mercoledì 6 novembre 2024

Incognito o in incognito?

 


L'uso di "incognito" e "in incognito" può generare – secondo chi scrive – un po’ di confusione. Vediamo, insieme, come adoperare questi termini in modo appropriato. Il sintagma "incognito" deriva dal latino incognitus, composto con il prefisso negativo in- e il participio passato del verbo cognoscere e vale "sconosciuto" o "non riconosciuto". Questo lessema è stato adottato – sembra - nelle principali lingue europee con variazioni minime nel significato. Allorché adoperiamo "incognito" in funzione avverbiale mettiamo in evidenza il fatto che qualcuno sta agendo senza farsi riconoscere: Giovanni è venuto incognito. Qui, "incognito" descrive come Giovanni è venuto, sottolineando che ha cercato di non farsi notare. "In incognito" invece, anche se è la locuzione maggiormente adoperata può suonare meno naturale. È accettabile, tuttavia, in contesti formali o letterari. Per esempio, Giovanni si è presentato in incognito potrebbe essere utilizzato, ma Giovanni è venuto incognito è decisamente più comune e naturale nel nostro idioma. Cercheremo di essere più chiari. Pensiamo a un famoso attore che voglia evitare i così detti paparazzi. Potremmo dire: "L'attore è arrivato incognito per sottrarsi ai paparazzi". Questo esempio – a nostro avviso - illustra bene come "incognito" viene adoperato per esprimere l’idea che qualcuno agisce in modo anonimo. D'altro canto, in un contesto più formale, come un'operazione delle forze dell’ordine, potremmo incontrare la forma in incognito: l'agente si è infiltrato in incognito nella banda dei falsari. Anche se linguisticamente ineccepibile, risulta meno naturale rispetto all'uso avverbiale. Un altro esempio – sempre per chiarezza - potrebbe essere: il politico ha partecipato incognito all'evento per non attirare l'attenzione. Qui vediamo come "incognito" renda la frase più scorrevole e diretta. In conclusione, usare ‘correttamente’ "incognito" e "in incognito" può fare la differenza per la chiarezza del discorso. Attendiamo gli anatemi di qualche linguista, anche perché i vocabolari... Ma tant’è.


(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)


martedì 5 novembre 2024

Il primate e il primario

 


N
el magico regno della Lessicologia vivevano, in un villaggio chiamato Vocabularium, due personaggi molto importanti, si chiamavano Primate e Primario. Sebbene i loro nomi suonassero simili avevano storie e origini diverse, e spesso le persone del villaggio li confondevano.

Un giorno, Primate e Primario decisero di recarsi dalla saggia fata Etimologia per chiarire una volta per tutte le loro differenze e il loro corretto impiego.

Primate, con un sorriso gentile, si rivolse alla fata: "Fata Etimologia, puoi spiegare, per cortesia, agli abitanti del villaggio da dove viene il mio nome e cosa significa esattamente?"

La fata, con un'aria saggia, rispose: "Certo, Primate. Il tuo nome è di origine nobile derivando dal latino tardo primate(m), che significa 'primo' o 'principale'. Nel linguaggio comune rappresenti l'ordine dei mammiferi che include scimmie, scimpanzé ed esseri umani. Sei conosciuto, inoltre, come il più evoluto tra i mammiferi; sei, quindi, il 'primo' nel regno animale. Ma non solo: il tuo nome è usato anche in ambito religioso per indicare il capo supremo di una chiesa, come, per esempio, un arcivescovo o un patriarca."

Primario, curioso, si avvicinò e chiese: "E io, cara fata Etimologia? Qual è la mia origine e il mio significato?"

La fata sorrise e spiegò: "Anche tu, Primario, hai origini nobili; il tuo nome proviene dal latino primariu(m), che significa 'che sta al primo posto'. Rappresenti ciò che è fondamentale, principale o prioritario in un contesto. Per esempio, in un ospedale sei il medico responsabile di un reparto, il 'primario'. Nella scuola sei il maestro della classe primaria, cioè delle prime classi."

