mercoledì 5 dicembre 2012

Il melofaro

È un vero peccato che buona parte dei vocabolari, se non tutti, abbiano relegato nella soffitta della lingua la voce “melofaro”. Forse perché si riferisce alle serenate, oggi non piú di moda? Il melofaro, infatti, è una sorta di faro o di fanale dove, invece dei vetri, c’è della carta sui cui sono scritte le note musicali e le parole e serviva, per l’appunto, al “serenante”.


Si vedano questi collegamenti:

http://books.google.it/books?id=QXBLAAAAYAAJ&pg=RA1-PA29&dq=%22melofaro%22&hl=it&sa=X&ei=OEG-UODNN8mGswammYCwDA&ved=0CDkQ6AEwAg#v=onepage&q=%22melofaro%22&f=false



http://books.google.it/books?id=c_E9AAAAYAAJ&pg=PA144&dq=%22melofaro%22&hl=it&sa=X&ei=bUC-UL7DNYrHsgaqtoHIDg&ved=0CEgQ6AEwBw#v=onepage&q=%22melofaro%22&f=false  



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Essere l’uscio del trenta

Non vorremmo essere tacciati di presunzione se affermiamo che molti (tutti?) lettori, pur non conoscendo questo modo di dire, lo mettono in pratica ogni qual volta la loro casa si riempie di gente e, quindi, diventa un luogo molto frequentato con un impressionante viavai di persone. L’espressione è la contrazione del detto (sconosciuto?) “essere l’uscio del trenta, chi esce e chi entra”, dove, però, quel trenta non ha nulla che vedere: è motivato da ragioni di pura assonanza. E a proposito di uscio, avete mai sentito la locuzione “trovare l’uscio di legno”? Anche se non l’avete mai sentita l’avete messa in pratica, inconsciamente, quando recandovi a far visita a una persona non l’avete trovata: avete trovato solo la porta chiusa, cioè l’uscio di… legno.





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