lunedì 14 ottobre 2024

Il dativo etico

 


C'era una volta, in un regno lontano, Grammaticus, ai confini del mondo, un giovane principe, Leonardo. Questi era corteggiato da tutte le fanciulle del reame. Ma il principe le ignorava tanta era la sua curiosità e il desiderio di imparare. Un giorno, nella biblioteca del palazzo reale, trovò un vecchio libro di grammatica che trattava di un misterioso dativo, chiamato “etico". Affascinato, volle saperne di più su questo caso grammaticale.

Il giovane principe, dunque, corse dal suo saggio maestro, l’anziano professor Verbum. "Mio maestro, cosa significa dativo etico, cosa è, insomma?"

Il professore sorrise e rispose: "Ah, il dativo etico! È un caso speciale della nostra grammatica che esprime un coinvolgimento emotivo o personale. Si chiama 'etico' proprio perché aggiunge una sfumatura etica o affettiva alla proposizione, sottolineando l'impatto dell'azione su chi parla."

Leonardo si grattò la testa, ancora confuso. "Potrebbe, professore, farmi un esempio?"

"Certamente," rispose l’anziano docente. "Prendi la frase 'mi hai rotto il vaso'. Qui la particella pronominale 'mi' non si riferisce a chi compie l'azione, ma a chi è emotivamente colpito dall'azione stessa. Il dativo etico sottolinea, in questo caso, il fatto che chi parla prova un dispiacere per il vaso che si è rotto."

Il giovane principe, finalmente, capì. "Il dativo etico, quindi, è come un tocco magico che rende le nostre parole più ricche di emozioni e di significati?"

“Proprio così, Leonardo," rispose Verbum, "è un modo per rendere la nostra lingua più vivida e personale. Un altro esempio: 'Mi dormi tutto il giorno'. Qui il 'mi' non sta significare che la persona ‘dorme per me’, ma che io ne sono coinvolto emotivamente.”

Il principe accennò un sorriso. "È come dire, pertanto, 'mi guardi che meraviglia', esatto? Dove il 'mi' indica il mio piacere nel vedere qualcosa di meraviglioso."

"Esattamente," confermò il professore. "Il dativo etico ci permette di esprimere le nostre emozioni, i nostri sentimenti in modo sottile e raffinato. È un tesoro del nostro idioma che pochi conoscono veramente."

Con il trascorrere dei giorni, Leonardo cominciò a ‘vedere’ il dativo etico dappertutto. In una conversazione con la sorella, la principessa Elena, se ne uscì: "Mi racconti sempre delle storie affascinanti." La principessa sorrise, contenta che Leonardo apprezzava veramente le sue storie.

Leonardo volle approfondire ulteriormente il suo studio e chiese a Verbum: "Professore, ci sono altre lingue che utilizzano un concetto simile a quello che esprime il dativo etico?"

Il professore rifletté per un momento, poi rispose: "Sì, Leonardo, ci sono. Per esempio, in latino esisteva un uso simile del dativo per esprimere un coinvolgimento personale. Lo stesso avviene in alcune lingue moderne, come il greco e il russo, dove ci sono costruzioni grammaticali che permettono di esprimere sfumature affettive simili."

Il giovane principe era estasiato. “Il dativo etico, pertanto, è una sorta di finestra sui sentimenti delle persone tramite le parole?"

"Esatto," concluse il professor Verbum. "È un modo per connettersi con gli altri a un livello più profondo, mostrando quanto siamo interessati alle loro azioni e alle loro parole."

E così, il principe Leonardo apprese l'importanza del dativo etico e come adoperarlo per aggiungere un pizzico di “magia emotiva” alle sue parole. Di tanto in tanto il giovane rampollo tornava dal suo grande maestro, sempre desideroso di scoprire nuovi segreti della lingua, sapendo che ogni nuova scoperta avrebbe arricchito il suo modo di comunicare, e, quindi, di relazionarsi con gli altri.



(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)





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