sabato 31 agosto 2024

La "nascita" dell'aggettivo opportuno


S
e apriamo un qualunque dizionario alla voce “opportuno”, leggiamo: Aggettivo – che ben si presta per fare una determinata cosa; che è di grande utilità in una situazione particolare; che fa al caso; conveniente al tempo, al desiderio. Ma qual è la sua origine? Come è “nato”, insomma? Semplice, il solito… latino “opportunu(m)”, composto con “ob” (verso) e “portus” (porto): “che spinge verso il porto”. Nei tempi andati i marinai chiamavano “opportuno”, infatti, il vento che, soffiando nella direzione di un porto, permetteva ai natanti di approdarvi e trovarvi, quindi, sicuro riparo. Il termine, per tanto, è squisitamente nautico e attraverso l’accezione di “provvidenzialmente orientato” è divenuto aggettivo assumendo il significato di “adatto”, “utile”, “efficace”, “propizio”, “favorevole” e simili: non è il momento opportuno (cioè “favorevole”) per prendere certe decisioni.

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Si presti attenzione al verbo affittare, perché essendo enantiosemico può rivelarsi ambiguo. Se leggiamo, per esempio, "Ilario ha affittato un appartamento in montagna" non sappiamo se lo ha dato in affitto o se lo ha preso in affitto. Diremo e scriveremo quindi, secondo i casi, dare in affitto e prendere in affitto.

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La lingua “biforcuta” della stampa

Reggio Calabria, cade dal monopattino e sbatte la testa: un 58enne in prognosi riservata

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Correttamente: con (non in) prognosi riservata. La prognosi non è un reparto ospedaliero, come, per esempio, cardiologia, urologia, ginecologia. Per maggiore chiarezza si veda qui.


venerdì 30 agosto 2024

C'è l'impastatrice e... l' "impastatora"

 

 Se apriamo un qualsivoglia vocabolario della lingua italiana al lemma impastatore leggiamo: “Persona che, nell’industria alimentare, è addetta all’impastamento e al controllo del corretto funzionamento dell’impastatrice”; il femminile è impastatrice. Alla voce impastatrice si può leggere: “Macchina per l’impastamento”. Il sintagma femminile in oggetto, pertanto, è polisemico in quanto indica sia la persona (la donna) che impasta sia l’utensile per l’impastamento.

Chi scrive, consapevole di rischiare la censura dei linguisti ufficiali, propone di fare un distinguo tra i due termini (la polisemia, spesso, può creare ambiguità). Lasceremo impastatrice alla macchina e chiameremo “impastatora” la donna addetta al macchinario. La grammatica, in proposito, consente di femminilizzare in "-tora" (e non in "-trice") i sostantivi maschili in “-tore” se prima della “t” del confisso c’è una consonante diversa o una vocale. Impastatora, quindi, sotto il profilo linguistico-grammaticale ha tutte le carte in regola per assurgere agli onori dei vocabolari. Diremo, pertanto, l’impastatore e gli impastatori; l’impastatora e le impastatore. I lessicografi potrebbero farci un pensierino, perché siamo certi della bontà di quanto proponiamo e, di conseguenza, di non avere bestemmiato.



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Nell'occhio del ciclone 

Si adopera quest'espressione per dire che una persona è nei guai. Ma quando è "nata" significava ben altro, quasi il contrario. L'occhio del ciclone è la regione centrale dell'anello dell'uragano dove la pioggia cessa, il vento è moderato e chi vi si trova è in una posizione relativamente più tranquilla di quella dei suoi vicini investiti in pieno dalla tempesta. Si può dire, dunque, che è una locuzione con cosiddetta deviazione semantica come, per esempio, il termine "villano", che in origine significava "abitante del villaggio" (villa) e che con il trascorrere del tempo ha acquisito l'accezione di "persona maleducata, incivile".

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La lingua “biforcuta” della stampa

Lombardia

Il melone più costoso del mondo: vicino a Cremona lo Yubari King che in Giappone è stato battuto all'asta a 20 mila euro

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E il mondo quanto costa?





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giovedì 29 agosto 2024

Passionista o patito?

 


Riteniamo interessante riportare quanto scrive il linguista Luciano Satta a proposito di “patito” che - secondo i comuni vocabolari - significa ‘fanatico’, ‘appassionato’, ‘maniaco’ e simili.

