lunedì 22 aprile 2024

Sgroi – 177 -- ”QUALCUN ALTRO” SÌ, MA “QUALCUN’ALTRO” (CON APOSTROFO) PERCHÉ NO?

 


di Salvatore Claudio Sgroi


1. Evento televisivo

Nella trasmissione (bisettimanale) di RAI-1 di domenica 21 aprile 9h35, “Pronto soccorso linguistico" del programma “Unomattina in famiglia”, il presidente dell’Accademia della Crusca, Paolo D’Achille, a un quesito sulla grafia del sintagma <qualcun(’) altro>, ha risposto che la forma corretta è <qualcun altro> senz’apostrofo perché “troncamento”, analogamente a <un uomo>, ma <un’amica> con apostrofo perché elisione, come del resto indicano le grammatiche e i dizionari.


2. Elisione vs troncamento

Il parallelismo di <qualcun altro> con <un>, <un’> è invero ingannevole. Nel sintagma <QUALCUN ALTRO> si tratta infatti di elisione (cancellazione della vocale /o/ dinanzi a vocale), e non di troncamento perché nessuno dice *qualcun felice” ma “qualcuno felice”.

Nel caso invece di UN ALTRO si tratta di troncamento (cancellazione della vocale /o/ dinanzi a consonante) perché nessuno dice *uno ragazzo, *uno uomo, ma un ragazzo, un uomo, mentre nel caso di UN’ALTRA si tratta di elisione (es. una ragazza, un’altra).


3. <Qualcun altro>: un’eccezione

La grafia senz’apostrofo di <qualcun altro> è quindi una patente eccezione, stranamente non riconosciuta come tale, alla regola della elisione, perché dovrebbe comportare l’apostrofo.


           3.1. La "regola nascosta" del troncamento

La grafia <qualcun altro> si spiega a sua volta col fatto che nell’uso letterario toscano si diceva <qualcun di noi> con troncamento. (Per una esemplificazione nella BIZ (Biblioteca Italiana Zanichelli) 2010, ricca di quasi 1000 titoli della letteratura italiana nell'arco di 8 secoli, cfr. il mio precedente intervento n. 60. Perché <qualcun altro> sì, ma <qualcun'altro> no?, § 3.4, domenica 19 aprile 2020).


4. Uso maggioritario

Quanto alla frequenza delle due grafie, va detto che la grafia qualcun altro è quella decisamente maggioritaria. Stando alla citata BIZ la stringa <qualcun altro> appare in 71 documenti.

Anche nel Primo Tesoro della lingua letteraria italiana del Novecento di T. De Mauro ben 114 sono occorrenze di <qualcun altro> in 47 opere di romanzieri del Premio Strega dal 1947 al 2006.

Persino in Google "libri ricerca avanzata" nell'arco del ventennio 2000-2020 su 32 videate, la stragrande maggioranza degli ess. sono privi di apostrofo.

(Per una esemplificazione cfr. il citato intervento n. 60. Perché <qualcun altro> sì, ma <qualcun'altro> no?, § 3.2, domenica 19 aprile 2020).


5. Uso minoritario

Rispetto alla grafia non apostrofata <qualcun altro>, la variante apostrofata <qualcun'altro> è invece decisamente minoritaria, e poco comune, se non rara.

Nel citato Primo Tesoro della lingua letteraria italiana del Novecento, c'è infatti un solo es. di <qualcun'altro>, coerentemente apostrofato in quanto elisione, in Stanislao Nievo 1987:


"qualcun'altro poteva intervenire con grave pregiudizio di chi aveva fatto il primo passo" (Le isole del paradiso, p. 46).


E anche in Google "libri ricerca avanzata" nell'arco del ventennio 2000-2020 su 32 videate, pochissimi sono gli ess. con l'apostrofo (11 in 7 autori) (cfr. ess. nel citato intervento n. 60. Perché <qualcun altro> sì, ma <qualcun'altro> no?, § 3.2, domenica 19 aprile 2020, e nel 131. Regole, norme ed eccezioni, a proposito dell’apostrofo, § 2.2, lunedì 6 giugno 2022).



6. Grafia univerbata <qualcunaltro>

Colpisce poi per la sua rarità la grafia univerbata di Italo Calvino 1950 <qualcunaltro> nel citato Primo Tesoro:


"qualcunaltro che veniva a dire qualcosa, qualcosa che spiegasse" (Ultimo viene il corvo, p. 99).