Primate, dopo aver riflettuto a lungo, disse: "Quindi, gentile Etimologia, io rappresento un gruppo di animali, compresi gli esseri umani, e posso anche indicare un alto prelato di una chiesa; il mio nome, insomma, designa una posizione di preminenza."

Primario, estasiato, aggiunse: "E io rappresento l'importanza o la priorità di qualcosa in un determinato contesto, come un ruolo principale o una posizione di superiorità."

La saggia fata continuò: "Proprio così. Sebbene i vostri nomi abbiano radici simili e indichino una posizione di preminenza, il contesto in cui vengono adoperati è molto diverso. Occorre fare attenzione, dunque. Primate è legato alla biologia e all'evoluzione, ma anche a un ruolo di preminenza ecclesiastica, mentre Primario è legato a ruoli di importanza o priorità in diversi ambiti della vita umana.”

Dopo aver ascoltato la saggia fata Etimologia, Primate e Primario si rivolsero agli abitanti di Vocabularium: “Avete sentito? Non confondeteci più," disse Primate, "io rappresento un gruppo di animali evoluti e anche un alto prelato ." Primario aggiunse, " io rappresento l'importanza o la priorità in vari contesti."

Da quel giorno, gli abitanti del villaggio del Regno della Lessicologia non confusero più Primate e Primario, avendo compreso, finalmente, le loro differenze. E vissero tutti felici e contenti.

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Per approfondimenti qui e qui.


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Qualche proverbio sui due lessemi (all'attenzione dei paremiologi)

Il primate guida il gruppo con saggezza e forza. (Un capo esperto e saggio è fondamentale per il successo di un gruppo).

Dove c'è un primate, c'è sempre un cammino da seguire. (Un buon "conduttore" sa sempre quale direzione prendere).

Il primate trova la via anche nella giungla più fitta. (Una persona esperta e capace può affrontare qualsiasi sfida).

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L'istruzione primaria è la chiave di ogni sapere. (La base dell'educazione è fondamentale per ogni altro tipo di conoscenza).

Nel cuore delle decisioni c'è sempre il primario interesse del bene comune. (Le decisioni più importanti devono sempre tenere conto del bene di tutti).

Il primario è la guida che tutti seguono nel cammino della cura. (Il ruolo del primario in ospedale è fondamentale per dirigere e organizzare le cure mediche).



















(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)







domenica 3 novembre 2024

Sgroi- 186- LA GRAMMATICA INCONSCIA DI PAOLO MIELI E IL VERBO “SECESSIONARE”

 


di Salvatore Claudio Sgroi


          1. Dilemma televisivo: esiste o non esiste?

Paolo Mieli nel corso della sua trasmissione in RAI-3 del 31 ottobre 13h50 “Passato e Presente”, ha usato il verbo “secessionare” subito scusandosi del termine sfuggitogli in quanto “non esiste[rebbe]”.

Il fatto che il termine sia stato da lui pronunciato è invero la prova che invece esiste. C’è piuttosto da chiedersi: a) quale regola della sua grammatica inconscia lo abbia generato, b) come mai il SuperEgo linguistico glielo abbia censurato, e c) se tale lessema sia puramente idiolettale o non molto usato.

1.1. La regola della derivazione dei verbi denominali

In italiano, come indica chiaramente il manuale istituzionale su La formazione delle parole in italiano di Maria Grossmann – Franz Rainer (2004), nella nostra lingua è possibile secondo un procedimento molto produttivo formare verbi a partire da sostantivi (pp. 534-46), tra cui “nomi non-animati e “non-concreti”, ess. impressione > impressionare, ossessione > ossessionare, idea > ideare (p. 543), e quindi secessione > secessionare ‘fare una secessione’.

L’es. ossessionare è solo un denominale non molto diffuso, tanto da essere ignorato nel GRADIT di Tullio De Mauro (20072, 8 voll.), pur ricco di ben 260.709 lemmi, ma criticato da un illuminato neopurista come Franco Fochi, che nella sua Lingua in rivoluzione (Feltrinelli 1966, p. 122) lo denuncia con una “filza” di “mostri” neologici quali “ricezionare, secessionare, sensazionare, sessionare”, ecc.


