressione poco conosciuta e, di conseguenza, poco adoperata. Citiamo, per
l'origine e la spiegazione, da Giuseppe Manuzzi: «Il "barbazzale" è
la catenella che va attaccata all'occhio dritto del morso della briglia e si
congiunge col rampino all'occhio manco dietro la barbozza del cavallo» (serve
per rendere piú efficiente il freno, ndr). In senso figurato, quindi,
"senza barbazzale" significa senza freno, senza riguardi, parlare
francamente, apertamente.
***
La parola, di ieri, proposta da "unaparolaalgiorno.it": bifolco.
lunedì 11 gennaio 2016
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