Analoga occorrenza era stata peraltro anticipata da Carlo Dossi 1868:


"Ogni uomo è il guancialino da spilli di qualcunaltro" (L'altrieri, Panche di scuola, 4, capoverso 20, BIZ).


7. Tre <norme ortografiche>

In conclusione, possiamo distinguere tre diverse <Norme ortografiche> (tutte corrette) per il sintagma fonologico /qualcun altro/:

<Norma ortografica-1> con apostrofo da elisione: <qualcun'altro>, erroneamente giudicata errata perché minoritaria, ma invero corretta, perché presente in scritti di autori colti.

<Norma ortografica-2> senz'apostrofo da troncamento toscano letterario: <qualcun altro>, la sola riconosciuta come corretta nella lessicografia, e maggioritaria in scritti di autori colti.

<Norma ortografica-3> univerbata da elisione: <qualcunaltro>, letteraria e rara.


SOMMARIO

1..Evento televisivo

2. Elisione vs troncamento

3. <Qualcun altro>: un’eccezione

           3.1. La "regola nascosta" del troncamento

4. Uso maggioritario

5. Uso minoritario

6. Grafia univerbata <qualcunaltro>

7. Tre <norme ortografiche>



(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)


domenica 21 aprile 2024

Sgroi – 176 -- IL “CATANESE” È ANCHE “SICILIANO”, MA IL “ROMANO” NON È “LAZIALE”! ANZI! E PERCHÉ MAI?





 di Salvatore Claudio Sgroi 

 

1. ”Romano de Roma” 

Non è molto da quando, avendo citato un caro collega e amico di Roma come “amico laziale”, ho da lui avuto un affettuoso “rimprovero”:  

Non citarmi, ti prego come "amico laziale", ma come "amico romano"...  

L’agg. laziale è infatti – incomprensibilmente -- percepito come termine se non offensivo con connotazione decisamente negativa.  

L’accezione svalutativa è p.e. presente in Una vita violenta di P.P. Pasolini (1959): 

"An vedi questo! Ammazza che broccolo! " gridò Tommasino a un cecco di Carletto. " 'Sto laziale stronzo! " E sbottò a ridere, a bocca larga, più forte che poteva, per farsi sentire da tutti quelli ch'erano intorno. " Huàh, huàh, huàh, " faceva, premendosi la pancia (p. 17). 

 

2. “Siciliano” iperonimo, “laziale” no 

Se l’aggettivo/nome geografico relativo a una regione come la Sicilia è l’iperonimo Siciliano, i nomi/aggettivi degli abitanti delle relative 9 città (palermitani, trapanesi, catanesi, messinesi, siracusani, nisseni “abitanti di Caltanissetta”, ennesi, agrigentini, ragusani) e degli altri paesi sono invece tutti iponimi di siciliano.  

Ma nel caso del Lazio gli abitanti delle 5 città (Romani, Frusinati “abitanti di Frosinone”, Viterbesi, Reatini “abitanti di Rieti”, Latine(n)si “abitanti di Latina”), sono tutti “Laziali” tranne i Romani. Ovvero Laziale è iperonimo soltanto di Ciociaro o frusinate, Viterbese, Reatino, Latine(n)se, ma non di Romano. E quindi Laziale si oppone a Romano. Insomma, è come se Roma fosse una regione a sé, una “città-Regione”, opposta a tutte le altre. 

 

3. Deficienze lessicografiche 

Questa accezione restrittiva di laziale, ‘abitante del Lazio, escluso Roma’, è invero assente in tutti i dizionari della lingua italiana, Zingarelli 2023, Devoto-Oli 2023, compresi il GRADIT di Tullio De Mauro (2007, 8 voll.) e il Grande dizionario (storico) della lingua italiana di S. Battaglia (24 voll.).  

Il solo dizionario che registra tale accezione è il prezioso Vocabolario del romanesco contemporaneo. Le parole del dialetto e dell’italiano di Roma di Paolo D’Achille e Claudio Giovanardi (Newton Compton 2023): laziale agg. e s.m. e f. “Abitante o nativo del Lazio, con esclusione dei romani”. Dove si riporta anche il sintagma “Romano de Roma” per indicare il “romano che [ha] una lunga ascendenza di antenati nati a Roma”. 

Tale uso è peraltro ignoto a chi non sia romano. Una quindicina di amici-colleghi non-romani a cui avevo chiesto se era a loro noto, hanno infatti dichiarato: “non lo sapevo”. 

 

4. Perché “laziale” è connotato negativamente? 

Sul perché poi l’agg./sost. laziale sia connotato negativamente vari colleghi hanno avanzato spiegazioni diverse, in parte coincidenti o sovrapponibili. 

