Molti anni or sono, in un contado, Colorlandia, viveva un noto commerciante di vernici, Giacomo, ma non era un semplice venditore di vernici: lui sapeva mescolare i colori come nessun altro. Ogni tinta creata da lui aveva un tocco di magia, e ogni pennellata portava vita e gioia nelle case dei suoi concittadini. I suoi clienti, tutti, sostenevano che le vernici di Giacomo potessero persino far sbocciare i fiori sui muri!
Giacomo, però, era stanco di essere conosciuto come il "venditore di vernici". Sentiva che il suo lavoro meritava un nome unico, proprio come la sua arte. “Sì, esiste colorificio – pensò – ma indica, soprattutto, una fabbrica di colori, di vernici, come si evince dal suffisso ‘-ificio’. Io voglio un nome specifico”. Un giorno, mentre stava miscelando un nuovo colore, ebbe un'illuminazione: " ‘tintaiolo’, da ‘tinta” e il suffisso ‘-iolo,’che indica un mestiere" - disse tra sé e sé - "un nome perfetto che unisce la mia passione per le tinte con la vendita delle vernici."
E
così, Giacomo cominciò a presentarsi come il primo ‘tintaiolo’
di Colorlandia. I suoi clienti, affascinati dal nuovo termine e dalla
maestria con cui lavorava, raccontarono a tutti del ‘tintaiolo’
Giacomo. E presto, persone da ogni dove si recarono a Colorlandia per
vedere le meraviglie create dal ‘tintaiolo’.
Le
giornate di Giacomo erano piene di colori, risate e storie. Ogni
volta che qualcuno entrava nel suo negozio, il ‘tintaiolo’ lo
accoglieva con un sorriso raccontandogli una storia su come un
particolare colore fosse nato. C'era il "Blu del Mare Calmo,"
ispirato dalle sue vacanze estive, e il "Rosso del Tramonto,"
nato dopo una romantica serata in riva al mare. Ogni tinta, insomma,
aveva un'anima e un racconto che affascinava i suoi clienti.
Un
giorno di primavera, un famoso pittore di un regno vicino sentì
parlare del ‘tintaiolo’ di Colorlandia, decise, quindi, di
conoscerlo. Il pittore rimase estasiato dalle storie e dai colori
unici, e chiese a Giacomo di creare una tinta speciale per il suo
prossimo capolavoro. Giacomo, con grande entusiasmo, accettò la
sfida creando il "Verde Speranza," una tinta così
brillante e vivace da far rimanere il pittore a bocca aperta.
Il quadro che ne risultò divenne celebre in tutto il mondo dando ulteriore fama a Giacomo anche perché questi aveva dato un nome unico al suo mestiere e aveva portato un po' di magia nella vita di chiunque incontrasse. E così, grazie a Giacomo, il neolemma "tintaiolo" fu riconosciuto da tutti tanto che la locale Accademia lo attestò nel suo vocabolario.
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Una piccola notazione sull’uso corretto degli aggettivi numerali “frazionari”. È necessario tenere presente, dunque, che nella numerazione decimale la parte frazionaria deve essere divisa dall’intero da una virgola: è alto m 1,75 (i metri, i centimetri, i chilometri ecc. non debbono assolutamente essere seguiti dal punto). Nei sistemi non decimali – come nel caso delle ore – la virgola deve essere sostituita dal punto o, meglio ancora, dai due punti: sono le 10.45 (o 10:45); si tratta, infatti, di 45 sessantesimi e non di 45 centesimi. È errore madornale, quindi, dividere le ore dai minuti mediante una virgola. Ma siamo sicuri che la nostra modesta “predica” sarà, come sempre, rivolta al vento. Continueremo a leggere o, meglio, a “vedere” sulla stampa le ore scritte in modo errato: la conferenza stampa di fine d’anno si terrà alle 17,30. Ma tant’è.
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Due parole sul verbo intransitivo “procedere”, che può prendere tanto l’ausiliare ‘essere’ quanto ‘avere’. La scelta dell’ausiliare, però, è legata al significato che si vuol dare al verbo. Si adopererà l’ausiliare ‘essere’ quando il predetto verbo sta per ‘derivare’, ‘proseguire’: tutto ciò è proceduto (derivato) dalla tua imperizia; si userà ‘avere’, invece, nel significato di ‘dar principio’, ‘dare inizio’, ‘agire’ e simili: dopo le discussioni hanno proceduto (dato inizio) alle votazioni.
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Da domande e risposte del sito Treccani
Salve, avrei bisogno di una chiarificazione riguardo al concetto di "Uomo universale". Esiste un termine specifico in italiano per descrivere questa figura? Ad esempio, in inglese si usa l'aggettivo "polymath" per riferirsi a persone di questo tipo.
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Ci sembra che una unità lessicale che significhi uomo universale (una persona di vaste e varie conoscenze: così potremmo tradurre polymath) non esista nella nostra lingua. Bisognerebbe ricorrere a un’altra locuzione come uomo (o ingegno) leonardesco, che spesso, però, viene usata in senso scherzoso.
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E se coniassimo “polimata”, tratto da “polimatìa” (dal vocabolario Treccani)?
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