«Per ‘appassionato’, ‘maniaco’, secondo noi questa parola va bene, anche perché è italiana. Si dica pure, dunque, “patito del calcio, di un’attrice, del ballo” e cosí via; che è fra l’altro ottima toppa invece degli stranieri ‘fan’ e ‘aficionado’. Ma per carità si faccia a meno, in questi significati, di ‘passionista’, come purtroppo si ode spesso in bocca toscana (noi abbiamo letto un “passionista” su un giornale; il giornalista, forse, era toscano? Ndr). Passionisti sono i frati di San Paolo di Ovada, che portano appesa al collo la croce della Passione; cosicché dire “passionista dei fumetti” farebbe pensare che una ventata di frivolezza abbia pervaso quegli austeri religiosi».


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La lingua “biforcuta” della stampa

La Stagione dell'amore

Una giovane attrice appassionata di diritti civili e il celebre scrittore: si innamorano e sposano subito ma il dolore li travolge

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Sarebbe interessante sapere perché l’attrice e lo scrittore, innamorati, hanno sposato altre persone.



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mercoledì 28 agosto 2024

La confessora (2)


L
a nostra proposta di chiamare “confessora” una donna che amministra il sacramento della penitenza – se un domani le donne saranno ammesse al sacerdozio – ha suscitato la reazione scandalizzata di numerosi lettori che, in messaggi privati, ci hanno quasi insultato perché, a loro dire, si tratterebbe del “reato di vilipendio alla lingua di Dante”. La cosa, ovviamente, ci lascia nella più “squallida indifferenza”, forti della correttezza linguistica del nostro suggerimento. Ma, in proposito, abbiamo fatto una scoperta sorprendente. Nei tempi andati era in uso, non registrato ora nei vocabolari dell’...uso, il sintagma “confessatrice”, tratto dal sostantivo maschile confessatore, sebbene non esistessero, e non esistono tuttora, donne preti (sic!). Il lessema in oggetto si trova  in numerose pubblicazioni. A questo punto, amici, resterà (quando e se sarà) solo l’imbarazzo della scelta: confessora o confessatrice? Chi scrive caldeggia, naturalmente, il suo confessora. I lessicografi come si regoleranno?
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TLIO, Tesoro della lingua italiana dalle Origini: Sacerdote che ascolta la confessione e amministra il sacramento della penitenza.

[1] Bestiario toscano, XIII ex. (pis.), cap. 15, pag. 36.23: Questo chalandruçço si è facto como 'l savio confessatore, che quando viene a llui lo peccatore adesso congnosce se elli si de' salvare o se non...

[2] <Zucchero, Esp. Pater, XIV in. (fior.)>, pag. 53.13: Onde il confessatore che confessa, e ode la confessione si è l'orecchie di Dio...





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martedì 27 agosto 2024

Una baggianata (delle tante) scolastica

 


Chissà quanti amici lettori, non più molto giovani, ricorderanno i rimproveri degli insegnanti se pronunciavano gratuìto (con l'accentazione sulla "i"). Per i docenti dell'epoca era un granciporro e, in quanto tale, andava censurato, soprattutto se qualcuno, nello scrivere, segnava l'accento grafico sulla predetta vocale. Bene, amici, anzi male, perché gli insegnanti condannavano un errore inesistente. Era, insomma, una baggianata scolastica, come tante altre, tipo "scancellare", ritenuto errato o accentare il pronome sé seguito da stesso o medesimo. Gratuìto, dunque, non è affatto errato. Il lessema in oggetto "gode" di due pronunce: una alla latina e una alla greca. Si può dire, quindi, tanto gratùito quanto gratuìto. Chi scrive,  però, "plagiato" dalla scuola, non riesce a dire gratuìto. Ma, ribadiamo, non è affatto errato. E la prova provata sta nella divisione sillabica, che può essere sia gra|tùi|to sia gra|tu|ì|to. La prima divisione si rifà alla pronuncia greca, la seconda alla latina. Cari amici, vicini e lontani - come amava dire il presentatore radiofonico Nunzio Filogamo - dite (e scrivete) pure, se vi piace, gratuìto e mettete alla gogna se qualcuno oserà correggervi.



