lunedì 7 aprile 2025

Procedere non è provvedere: un invito alla chiarezza linguistica

 

 Nella nostra bella lingua italiana, il verbo "procedere" merita una riflessione approfondita per comprendere appieno il suo significato originario e, quindi, l'uso corretto. Il verbo in oggetto è pari, pari, il latino ‘procedere’, formato da "pro-" (avanti) e "cedere" (andare), e richiama l'idea di avanzare, proseguire, inoltrarsi in un'azione (in senso figurato) o in un luogo. Si tratta, pertanto, di un significato dinamico, che porta con sé un senso di movimento e progresso.

C
on il trascorrere del tempo, tuttavia, si è diffusa una tendenza a utilizzare "procedere" con un significato diverso, che si avvicina a quello di "provvedere", "effettuare" o "disporre". Esempi di questo uso si trovano frequentemente in frasi come "Abbiamo proceduto alla spedizione di quanto richiesto" o "Si è proceduto alla registrazione dei dati". Sebbene alcuni vocabolari dell'uso moderno abbiano accolto questa accezione come legittima, è importante porsi la domanda: è compatibile con un uso accurato e raffinato della lingua italiana?

A nostro avviso, l'uso di "procedere" in questo senso può essere considerato discutibile. La ricchezza della lingua italiana si basa sulla precisione e sulla chiarezza espressiva, e sovraccaricare un verbo con significati non propriamente suoi rischia di indebolire l'efficacia comunicativa. Se l'intento è quello di comunicare un'azione concreta come provvedere, disporre o effettuare, sarebbe opportuno scegliere il verbo più adatto, evitando ambiguità.

D
el resto, il nostro vocabolario è ricco di alternative precise e appropriate: invece di "procedere alla spedizione", perché non dire semplicemente "abbiamo spedito quanto richiesto"? Oppure, al posto di "procedere alla registrazione", usare "si è provveduto a registrare"? Scegliendo i verbi più appropriati si salvaguarda il vero significato di 'procedere' e si ottiene una comunicazione più precisa e raffinata, senza rischi di fraintendimenti.


I
n conclusione, pur riconoscendo l'evoluzione dell'uso linguistico, chi scrive invita alla riflessione sull'importanza di conservare vivo il senso autentico delle parole. La bellezza dell’italico idioma sta anche nella possibilità di utilizzare termini che rispecchino fedelmente il loro significato storico ed etimologico. E in un mondo dove la comunicazione è sempre più rapida e immediata, scegliere con cura le parole è un atto di attenzione e rispetto per la lingua e per i suoi interlocutori.



(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)




domenica 6 aprile 2025

Quando si cade e quando si casca: storie di lingua e sfumature

 

 Viveva una volta, nella vasta Valle del Linguaggio, una coppia di verbi che abitava lì dai tempi dei tempi: Cadere e Cascare. Sebbene sembrassero simili, ciascuno portava con sé una storia personale, radici profonde e sfumature diverse.

I
l primo verbo, Cadere nacque nobile e austero. Le sue radici affondavano nel latino classico, nel verbo ‘cadere’, che significa "precipitare, scendere improvvisamente". Era  adoperato dai poeti e dagli oratori per descrivere momenti gravi e solenni: la fine degli imperi, la sconfitta in battaglia, il crollo delle speranze. Cadere si muoveva con passo elegante tra i discorsi importanti e i pensieri profondi, portando con sé un’aura di universalità e gravità.

D
all’altra parte, Cascare aveva avuto un’origine più popolare e mondana. Non proveniva dalla lingua colta, ma dal latino parlato, forse da ‘casicare’, che designava il cadere in modo più familiare, colloquiale e, molto spesso, buffo. Era un verbo cresciuto tra le risate delle piazze, tra le persone comuni che narravano piccole disavventure quotidiane, trovando conforto nel raccontarle con leggerezza.

U
n giorno d’autunno, nella Valle del Linguaggio, un giovane viandante camminava assorto nei suoi pensieri. Essendo un po’ distratto non si accorse di una radice che spuntava dal terreno: inciampò finendo rovinosamente al suolo. Tutti i presenti trattennero il fiato e qualcuno esclamò: “Cadde, poveretto,” come se quell’azione avesse qualcosa di importante e inevitabile.

Pochi giorni dopo, lo stesso giovanotto, passando di lì, inciampò di nuovo. Questa volta, però, un fanciullo che lo osservava rise e commentò: “Ah, sei cascato ancora!” E con quella frase, trasformò l’evento in una scena comica. Il giovane, seduto a terra, sporco di fango, non poté fare a meno di ridere con lui.