2. Secessionare, secessionato in “Google Libri Ricerca Avanzata”

Una scorsa in “Google Libri Ricerca Avanzata” delle forme secessionare e secessionato (per limitarci solo a queste due, il lettore paziente cercherà altre forme), consente di accertare una certa vitalità del lessema come verbo transitivo, pronominale e intransitivo, in uso peraltro presso storici-giornalisti come Indro Montanelli, per es.:


(1) Indro Montanelli 1959: “Nelle fila del Generale c’erano degli uomini come Medici, Bixio e Bertani che, pur avendo secessionato da Mazzini, avevano in lui le proprie radici ideologiche e con lui avevano sempre mantenuto contatti” (Storia d'Italia: L'unità d'Italia, p. 583 = L'Italia del Risorgimento - 1831-1861, Rizzoli 2013 = L’Italia Unita, Rizzoli 2015).

(2) Indro Montanelli 1959: “secessionato dal partito, redassero un proclama di adesione al governo e alla riforma elettorale che venne sottoscritto anche da molti dignitari della Corte Pontificia” (L'Italia in camicia nera (1919-3 gennaio 1925), Rizzoli, p. 217).

(3) Indro Montanelli 1978: “[…] secessionato anche dalla Confederazione del Lavoro per costi- tuire l'USI, cioè una Unione Sindacale Italiana indipendente dal partito” (La fine del regime liberale, Rizzoli, p. 50).

(4) Indro Montanelli, ‎Mario Cervi 2013: “Gli elementi di origine socialista, sindacalista, anarchica e repubblicana […] ne avevano già secessionato (L'Italia in camicia nera - 1919-3 settembre 1925, Rizzoli)


2.1.Secessionare v. tr.

Usi del transitivo secessionare sono documentati da ess. quali:


(5) Giovanni Amadori-Virgilj 1908: “l’opposizione tenta di approfittarne per far secessionare la parte moderata (Gudew e Stanciow) del partito stambulovista e coalizzarla col partito di Danew” (La questione rumeliota (Macedonia, Vecchia Serbia, Albania, Epiro) e la politica italiana, N. Garofalo).

(6) Romain Rainero 1983: “Eloquente, si è servito dell’eloquenza per secessionare gli stati, per patrocinare i diritti ignobili dei piantatori, per dare un carattere patriottico alla sollevazione degli schiavisti” (Paolo Valera e l'opposizione democratica all'impresa di Tripoli, Roma, “L’Erma”, p. 106).


2.2. Secessionare v. tr. e secessionarsi v. pron.

Un es. con l’infinito transitivo e pronominale è quello di


(7) Umberto Sulpasso 2016: Il rifiuto dell’Italia di secessionare la Padania, che si aggiunge al rifiuto di secessionare l'Alto Adige e si aggiunge al rifiuto della Sicilia di secessionarsi dall'Italia ha spinto il ministro Fabius a eliminare l'Italia dal G5” (Il principe senza terra Andrea A. e altre metafore, Guaraldi, p. 176).


2.3. Secessionare v. intr.

Più numerosi invece gli ess. del verbo intr., oltre quelli su ricordati di Indro Montanelli, cfr.:

con la contemporanea presenza di secessionare e l’equivalente fare secessione:


(8) Giuseppe Lupis 1943: “[…] secessionare, e mantenere una e salda la Confederazione, così domani la Società delle Nazioni potrà punire con le sanzioni economiche e militari quello stato che farà secessione o che si ribellerà all'ordine del disarmo generale”.(“Il Mondo Mensile”, p. 17).


E poi:


(9) Filippo Turati 1923-1925: “hanno tutto l’interesse a lasciar credere che avemmo torto di secessionare e che nell'Aula c'è una certa libertà di discussione” (Carteggio: 1923-1925, Einaudi 1977, p. 712).

(10) 1936: “Il diritto a secessionare dall'impero?” (“Nazione militare rivista di cultura militare”, p. 330).

(11) Renato Bova Scoppa 1949: “[…] secessionato […]” (Colloqui con due dittatori, p. 119).

