C'era una volta, in un regno lontano, Grammaticus, ai confini del
mondo, un giovane principe, Leonardo. Questi era corteggiato da
tutte le fanciulle del reame. Ma il principe le ignorava tanta era la
sua curiosità e il desiderio di imparare. Un giorno, nella
biblioteca del palazzo reale, trovò un vecchio libro di grammatica
che trattava di un misterioso dativo, chiamato “etico".
Affascinato, volle saperne di più su questo caso grammaticale.
Il giovane principe,
dunque, corse dal suo saggio maestro, l’anziano professor Verbum.
"Mio maestro, cosa significa dativo etico, cosa è, insomma?"
Il professore
sorrise e rispose: "Ah, il dativo etico! È un caso speciale
della nostra grammatica che esprime un coinvolgimento emotivo o
personale. Si chiama 'etico' proprio perché aggiunge una sfumatura
etica o affettiva alla proposizione, sottolineando l'impatto
dell'azione su chi parla."
Leonardo si grattò
la testa, ancora confuso. "Potrebbe, professore, farmi un
esempio?"
"Certamente,"
rispose l’anziano docente. "Prendi la frase 'mi hai rotto il
vaso'. Qui la particella pronominale 'mi' non si riferisce a chi
compie l'azione, ma a chi è emotivamente colpito dall'azione stessa. Il dativo etico sottolinea, in questo caso, il fatto che chi parla
prova un dispiacere per il vaso che si è rotto."
Il giovane principe,
finalmente, capì. "Il dativo etico, quindi, è come un tocco
magico che rende le nostre parole più ricche di emozioni e di
significati?"
“Proprio così,
Leonardo," rispose Verbum, "è un modo per rendere la
nostra lingua più vivida e personale. Un altro esempio: 'Mi dormi
tutto il giorno'. Qui il 'mi' non sta significare che la persona
‘dorme per me’, ma che io ne sono coinvolto emotivamente.”
Il principe accennò
un sorriso. "È come dire, pertanto, 'mi guardi che meraviglia',
esatto? Dove il 'mi' indica il mio piacere nel vedere qualcosa di
meraviglioso."
"Esattamente,"
confermò il professore. "Il dativo etico ci permette di
esprimere le nostre emozioni, i nostri sentimenti in modo sottile e
raffinato. È un tesoro del nostro idioma che pochi conoscono
veramente."
Con il trascorrere
dei giorni, Leonardo cominciò a ‘vedere’ il dativo etico
dappertutto. In una conversazione con la sorella, la principessa
Elena, se ne uscì: "Mi racconti sempre delle storie affascinanti."
La principessa sorrise, contenta che Leonardo apprezzava veramente le
sue storie.
Leonardo volle
approfondire ulteriormente il suo studio e chiese a Verbum:
"Professore, ci sono altre lingue che utilizzano un concetto
simile a quello che esprime il dativo etico?"
Il professore
rifletté per un momento, poi rispose: "Sì, Leonardo, ci sono.
Per esempio, in latino esisteva un uso simile del dativo per
esprimere un coinvolgimento personale. Lo stesso avviene in alcune
lingue moderne, come il greco e il russo, dove ci sono costruzioni
grammaticali che permettono di esprimere sfumature affettive simili."
Il giovane principe
era estasiato. “Il dativo etico, pertanto, è una sorta di finestra
sui sentimenti delle persone tramite le parole?"
"Esatto,"
concluse il professor Verbum. "È un modo per connettersi con
gli altri a un livello più profondo, mostrando quanto siamo
interessati alle loro azioni e alle loro parole."
E così, il principe
Leonardo apprese l'importanza del dativo etico e come adoperarlo per
aggiungere un pizzico di “magia emotiva” alle sue parole. Di tanto
in tanto il giovane rampollo tornava dal suo grande maestro,
sempre desideroso di scoprire nuovi segreti della lingua, sapendo che
ogni nuova scoperta avrebbe arricchito il suo modo di comunicare, e, quindi, di relazionarsi con gli altri.
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