C
osì, i valligiani cominciarono a distinguere tra cadere e cascare. Capirono che cadere era il verbo ideale per i momenti solenni, quelli che portavano una lezione o un significato profondo: “È caduto in disgrazia,” oppure, “Il vaso cadde e si ruppe in mille pezzi.” Cascare, al contrario, era perfetto per le situazioni leggere o ironiche, quelle in cui l’accento era posto più sulla goffaggine che sulla gravità dell’evento: “Sono cascato dalle scale con tutte le borse della spesa,” o “quando l’ho visto, sono cascato dalle nuvole!”

C
adere e Cascare non erano nemici, ma alleati. Ciascuno trovava il suo posto a seconda dello spirito della narrazione. E così, nella Valle del Linguaggio, si imparò che scegliere il verbo giusto significa donare al racconto la sfumatura perfetta.


(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)



venerdì 4 aprile 2025

Sgroi - 195 - Sull’uso indebito delle parole, gli anglicismi e il "gruppo Explicit"

  




di Salvatore Claudio Sgroi 

 

  

1. L’evento giornalistico  


Nando Dalla Chiesa in un articolo su “Il fatto quotidiano” di lunedì 31 marzo p. 11, suggestivamente intitolato “Povera lingua italiana da ‘mecciare’ all’Inps borbonica: ridateci Nanni Moretti”, ha denunciato il comportamento scorretto, una vera e propria sopraffazione, dell’Inps e un uso invero neopuristico di un anglicismo. 

 

  1. 1.1. Sopraffazione linguistica 


Il noto sociologo, figlio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa assassinato dalla mafia, aveva ricevuto dall’Inps una ingiunzione di pagamento “entro 30 giorni” per “somme indebitamente percepite”. In realtà, l’Inps, sbagliando, gli aveva corrisposto circa 600 euro in più. Ma anziché scusarsi per il proprio errore col conseguente fastidio creato al contribuente per la restituzione, aveva, come si dice dalle mie parti, “preso di sopra”, attribuendogli un comportamento illecito, di cui era responsabile proprio l’Inps. 

 

1.2. L’anglicismo 


Da un altro punto di vista, lo stesso Dalla Chiesa ha lamentato (invero neopuristicamente) l’uso dell’anglicismo adattato mecciare, dall’ingl. to match ‘combaciare’, ovvero 'confrontare (sovrapponendo)', colto in bocca a uno studente durante una seduta di laurea: “se noi mecciamo questi due elementi”, che a lui ha fatto pensare quasi a un derivato del nome del cantante Gianni Meccia, autore di due noti brani quali “Il barattolo” e “il pullover”. 

 

1.3. Una invenzione non proprio recente 


Invero, il verbo mecciare, o matchare, non è un neologismo recentissimo. Stando a Google, il termine aveva attirato l’attenzione fin dal luglio 2012, in quanto vocabolo “coniato dall’ex-calciatore Beppe Dossena: “Dobbiamo mecciare le situazioni”, nelle telecronache calcistiche: “occorre mecciare i reparti”. E nel 1997 Beppe Severgnini ne L’inglese. Nuove lezioni semiserie (Rizzoli, pp. 42-43) aveva scritto: 

Nell’ottobre 1996 il presidente dell’Inter [Massimo Moratti] annunciò, che ‘non poteva mecciare l’offerta per Ronaldo”, nel senso di ‘far [coincidere] la stessa offerta per Ronaldo’. Senza dire che mecciare viene usato in ambito informatico da tempo immemorabile.

 

2. Il "gruppo Explicit "


È di qualche giorno fa la notiziaNasce il gruppo Explicit per la restituzione dei prestiti linguistici di Antonio Zoppetti. <https://italofonia.info/nasce-il-gruppo-explicit-per-la-restituzione-dei-prestiti-linguistici/>, pubblicato nel blog Diciamolo in italiano. 

Invero il "gruppo Explicit" è una garbata presa in giro del "gruppo Incipit", nato parecchio tempo fa, cui rifà ironicamente il verso.   

L’intento è quello di “esprimere un parere sulla sopportabilità – quantitativa e qualitativa – delle parole inglesi che stanno ibridando l’italiano, per es. whatsappare, computerizzare, clownterapia, libro-game, shampista. Attraverso la riflessione e lo sviluppo di una migliore coscienza linguistica e civile, [si] vuole de-anglicizzare il lessico degli operatori della comunicazione, dei giornalisti, dei politici e di tutti i collaborazionisti della dittatura dell’inglese imposta alle masse e alla lingua comune. 

