martedì 6 luglio 2010
IL CORAGGIO DI FRIGNARE
L’amore per le lingue può aiutare il senso critico. Chi è abituato a chiedersi l’etimologia e il significato delle parole può essere indotto a chiedersi se alla parola corrisponda un concetto e se al concetto corrisponda una realtà. Chi non ha questo atteggiamento sospettoso rischia di accettare la rappresentazione di un mondo puramente fantastico.
Su questa linea di travisamento linguistico, che diviene travisamento concettuale, si pongono in politica le parole “lotta”, “protesta”, “azione”, “campagna” e simili. E qui bisogna riprendere il problema dal principio.
Fino a non molto tempo fa si parlava correntemente di “esaurimento nervoso”. Allora si pensava che i nervi, qualcosa che nessuno avrebbe saputo descrivere, fossero come pile elettriche che potevano esaurirsi. Anche se poi, stranamente, chi aveva l’esaurimento nervoso magari era più nervoso di un altro. Col progresso l’esaurimento nervoso si è esaurito ed oggi si parla correttamente, secondo i casi, di psicosi, di nevrosi, di depressione, ecc.
Viceversa si parla ancora di elettrosmog. Nessuno ha potuto dimostrare che un campo elettrico sia dannoso per l’uomo o anche, più semplicemente, che il nostro corpo lo percepisca: ma questo non ha impedito che un bel po’ di gente, “lottando” contro un’antenna televisiva o telefonica, sia scesa in piazza “per proteggere la propria salute”. Questo, mentre un furbo signore settantasettenne, sperando di essere ascoltato in alto loco, ripeteva spesso: “Signore, fammi morire di elettrosmog”.
Lo stesso discorso potrebbe farsi a proposito della paura che tanti hanno degli ogm, ignorando che sono geneticamente modificati moltissimi vegetali di cui nessuno si preoccupa. Per esempio, il grano con cui sono fatti il nostro pane e la nostra pasta somiglia ben poco a quello che usavano i romani. E sono pure geneticamente modificati tutti i cani, al punto che non sapremmo dire che aspetto e taglia avesse questa bestia, prima che l’uomo lo addomesticasse e creasse le razze canine.
Tornando al tema, si può ricordare una vecchia barzelletta. I detenuti di un campo sovietico dicevano in pubblico: “Non ci possiamo lamentare”. E in privato aggiungevano: “Se ci lamentiamo ci ammazzano”. Dunque la protesta, prima di dimostrare che c’è qualcosa contro cui protestare, dimostra che si è liberi di protestare. Soltanto che, a questo punto, proprio perché non si corrono rischi, nessuno se ne priva. Per gli studenti è perfino un modo per marinare la scuola, soprattutto in autunno. Se tutto questo è vero, scendere in piazza con fischietti e striscioni non è un’ “azione”: è un’attività. Non è una “lotta”: è una dimostrazione. Non è una “campagna”, perché questo è un termine guerresco. E non è neppure un atto di coraggio: perché in democrazia è un diritto garantito dalla Costituzione. È soltanto una manifestazione d’opinione con cui si chiedono le cose più diverse, dal mantenere aperta una fabbrica alla permanenza del parroco, dall’abolizione di una tassa alla fine di un intervento militare all’estero. E lo stravolgimento lessicale è tale che molti credono che “chiedere” sia un verbo minaccioso - da adulti irritati - mentre in realtà è il classico verbo di chi non può procurarsi da sé ciò che vuole. Del bambino, dunque. E così assistiamo a manifestazioni che si vorrebbero corrucciate di terremotati, di disoccupati, di studenti. Di categorie assolutamente sprovviste di ogni potere, se non quello di “chiedere”, appunto. Che sembrano non sapere che un viso accigliato non basta a rendere la cosa più seria.
Enrico Letta, vicesegretario del Pd, ha detto (1) che questo esecutivo non è in grado di governare: dunque “la palla passi al Colle” (al Presidente della Repubblica). Egli insomma “chiede” che il governo si dimetta e che il Capo dello Stato indica nuove elezioni. Nientemeno. “La palla passi” è una frase che sta bene in bocca a chi può decidere tutto, all’arbitro della partita, non al vicesegretario di un partito oggi ben poco credibile. È come se un pugile di mezza tacca, salendo sul ring, dicesse al campione del mondo: “Essendo evidente che sei inferiore, ti chiedo di gettare la spugna”.
Ci vorrebbe una sorta di revisione del lessico e bisognerebbe convincersi da un lato che frignare non richiede molto coraggio, dall’altro che non serve a niente fare la faccia feroce. Quando chi non ha il potere chiede qualcosa a chi il potere invece l’ha, dovrebbe sentire come minimo obbligo quello di non minacciare nulla. Diversamente, oltre che accentuare la propria debolezza, sembrerebbe anche scemo.
Gianni Pardo, giannipardo@libero.it
4 luglio 2010
(1) http://www.corriere.it/politica/10_luglio_04/letta-maggioranza-esplode-palla-al-quirinale_a7024344-8775-11df-95fd-00144f02aabe.shtml
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