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domenica 25 agosto 2024

La confessora? Perché no?!

 


Se un domani le donne saranno ammesse al sacerdozio si porrà il problema di come chiamarle quando "eserciteranno" il sacramento della penitenza: la confessione. Attualmente non esiste un termine specifico e la Crusca, in proposito, suggerisce confidente, ".... In questo caso, per usare il nome d'agente riferito ad una donna, sarà preferibile optare per un sinonimo, ad esempio confidente". Il termine, onestamente, non ci sembra appropriato. A nostro modesto avviso, la donna che (un domani) sarà ammessa ad amministrare i sacramenti, tra cui la confessione, si potrebbe chiamare confessora, per analogia con uccisora, evasora, assessora, revisora, tutti termini, ormai, cristallizzati nell'uso. Confessora suona male? Stride agli orecchi dei "linguisti d'assalto"? Basterà farci l'orecchio. I lessicografi ci faranno un pensierino? 

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La lingua “biforcuta” della stampa

Sondrio

Valentina costretta a dormire sul furgone: «Non trovo casa in affitto casa perché ho un cane»

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Un’altra prova (qualora ce ne fosse bisogno) del fatto che i redattori titolisti non rileggono ciò che scrivono (ma anche se lo rileggono…).


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La vita di Borges: la cecità, il lavoro da ispettore di pollai, l'incontro con Papa Francesco e le cause per l'eredità

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Meglio, anzi, “più corretto”, lavoro di (non da). La preposizione ‘di’ specifica il tipo di lavoro.







Qui








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sabato 24 agosto 2024

Le "bugie" dell'intelligenza artificiale

 


Abbiamo chiesto all'Ia che, sembra, tutti osannano, se è corretto dire scancellare invece di cancellare. Ecco la risposta: 

In italiano, il verbo corretto è “cancellare”. “Scancellare” non è considerato corretto e non è comunemente usato nella lingua italiana standard. Tuttavia, in alcuni dialetti o contesti informali, potresti sentire “scancellare”, ma è sempre meglio usare “cancellare” per essere grammaticalmente corretto.

L' "intelligentona" ha detto una bugia grossa come una casa. Scancellare è corretto al pari di cancellare.


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La lingua “biforcuta” della stampa

Milano

Vivono in una baracca senza luce e acqua, i genitori in carcere o all’estero: cinque bambini salvati dalla polizia. Il più piccolo ha solo un anno

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Correttamente: senza luce acqua. Si veda qui, al punto 5.

 

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giovedì 22 agosto 2024

Salire: verbo intransitivo e transitivo

 


Attenzione all'uso corretto del verbo salire. Ci siamo imbattuti in un sito in cui si dice che il predetto verbo è solo intransitivo e nei tempi composti si coniuga con l'ausiliare essere. No, cortesi amici: è una "falsità linguistica". Salire è intransitivo e transitivo e adoperato transitivamente prende l'ausiliare avere: Giovanni ha salito le scale di corsa. Secondo il sito in questione si dovrebbe dire, quindi, Giovanni *è salito le scale di corsa? E, già che ci siamo, vediamo qualche proverbio "legato" al verbo salire. Non c'è superbia uguale a quella del villano che in alto sale; si fatica a salire sulla montagna, ma giunti alla vetta è dolce il riposo; quando a letto stanco sali, lascia i crucci agli stivali; quando la superbia sale, l'amicizia scende; ci vuol molta fatica a salir sulla ruota della fortuna.

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La lingua “biforcuta” della stampa

E’ morto Sphen, il pinguino gay dello zoo di Sidney. Al “funerale” il suo amato Magic intona un canto di saluto. La coppia di pennuti era diventata l’icona dei diritti omosessuali del bioparco

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A parte la “e” del verbo essere con l’apostrofo anziché, correttamente, con l’accento (è) è errore, ancora più grave, la grafia della città dell’Australia. La metropoli australiana si scrive con due y: Sydney. Sidney (con la prima “i”) è un antroponimo (nome di persona) non un toponimo (nome di città, paese, regione ecc.).

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Incendio al ‘pratone’ a Roma, medici: “In pericolo di vita i 4 operatori feriti. Pompiere con il 54% di ustioni”

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“In pericolo di vita”, vale a dire corrono il “rischio di vivere”? Meglio, molto meglio, “pericolo di morte”.  