Il "gruppo Explicit" rileva che “La maggior parte [degli anglicismi] arrivano dagli Stati Uniti, ma non mancano anche i vocaboli inglesi (come tunnel, meeting o sandwich) e altri ancora che provengono da Israele (green pass, Gaza City, West Bank) o da altri Paesi anglofoni o anglicizzati (come apartheid che proviene dal neerlandese o boomerang dall’Australia). E osserva ancora la duplice pronuncia, rispettivamente inglese e americana, nel caso di privacy: prìvasi” e “pràivasi. E pone anche il problema degli “pseudoanglicismi” quali beauty case, smartworking, autostop, autogrill, footing. Così nel caso di basket mentre  anglofoni parlano di basketball – noi lo usiamo al posto di pallacanestro; mobbing, che in inglese non indica affatto una persecuzione nell’ambiente lavorativo, o come dressing che sarebbe un condimento per l’insalata e non il modo di vestire (cioè il dresscode)”.  

 

2.1. I prestiti di necessità 


Dinanzi ai prestiti di necessità, che come tutti i linguisti sanno sono appunto necessari e dunque non se ne può fare a meno”, es. mouse, la trovata, puramente logicistica, del "gruppo Explicit", è contrabbandata come “soluzione rivoluzionaria”, ed è quella di creare nuove parole italiane; ovvero sostituirlo con “topo inglese”, sull’esempio di chiave inglese o zuppa inglese, se non quella  ditopo americano” sul modello di sogno americano. 

 

2.2. E i calchi? 


Invece, in maniera non poco contraddittoria il "gruppo Explicit" e i neopuristi non si scandalizzano dei calchi, ovvero prestiti semantici e strutturali, camuffati fono-graficamente e di più difficile identificazione, come il termine anglosfera nell’espressione Le reazioni dell’anglosfera” lì adoperata. Come indicato in Treccani, si tratta di un “composto dal confisso anglo- aggiunto al s. f. sfera, ricalcando l’ingl. anglosphere", o per meglio dire, si tratta del calco strutturale sull'ingl, anglosphere, composto dal confisso anglo- col sost. sphere, "attestato per la prima volta in quella lingua nel romanzo di fantascienza The Diamond Age di Neal Stephenson (1995). 

 

 

2.3. Auto-ironia 


Ma l’art. del "gruppo Explicit" non sembra privo di auto-ironia in più luoghi quando sottolinea “La trattativa sulla responsabilità dei prestiti tra il primo ministro inglese Keir Sturmer (<Starmer) e Donald Trump” a proposito della pronuncia inglese e americana di privacy (ovvero privasi e praivasi). 

O quando presenta “L’accordo Italia-Albania per i centri di stoccaggio delle parole ibride come chattare (libro rosso) degli pseudoanglicismi come autogrill (libro blu)”, con le foto della Meloni e del presidente dell’Albania. 

 

2.4. Auto-ironia al colmo 


L’auto-ironia sembra giungere al colmo quando lo stesso art. illustra “Le contromisure degli USA” ovvero “La risposta di Trump: il decreto di deportazione degli italianismi (poi sospeso per non aver raggiunto il numero legale)”, con la foto di Trump che mostra “Pizza, Mandolino, Cappuccino, Mafia .. back in Rome!”. 

“Per ogni anglicismo che sarà restituito, deporteremo dieci italianismi a Roma” ha dichiarato Trump che sta valutando l’idea di introdurre anche i dazi lessicali. I suoi consiglieri, tuttavia, premono per evitare questa soluzione che si esaurirebbe nel giro di pochi minuti, visto che a parte pizza, mandolino e cappuccino gli italianismi sono stati di solito adattati in inglese e dunque non sono tecnicamente restituibili. 

“La trovata di Trump rischia insomma di rivelarsi un boomerang, perché parole come design, sketch, novel, bank, mascara e tutte le altre derivano certamente da disegno, schizzo, novella, banca e maschera, ma dopo il restyling sono diventate a tutti gli effetti inglesi, e dunque se non si possono considerare parole “italian sounding” non possono essere restituite, anzi, a norma di legge siamo noi che dovremmo rispedirle al mittente, invece di farne il plus del made in Italy. Inoltre – mentre da noi tra gli addetti ai lavori dilaga l’idea che esistano i “prestiti di necessità”, il concetto di “italianismi di necessità” non trova corrispondenza nella mentalità anglofona. “Italianismi di necessità? Ma che cavolo state dicendo?” ha chiosato il responsabile della comunicazione di Eleno (<Elon) Mask – come da oggi si dirà in Italia – estremamente preoccupato dal fatto che dovrà cambiare tutta la terminologia delle sue interfacce a partire da X e tradurle in italiano, invece di colonizzare il mondo con i followers, gli hashtag, le newsletter e tutte le altre espressioni itanglesi con cui le multinazionali d’oltreoceano ci stanno rimbecillendo da decenni”. 

 

Sommario 

1. L’evento giornalistico  

1.1. Sopraffazione linguistica 

1.2. L’anglicismo 

1.3. Una invenzione non proprio recente 

2. Il "gruppo Explicit "

2.1. I prestiti di necessi 

2.2. E i calchi? 

2.3. Auto-ironia 

2.4. Auto-ironia al colmo 






















(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)