(12) Giulio Confalonieri 1953: “[…] impediscono alle forme operistiche di secessionare francamente dalle leggi unitarie della musica” (Guida alla musica, Casa Editrice Academia, vol. 2, p. 79).

(13) Ezio Bacino 1957: “hanno minacciato di secessionare dalla Repubblica di California (non so se anche dalla Unione ... ) e di erigersi in repubblica autonoma della Penisola di Monterey” (America Bifronte, Vallecchi, p. 277).

(14) Augusta Mattioli tr. di Lucius Annaeus Seneca 1958: “[…] secessionato dai patrizi” (Dialoghi, Rizzoli, vol. 2, p. 192).

(15) 1965: “[…] secessionato dalla banda di Boves” (Italia drammatica. Il regno del sud, Della Volpe, p. 61).

(16) Lucio Troiani, ‎Eralda Noè, ‎Cesare Letta 1979: “secessionato: i patrizi temono che si muova contro Roma […] plebei che hanno secessionato” (Ricerche di storiografia greca di età romana, Giardini, p. 65).

(17) Angelo Oliviero Olivetti, ‎Francesco Perfetti 1984: “non intendono secessionare affatto” (Dal sindacalismo rivoluzionario al corporativismo, Bonacci, p. 82).

(18) Enrico Decleva 1985: “tu sai perfettamente il perché io non intenda secessionare in questo momento, e sai che non è per opportunismo” (Etica del lavoro, socialismo, cultura popolare: Augusto, FrancoAngeli, p. 131).

(19) 1986: “[…] nazione potrebbe più secessionare o rivoltarsi” (Uomo libero, p. 45).

(20) Graziella Ballanti 1995: “Ci si spostava per raggiungere una Scuola, per trasferirsi da Scuola a Scuola, per secessionare da una Scuola o per fondare una Scuola” (Pietro Abelardo: la rinascita scolastica del XII secolo, La Nuova Italia, p. 76).

(21) Tommaso Labranca 1998: secessionato e atomizzato fino all'individuo e alle sue esperienze private” (Chaltron Hescon, Einaudi, p. 61).

(22) Sergio Piane, ‎Ippolito Spadafora·2006: “La prima loggia a·secessionare il 18 Marzo 1862 era la Dante Alighieri di Torino, loggia voluta e ispirata da Francesco Crispi di orientamento democratico” (La massoneria a Pisa: dalle origini ai primi del Novecento, Bastogi, p. 105).

(23) Pierluigi Fagan 2017: “l’Abcasia e l’Ossezia del Sud hanno secessionato dalla Georgia ma sono state riconosciute solo dai russi e dai loro satelliti” (Verso un mondo multipolare. Il gioco dei giochi nell'era Trump, Fazi editore, e-book).



Sommario

1. Dilemma televisivo: esiste o non esiste?

1.1. La regola della derivazione dei verbi denominali

2. Secessionare, secessionato in “Google Libri Ricerca Avanzata”

2.1. Secessionare v.tr.

2.2. Secessionare v. tr. e secessionarsi v. pron.

2.3. Secessionare v. intr.










































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venerdì 1 novembre 2024

Sgroi – 185 - PAPA FRANCESCO SBAGLIA PARLANDO?

 



di Salvatore Claudio Sgroi 


1. L’uso di Papa Francesco 

Nell’omelia di domenica 27 ottobre 2024, alle 10h30, papa Francesco ha detto: 

(i). “Al Signore lo si segue lungo le strade”. 

In precedenza, nel volume Interviste e conversazioni con i giornalisti (a c. di don Giuseppe Costa, LEV 2015), aveva detto: 

(ii) “A noi quello che succede adesso […] ci stupisce”; 

(iii) “A me ha deluso la [loro] mancanza di coraggio”; 

(iv) “Questo a me preoccupa, preoccupa parecchio”. 

Tali costrutti con l’accusativo preposizionale all’inizio della frase, possono sembrare errati in bocca a un italofono non nativo. Va però tenuto presente che gli stessi costrutti sono diffusi in tutta Italia, anche presso parlanti colti, e sono quindi normativamente corretti, come abbiamo ricordato nel nostro Il Papa è infallibile: lo dice la grammatica in corso di stampa presso l’Accademia della Crusca. E analogamente nel nostro La lingua italiana del terzo millennio tra regole, norme ed errori (Utet 2024, p. 280) con l’es. del Devoto-Oli a me la cosa diverte molto. 