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Il giallo

Chi è l’ereditiera colombiana Ana Maria Henao scomparsa a Madrid e sepolta (forse) nel vicentino dal marito

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In buona lingua: Vicentino, con la V maiuscola, perché si tratta di un’area geografica.



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domenica 18 agosto 2024

Albo notanda lapillo (giorno da segnare con una pietra bianca)

 


I
cortesi blogghisti “digiuni” di latino ci perdoneranno se segnaliamo questa locuzione latina che significa “giorno fortunato”, uno di quelli da segnare sul calendario. Quante volte vi sarà capitato di esclamare: che avvenimento, bisogna scriverlo sul calendario! Quest’espressione latina si adopera, quindi, allorché si vuole mettere in risalto un giorno gaio come quello, per esempio, in cui si riceve una visita gradita e inaspettata. Per i Latini il colore nero era simbolo di sventura, mentre il bianco era il simbolo della felicità, tanto è vero che, in un processo, per dare il voto di condanna o di assoluzione si servivano di sassolini neri o bianchi.


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sabato 17 agosto 2024

L'italiano e i dialetti

 



Un interessantissimo articolo sull'importanza di riscoprire i dialetti per "capire" l'italiano.






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venerdì 16 agosto 2024

Il plurale di battiloro

 

Tutti i vocabolari consultati, tranne il Palazzi (che non specifica) e il DOP, Dizionario di Ortografia e di Pronunzia, attestano il sostantivo battiloro (operaio addetto alla lavorazione di metalli preziosi) privo di plurale: il battiloro/i battiloro. Il lessema in oggetto, per chi scrive, si pluralizza normalmente. I linguisti "d'assalto", quindi, preparino i loro strali da scagliare oltre che contro l'estensore di queste noterelle anche contro i responsabili del DOP. Il sintagma ritenuto errato (battilori) dai lessicografi si trova in numerose pubblicazioni. Saranno sufficienti le frecce contenute nelle faretre dei vocabolaristi?

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Aspettare il porco alla quercia

Chi aspetta il porco alla quercia?, come recita il modo di dire che avete appena letto. Colui che aspetta l’occasione buona per fare qualcosa, in particolare per vendicarsi di qualcuno, partendo dal presupposto che l’occasione prima o poi arriverà. E il maiale che cosa c’entra? L’immagine è quella della persona che sta vicino a una quercia aspettando il porco, che arriverà certamente perché ghiottissimo di ghiande.


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La lingua “biforcuta” della stampa

Ostia, rapina una farmacia con maschera da clown e pistola giocattolo: arrestato 30enne

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Meglio: maschera di, quando si vuol mettere in evidenza che la maschera rappresenta qualcosa o qualcuno (maschera di clown, che rappresenta un clown, appunto).



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giovedì 15 agosto 2024

Buon Ferragosto ai cortesi Lettori [non occorre il "femminile sovraesteso" (che personalmente condanniamo): il sintagma lettori include anche il cosiddetto gentil sesso]


 Il titolare di questo portale augura un sereno Ferragosto agli amanti e agli appassionati della lingua di Dante e di Manzoni. 



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sabato 10 agosto 2024

Inesattezze "treccaniane"


Abbiamo più volte segnalato alla redazione del sito Treccani, sezione “La grammatica italiana”, alcune inesattezze (per non dire errori) da emendare dove si affronta il “Femminile dei nomi di professione”. Ma non siamo stati ascoltati. E ci dispiace davvero perché queste ‘inesattezze’ inficiano l’autorevolezza e il prestigio della Treccani. Secondo i curatori della parte grammaticale (del vocabolario) presidente e vigile nella forma femminile diventano presidentessa e vigilessa, dimenticando’ che buona parte dei nomi maschili in “-e” si possono considerare epiceni; per formare il femminile, quindi, è sufficiente cambiare l’articolo: il preside/la preside; il demente/la demente; il nipote/la nipote; il presidente/la presidente; il vigile/la vigile. La terminazione “-essa” (a parte le forme cristallizzate: contessa, baronessa, professoressa ecc.) è da evitare come la peste perché ha un “sapore” spregiativo. Per quanto attiene a poliziotto e magistrato sconsigliamo recisamente le forme “donna poliziotto” e “donna magistrato” essendoci i regolari femminili poliziotta e magistrata. Infine, i nomi in “-tore” formano il femminile – non il plurale, come si legge – in “-trice”.




