Molto spesso, nella lingua comune, “identico” e “uguale” vengono percepiti come sinonimi perfetti, intercambiabili senza distinzione. In realtà, sebbene condividano un’area semantica di sovrapposizione, portano con sé sfumature diverse che vale la pena chiarire, perché proprio nella precisione delle parole si gioca la ricchezza del pensiero.
“Identico” deriva dal latino identicus, a sua volta da idem (“lo stesso”), e conserva l’idea di assoluta coincidenza: due elementi sono identici quando non presentano alcuna differenza, quando coincidono in tutto e per tutto. È il termine che si usa per sottolineare la perfetta sovrapponibilità, come nel caso di una copia identica all’originale, o di due formule matematiche che danno sempre lo stesso risultato. L’accento è sulla totalità della corrispondenza, sull’assenza di scarti o variazioni.
“Uguale”, anch’esso dal latino, aequalis, da aequus (“pari, equo”), ha un campo semantico più ampio. Può significare che due cose hanno le stesse caratteristiche, ma anche che si trovano nella medesima condizione, che godono degli stessi diritti. Dire “due auto uguali” non implica che siano identiche in ogni dettaglio, ma che appartengano allo stesso modello o abbiano caratteristiche simili. Dire “tutti uguali davanti alla legge” non significa che le persone siano identiche, bensì che godono della stessa parità di trattamento. “Uguale” può dunque designare somiglianza, equivalenza, uniformità, costanza, e solo in alcuni contesti può coincidere con “identico”.
Gli impieghi d’uso chiariscono bene la differenza: “Questa copia è identica all’originale” sottolinea la perfetta coincidenza; “Abbiamo uguali diritti” evidenzia la parità di condizione; “Due auto uguali” indica somiglianza di modello; “Per me è uguale partire o restare” esprime indifferenza. In tutti questi casi, sostituire “identico” a “uguale” produrrebbe un effetto forzato o improprio, perché restringerebbe il senso a una coincidenza totale che non sempre è presente.
Spesso la stampa non fa distinzione alcuna tra i due lessemi, e li usa come se fossero equivalenti. È frequente imbattersi in titoli come “Due case identiche crollano nello stesso quartiere” dove in realtà si intende “uguali per tipologia e struttura”, oppure “Un destino identico per i due leader politici” dove sarebbe più corretto parlare di “uguale” destino, cioè simile nelle conseguenze ma non coincidente in ogni dettaglio. Al contrario, si trovano titoli come “Due copie uguali dell’opera originale” che, se presi alla lettera, lasciano intendere una semplice somiglianza, mentre il contesto richiederebbe la precisione di “identiche”. Questi slittamenti lessicali, apparentemente innocui, contribuiscono a confondere i registri e a impoverire la chiarezza del discorso giornalistico.
La chiarezza e la scorrevolezza del discorso dipendono proprio dalla capacità di distinguere: usare “identico” quando si vuole sottolineare la perfetta corrispondenza, usare “uguale” quando si intende la parità, la somiglianza o l’equivalenza. Confondere i due sintagmi significa appiattire la lingua, privarla di sfumature e ridurre la precisione del pensiero. La ricchezza del nostro idioma sta invece nella possibilità di scegliere la parola giusta per il contesto giusto, e in questo caso la distinzione tra “identico” e “uguale” è un piccolo ma significativo esempio di come la lingua sappia offrire strumenti di esattezza e di eleganza.
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La distinzione tra “identico” e “uguale” non è un esercizio di pedanteria, ma un invito alla precisione. E poiché la stampa spesso li confonde, chi scrive propone ai lettori di segnalare titoli o articoli in cui i due termini vengono usati impropriamente: sarà un modo per continuare insieme questa caccia alle sfumature e arricchire il laboratorio della lingua.
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Sfondare: transitivo o intransitivo?
Due parole, due, sul verbo sfondare, che può essere transitivo e intransitivo. È transitivo nel significato proprio, cioè rompere, fare breccia: i bersaglieri sfondarono le mura di Porta Pia. È intransitivo, e prende l'ausiliare avere, nell'accezione figurata di riuscire in un'impresa: Giuseppe, finalmente, ha sfondato nel suo lavoro. Prenderà l'ausiliare essere quando sta per sprofondare: il marciapiede gli è sfondato sotto i piedi.

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