venerdì 18 ottobre 2024

Scappare (e le sue "evoluzioni")

 


Il verbo "scappare" dal latino volgare ‘excapare’, composto con  il prefisso privativo "-s" (ex) e "cappa" (mantello), è un cosiddetto verbo (quasi) parasintetico (quasi, perché manca un suffisso) e quando è ‘nato’ significava, alla lettera, "togliersi il mantello", un gesto che si faceva per fuggire con maggiore rapidità, senza l’ingombrante cappa (mantello), per muoversi, quindi, più liberamente.

Con il trascorrere del tempo – come si sa – le parole possono evolversi cambiando di significato e il verbo scappare è una di queste. Vediamo le varie “evoluzioni”.

Fuggire - La più diretta e antica accezione, legata all'idea di togliersi la cappa per fuggire rapidamente da un pericolo o da una situazione sgradevole: scappiamo ché fra un po’ pioverà.

Essere fuori controllo - Con molta probabilità derivato dall'idea di qualcosa che sfugge alla presa, come un mantello che vola via col vento: la situazione ci sta scappando di mano.

Sfidare le aspettative - Adoperato in senso figurato per indicare qualcosa che accade inaspettatamente: nonostante fossi adirato mi è scappato un sorriso.

Fuggire dalla cattività – Accezione simile alla precedente: il detenuto è scappato dal carcere.

Morire – Quando una persona muore inaspettatamente o tragicamente: durante la manifestazione di protesta ci è scappato il morto.

Evitare - Proviene dall'idea di allontanarsi da ciò che è sgradevole o indesiderato: appena possibile scappo da quelle insopportabili riunioni.


(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)



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