lunedì 1 dicembre 2025

Il gerundio, l’arte di fare scorrere le frasi

 

Il gerundio è uno dei sintagmi verbali più affascinanti e al tempo stesso più frainteso della nostra lingua. Spesso relegato a un uso marginale o addirittura stigmatizzato nelle scuole elementari, dove si insegnava che non andava mai posto all’inizio di una frase, esso merita invece di essere riscoperto nella sua ricchezza e nella sua funzione autentica. Il gerundio, infatti, non è un vezzo stilistico né un errore di costruzione: è una forma viva, utile e perfettamente legittima, che accompagna il discorso con sfumature di continuità, simultaneità e modalità.

La sua origine risale al latino gerundium, derivato dal verbo gerere (“portare, compiere”), e indicava un modo verbale usato per esprimere l’idea di un’azione in corso o necessaria. Nell’italiano contemporaneo il gerundio conserva questa impronta: è la forma verbale che, più di tutte, suggerisce un’azione che si svolge mentre un’altra avviene, oppure che ne specifica la modalità. È, insomma, il tempo della contemporaneità e della connessione.

Il significato del gerundio è chiaro: serve a legare due azioni senza bisogno di congiunzioni esplicite, creando un flusso naturale e scorrevole. Dire, per esempio, “camminando per la città, ho incontrato un vecchio amico” significa che l’incontro è avvenuto mentre si camminava, e la frase risulta compatta, elegante, priva di ridondanze. È proprio questa capacità di condensare e di rendere fluido il discorso che fa del gerundio uno strumento prezioso.

Il suddetto sintagma verbale (gerundio) si costruisce con la radice del verbo seguita dalla desinenza -ando (per i verbi della prima coniugazione) e -endo (per la seconda e la terza). Può essere semplice (“parlando”, “scrivendo”) o composto (“avendo detto”, “essendo partito”), e si adopera per esprimere:

  • la contemporaneità: Stava leggendo ascoltando la musica;

    la modalità: Ha risolto il problema pensando con calma;

    la causa o la condizione: Non avendo studiato, non superò l’esame.

È importante sottolineare, in proposito, che non esiste alcuna “legge grammaticale” che vieti/a di cominciare una frase con il gerundio. L’idea che fosse un errore nasce da un approccio scolastico semplificato, volto a evitare costruzioni complesse nei primi anni di apprendimento. In realtà, aprire una frase con il gerundio è non solo corretto, ma spesso efficace: “Passeggiando lungo il fiume, mi venne in mente una poesia” è una costruzione limpida e perfettamente legittima. 

Il gerundio, dunque, non è un intruso né un vezzo da evitare: è una forma che arricchisce la lingua, che permette di intrecciare le azioni e di rendere il discorso più naturale. Riscoprirlo significa liberarsi da vecchi pregiudizi scolastici e restituire al parlato e allo scritto una delle sue risorse più duttili e scorrevoli. In fondo, è proprio “adoperandolo” che se ne comprende la forza. 

 *** 

Mettersi in lista di calza… 

 ... vale a dire "indugiare", "prendere tempo", "rimandare continuamente" un compito, un lavoro o un pagamento.

L'espressione deriva dal mestiere dei calzettai (coloro che lavoravano a maglia le calze) e si riferiva all'atto di "mettere in lista" una commessa di lavoro (una calza da fare). Era un modo per far capire al cliente che c'era una lunga fila di lavori da eseguire prima del suo, indicando un'attesa lunga e indefinita.

Insomma, "mettersi in lista di calza" significava "mettersi in coda per molto tempo" o, in senso figurato, "tenere in sospeso": quel progetto è fermo da mesi; temo che il capo l'abbia messo in lista di calza.








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