La nostra lingua, come tutte quelle di lunga tradizione, custodisce lessemi che portano con sé la memoria del greco e del latino. Alcuni di questi, per la loro somiglianza fonetica, rischiano di confondere anche chi ha buona dimestichezza con il lessico. È il caso di metastasi e metatesi: due parole che condividono la radice meta- (“oltre, cambiamento”), ma che divergono radicalmente per significato e campo d’applicazione. La prima appartiene al linguaggio medico e porta con sé il peso di una condizione patologica; la seconda è un fenomeno linguistico che racconta la naturale mobilità dei suoni - o delle lettere - nelle parole. Confonderle non è solo un errore di “precisione linguistica”: significa mescolare ambiti che non hanno nulla in comune, facendo perdere, così, la ricchezza che ciascun lessema custodisce.
Metastasi deriva dal greco metástasis, da methistánai (“spostare, trasferire”), ed è composta da meta- e stásis (“stato, posizione”). In medicina indica la diffusione di cellule tumorali dalla sede primaria ad altri organi, con la formazione di nuove lesioni. L’etimologia conserva l’idea di “spostamento” e “cambiamento di sede”, che in ambito clinico si traduce in una propagazione della malattia.
Metatesi, pure, è di origine greca, metáthesis, da meta- e thésis (“collocazione, disposizione”), ma con un campo semantico del tutto diverso. In linguistica designa lo scambio di posizione di suoni o lettere all’interno di una parola. È un fenomeno naturale, spesso inconsapevole, che può generare varianti dialettali, forme popolari o errori comuni. Alcuni esempi:
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trabucco per tabrucco (in alcune varianti dialettali)
meriggiare, che deriva da meridiare (con scambio di suoni)
caligine, che in latino era caliginem, ma in volgare ha dato anche varianti metatetiche come galigine
domandare, che in latino era demandare, con inversione di consonanti
febbraio, che conserva la metatesi rispetto al latino februarius (dove la r e la b hanno cambiato posizione)
La metatesi non è un errore “patologico”: è un processo fonetico che accompagna l’evoluzione delle lingue e che spesso si cristallizza nelle forme ufficiali. Pensiamo a miracolo, che deriva dal latino miraculum, ma che nel volgare ha conosciuto varianti come maravilia → meraviglia, con scambi e slittamenti di suoni.
La differenza è netta: la metastasi è un andamento clinico di grande gravità; la metatesi è un fenomeno linguistico che racconta la vitalità e la trasformazione delle parole. La loro somiglianza fonetica ci inganna e ci induce in errore. Occorre prestare molta attenzione, dunque.
Metastasi è migrazione di cellule; metatesi è migrazione di suoni (di lettere): l’una segna la malattia, l’altra la meraviglia mutevole del nostro melodioso idioma.
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C’erano due lettere, la R e la L, che litigavano sempre per chi dovesse stare davanti, finché un giorno decisero di scambiarsi di posto: nacque così una parola nuova, più facile da dire e più dolce da ascoltare. Da allora il popolo ripeté quella forma, e l’antica cadde nell’oblio, perché la lingua segue l’orecchio e ciò che suona meglio resta. Le lettere che si scambiano di posto insegnano che l’errore di ieri è la regola di domani, e la storia stessa ce lo conferma: basti pensare a “miracolo”, dal latino miraculum, che in alcune aree d’Italia si trasformò per metatesi in “maraviglia”, fissandosi poi in letteratura, come in Dante. Così la metatesi non è soltanto un gioco fonetico, ma un piccolo incanto che trasforma l’uso quotidiano in norma, e talvolta la norma in poesia.

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