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venerdì 9 agosto 2024

Battere (o suonare) la diana


“M
i raccomando, questa sera non andare a letto molto tardi, come il tuo solito – disse il padre al figliolo piú grande – domani devi battere la diana per tutta la famiglia e a me, lo sai benissimo, non mi piace arrivare in ritardo agli appuntamenti: i tuoi zii ci attendono per le nove, al massimo”.

Questo modo di dire, “battere la diana”, era sconosciuto a Giovanni, il figliolo, il quale – per non fare brutta figura nei confronti del padre – si affrettò a consultare un vocabolario e scoprí, cosí, che l’espressione significa “dare la sveglia”.

Nel gergo militare di un tempo si adoperava questa locuzione perché la sveglia era data col suono del tamburo o della tromba proprio all’apparire – a Oriente – della stella (Diana) prima della levata del sole, all’alba.

Oggi questo modo di dire è adoperato, per lo piú, nel senso di incitare qualcuno all’azione, alla riscossa, a “darsi una mossa”, insomma, e anche nel significato di battere i denti per il freddo: durante l’ora di diana, prima della levata del sole, l’aria non è molto calda e fa piuttosto freddo.

Con lo stesso significato di sentir freddo si adoperano anche le locuzioni “tremare come una foglia” e “tremare verga a verga” le cui origini non abbisognano di spiegazioni essendo intuitive.



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mercoledì 7 agosto 2024

Sull'uso ortodosso della preposizione "da"


 Riproponiamo un nostro vecchio intervento sull’uso ortodosso della preposizione “da”. 

Sul corretto uso della preposizione "da" non tutti i sacri testi - ci sembra - concordano. Cominciamo con il dire che detta preposizione non si apostrofa mai, salvo in alcune locuzioni avverbiali. È grave errore scrivere, per esempio, «case d'affittare», «polvere d'aspergere» e simili. Perché è un errore? È presto detto. Si potrebbe confondere - se apostrofata - con la sorella "di" (la sola legittimata a prendere l'apostrofo). Non scriveremo mai, quindi, «d'ognuno», «d'ieri» ecc., che non significano "da ognuno", "da ieri" ma "di ognuno", "di ieri". E veniamo all'uso corretto. È adoperata correttamente quando sta a indicare l'idoneità, l'attitudine, la destinazione d'uso di una determinata cosa: pianta 'da' frutto (destinata a dare frutta); bicicletta 'da' corsa (idonea per la corsa); sala 'da' pranzo (destinata per il pranzo). Non è corretto il suo uso (e va sostituita con la "di") quando si parla di una qualità specifica: una notte 'd' 'incubo; un ingorgo 'di' paura; una festa 'di' ballo. Si dovrebbe dire, quindi, «biglietto 'di' visita» (non da visita). C'è una regola empirica (non valida al cento per cento, ovviamente) che ci permette di non sbagliare sull'uso dell'una o dell'altra preposizione ('di' e 'da'). Quando la preposizione 'da' è seguita da un sostantivo che può essere sostituito con un aggettivo o con una proposizione relativa si "trasforma" in 'di'. Una notte 'da' favola, cioè una notte "favolosa", diventerà, correttamente, una notte 'di' favola; una notte 'da' re, vale a dire una notte "regale", sarà una notte 'di' re; un ingorgo 'da' paura, un ingorgo, cioè, che fa, che mette paura sarà un ingorgo 'di' paura. Non tutti i linguisti, però, concordano. Voi, amici, seguite il vostro "istinto linguistico", se le nostre modeste noterelle non vi convincono. E sempre sul corretto uso della preposizione “da”, ricordiamo, e concludiamo, che va sostituita con la sorella “di” quando si parla di un ruolo svolto da qualcuno (ruolo di centravanti), di un posto che si occupa (posto di direttore generale) e quando si indica una divisa o un’uniforme (divisa di vigile urbano). In questi casi siamo in presenza di un normale complemento di specificazione che si introduce, appunto, con la preposizione “di”. Inutile aggiungere che la stampa... 



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