 

4.1. Sostrato dialettale e latineggiante? 

Un collega settentrionale ha così risposto alla mia domanda se conosceva tale uso: 

Neanche io avevo mai avuto esperienza di quanto scrivi. Tuttavia, posso forse osservare che nel mio uso (almeno a percezione) di chi è nato o abita a Roma non si dice che è romano, ma che è di Roma, e così, collettivamente, quelli di Roma. Possibile che sia un riflesso da sostrato dialettale. Che il senso spregiativo di laziale sia un riflesso dell'opposizione tra civis e rusticus?”. 

 

4.2. Laziale “tifo” e “romanista” 

Cinque informanti del nord e uno del centro hanno fatto riferimento, non impertinente, al tifo: 

Penso ci sia un riferimento alle tifoserie delle due squadre cittadine che militano in serie A. Tendenzialmente i romani, e non solo quelli dei quartieri più in, tifano sfegatatamente per la Roma (il loro incitamento è “forza lupi”). Sempre tendenzialmente, i romani dei quartieri più popolari e in linea di massima laziali (sia quelli che vivono a Roma, sia quelli delle città della regione) sono tifosi della Lazio. Sempre tendenzialmente, i laziali sono un po’ più burinetti e (sempre tendenzialmente) di destra. Dunque, un nativo romano difficilmente sarà un laziale e tendenzialmente sarà un romanista. La città è calcisticamemte spezzata in due , secondo quelle categorie sociologiche a cui ti accennavo”. 

Non lo sapevo. Le motivazioni potrebbero essere parecchie, ma non mi azzardo a fare ipotesi perché sarebbero campate in aria. Una cosa però la ipotizzo: che se uno che è oltre a romano romanista, lo chiami laziale, non la prende bene”. 

Credo che in realtà sia sentito offensivo solo dai tifosi romanisti. Per quelli della Lazio è un complimento”. 

Non lo sapevo, ma non l'ho mai sentito dire né mi è mai venuto in mente. Roma è a parte, una città-regione. Di un milanese dire che è lombardo è comune, non lo è dire laziale di un romano (men che mai di un... romanista...)”. 

lo collegherei al calcio, tifosi romanisti (Roma) e tifosi laziali (Lazio). Si odiano e spesso si menano”. 

Io intenderei che è tifoso della Lazio e non della Roma. E non lo userei fuori del contesto sportivo”. 

 

4.3. Laziale: uso “ufficiale”, “elevato” e gergale (tifo) 

Un informante settentrionale ha cercato una spiegazione sociolinguistica, a parte il riferimento al tifo: 

Non lo sapevo, ma posso azzardare una spiegazione. Secondo me, il fatto è che non per tutte le regioni l'uso dell'aggettivo è comune: certo, questo uso è di gran lunga il più frequente, ma in certi casi mi pare assente o quasi. I casi in questione, secondo la mia intuizione, sono "campano" e, appunto, "laziale": mentre è normale sentir parlare di un cittadino nato a Bergamo come "lombardo" (oltre che come "bergamasco", naturalmente), o di uno nato a Messina come "siciliano" (oltre che come "messinese") e così via per tutte le altre regioni, non mi è mai capitato di sentir etichettare uno nato a Rieti o Viterbo come "laziale", ma solo come "reatino" o "viterbese", o di uno nato a Salerno come "campano", ecc. Ancora: mentre tutti capiamo, più o meno, cosa si intende con cucina "emiliana" o "siciliana", ecc., "cucina laziale" o "campana" mi sembra si possa trovarli solo (eventualmente) nelle guide turistiche. In generale, "laziale" mi sembra ristretto ad un uso ufficiale, o comunque di livello relativamente elevato. 

Di conseguenza, non mi stupisco se "laziale" ha nel gergo comune romano, un'accezione negativa (ovviamente, penso, solo per i tifosi della Roma; sarà il contrario, penso, per quelli della Lazio, e ha un'accezione neutra per chi come me, non tiene per nessuna delle due). 

 

4.4. Un informante siciliano: tifo e ‘burino’ 

Un collega siciliano mi ha rimandato allo sport e (condivisibilmente) anche al film di A. Sordi: 

Sospetto che in parte sia dovuto a questioni di tifoseria romanista (tifoso della Roma) vs laziale (tifoso della Lazio). Tuttavia deve esistere l’accostamento a provinciale, burino. 