 

2. Un quesito in TV 

Nella domenicale rubrica televisiva di Rai 1, "Pronto soccorso linguistico" del programma Unomattina in famiglia, della stessa domenica 27 ottobre, un ascoltatore ha citato un analogo es. – (v) “A me non mi ha invitato nessuno” -- chiedendo all'esperto, Paolo D’Achille, presidente dell’Accademia della Crusca, se tale uso fosse corretto ricevendo una adeguata risposta. 

 

2.1. Varianti 

Da rilevare che la stessa frase semplificata, per evitare la difficoltà sintattica, -- (vi) “Non mi ha invitato nessuno” -- sarebbe banalizzata e avrebbe tutt’altro significato, in quanto privata dell’enfasi: “([Quanto] a me), non mi ha invitato nessuno”. 

L’ulteriore variante (vii) “Me, non mi ha invitato nessuno”, non sarebbe tanto “agrammaticale”, quanto decisamente artefatta. Non mancano al riguardo ess. illustri letterari del XIX-XX-XXI sec. riportati nel citato vol. della Crusca, come quelli di Leonardo Sciascia 1977 (Candido): “A me non mi sequestrano”, o Luigi Pirandello 1927 (L’amica delle mogli): “Me [...] nessuno prima mi volle”, e non letterari: T. De Mauro 2012 (Parole di giorni un po’ meno lontani“Me mi chiamò da parte”- 

Invece l’es. (viii) “A me, non ha invitato nessuno” suona decisamente innaturale, direi “agrammaticale”. 

 L’es. (ix) “A me non convince”, ricordatomi da un caro e attento collega, in quanto giudicato da Raffaele Simone nel 1993 una “sgrammaticatur[a]”, è solo apparentemente uguale all’es. (viii) “A me, non ha invitato nessuno”. Per me infatti l’es. (ix) “A me non convince” va interpretato come “[Quanto]a me, non convince”, con “convincere v. assoluto”, cfr. in De Mauro (2000) “convincere ass.: è una teoria che convince”. L’es. (viii) “A me, non ha invitato nessuno” è invece per me del tutto innaturale (e quindi “agrammaticale”), non a caso invitare esclude l’uso “assoluto”. Che lo stesso amico mi segnali in una pagina di Google 4 esempi di (viii) “A me, non ha invitato nessuno” vuol dire che per altri italonativofoni lo stesso costrutto è possibile e quindi non è a-grammaticale. Il che dimostra la grande variabilità di una lingua.

2.2. A me mi piace 

Diffusissimo è per contro (x) “a me mi piace”, sia nell’orale che nella lingua scritta (cfr. la omonima rubrica” ne “Il Sole 24 ore”), costrutto tipico dell’italiano medio o neo-standard, rispetto alla variante (x) a me piace. 

 

3. Oggetto preposizionale postverbale 

Un uso marcato geograficamente, proprio dell’italiano meridionale, è l’oggetto preposizionale postverbale, con i nomi animati, es. (xi) salutami alla mamma, che è invece canonico in spagnolo, per es. no conozco a nadie letter. ‘non conosco a nessuno’. 

Il vantaggio strutturale del costrutto preposizionale è quello di opporre il soggetto all’oggetto, senza alcuna possibile ambiguità semantica. Un enunciato come Il cacciatore ha ucciso il leone può infatti significare secondo l’enfasi o (i) con intonazione neutra Il cacciatore (soggetto-agente) ha ucciso il leone (oggetto) i.e. ‘è stato il cacciatore ad uccidere il leone’, oppure (ii) IL CACCIATORE (oggetto) ha ucciso il leone (soggetto-agente), i.e. ‘è stato il leone ad uccidere il cacciatore’. 

 

Sommario 

1. L’uso di Papa Francesco 

2. Un quesito in TV 

2.1. Varianti 

2.2. A me mi piace 

3. Oggetto preposizionale postverbale 


























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