Ho trovato in un sito 

"Chi è nato a Roma è romanista. I laziali so quelli de fori le mura, che ce porteno l'ove fresche e le ricotte, e quanno arriveno in città, alzano la testa e dicono: "Guarda 'nmbò che cielo limbido!" (Alberto Sordi)”. 

 

4.5. I Romani “superiori” agli altri 

Una sobria, condivisibile, spiegazione psicologica è quella di un collega del nord, che in una seconda e-mail ha così scritto: 

Laziale è uno del Lazio; se fosse nato a Roma non direbbe che è laziale. 

I romani de' Roma si sentono superiori agli altri della regione”. 

 

4.6. Occhio alla storia e al calcio 

Un informante toscano ha richiamato (opportunamente) la storia, oltre il calcio: 

Certo che è così e la cosa si spiega facilmente: il nome Lazio per la regione nasce solo dopo il 1870, mentre Roma è Roma e ha un peso prevalente in tutta la regione (anche Ostia, ad es., rientra nel comune di Roma); e poi c’è la faccenda della squadra di calcio che, comunque sia, vien costantemente ritenuta inferiore anche dai non romanisti. Quindi, quando si dice laziale, un po’ si pensa anche alla squadra di calcio”. 

 

4.7. La brillante spiegazione di un informante romano 

La spiegazione decisamente brillante è quella psicologica indicatami da un secondo amico-collega romano, la cui e-mail non posso non riportare ampiamente: 

Romano de Roma e se me dai der laziale m'encazzo pure io!”. 

Il romano ha un complesso di superiorità becero, sente la propria come la città migliore del mondo e classifica come "burini" o "bori" (etim.: contadini, pecorari, che facevano il burro) tutti quelli che sono nati al di fuori della cerchia muraria (vai un po' tu a capire quale, delle tante che abbiamo...). Tecnicamente, fino a pochi anni fa, si diceva che un romano vero doveva vantare di esserlo da sette generazioni, altrimenti rischiava d'esser tacciato come burino pure lui”. 

Laziale viene associato a burino, per cui è l'appellativo di chi è del contado, della provincia, o anche solo nato appena fuori Roma. E' in effetti considerato un'offesa abbastanza grave, per noi romani, per cui ti suggerisco di non usarlo mai, o di assumertene le conseguenze (anche fisiche)”. 

Insomma, per i soliti retaggi companilistici dell'Italia da sempre divisa, dare a me del laziale equivale a dare del palermitano a un catanese o viceversa, o del pisano a un livornese o viceversa”.  

Per noi, chiunque non sia di Roma (i viterbesi, i sabini ecc., di cui pensiamo tutto il male possibile) ma di area limitrofa è burino = laziale = il peggio del peggio. Da quando? Da Romolo e Remo, da che Roma è Roma […] opino almeno da Roma antica”. 

Hai mai visto Il marchese del grillo, con Sordi?. La battuta emblematica di quel film è il ritratto stereotipico migliore del romano e del suo sentirsi superiore a tutti: "Io so' io e voi nun siete un cazzo!". 

 

4.8. Un informante laziale a conferma 

Un informante, laziale di provenienza, a conferma del collega romano di cui sopra, mi ha così mailato: 

In quanto abitante della provincia romana, ho sentito usare laziale con l'accezione negativa di rozzo campagnolo, provinciale, con modi e abitudini diversi da quelli romani, cittadini. Il laziale sarebbe dunque il burino; per questo un romano, nato a Roma, potrebbe considerare la parola un insulto. Non a caso, anche in ambito calcistico, uno degli insulti tipici dei romanisti ai laziali (in questo caso 'tifosi della Lazio') è il seguente: "burini laziali", con una sovrapposizione tra la provenienza territoriale e la fede calcistica. 

Ho trovato un estratto (che allego tramite link) da un film con Alberto Sordi, in cui le parole laziale 

e burino sono usate come sinonimi: https://www.youtube.com/watch?v=Hc7h-hff2No.” 


Sommario 

1.“Romano de Roma” 

2. “Siciliano” iperonimo, “laziale” no 

3. Deficienze lessicografiche 

4. Perché “laziale” è connotato negativamente? 

4.1. Sostrato dialettale e latineggiante? 

4.2. Laziale “tifo” e “romanista” 

4.3. Laziale: uso “ufficiale”, “elevato” e gergale (tifo) 

4.4. Un informante siciliano: tifo e ‘burino’ 

4.5. I Romani “superiori” agli altri 

4.6. Occhio alla storia e al calcio 

4.7. La brillante spiegazione di un informante romano 

4.8. Un informante laziale a conferma 



(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)