Tutti sappiamo che la grafia dell’inglese non corrisponde alla
pronuncia, al punto che l’unica risposta sensata, a chi chiede come si legge
una data parola, è il consiglio di consultare un buon dizionario che riporti
anche la pronuncia. E ancora, con l’avvertenza che – naturalmente – il
dizionario dà la pronuncia della parola da sola, mentre nel corso del discorso
essa può essere influenzata da parecchi fattori, a cominciare dalla vicinanza
delle parole che la precedono o la seguono. Tanto da risultare diversa da come
la indicava il dizionario.
Per dimostrare che non si tratta di un concetto astruso, prendiamo un esempio nella nostra lingua, quella che ci è più familiare. L’articolo indeterminativo italiano “un”, che pare così inoffensivo. Il dizionario, se riporta la pronuncia, vi dirà che esso si legge come si scrive, “u” ed “n”. Ed è effettivamente vero che “un” si legge “un” se precede , per esempio, la parola “segno”: “unsegno”. Ma, se precede la parola, “pezzo” o “bimbo” diviene “um”, “umpezzo”, “umbimbo”. E non finisce qui: se la parola comincia con una gutturale, come in “gatto” o “cane”, “un” si legge qualcosa come “ung gatto”, “ung kane”. Del resto lo stesso avviene con la “i”. Tutti, studiando l’inglese, si chiedono come pronunciare la frequente finale “ing” (come in “king”) e non sanno che la usano quotidianamente in italiano. Se dicono “in casa” non pronunciano “inn kasa” ma qualcosa come “ing kasa”, e qui “in” ha lo stesso suono che si ha nell’inglese “ing”.
Si potrebbe continuare a lungo, ma basterà dire che la “z” sorda (o aspra) è praticamente sempre doppia. Insomma pronunciamo tutti “stazzione”, non “stazione”. Ed è giusto così. Ma già, nessuno nemmeno sa che la “z” di stazione non è una consonante, ma sono due: “ts”; anzi, nel caso di stazione, diciamo tre: “tts”. E lo stesso vale per la “c” di “cena” che risulta dalla combinazione di t+sc di “scena”. Il gruppo “gl” è praticamente sempre una doppia consonante, come se fosse non “gl”, ma “ggl”: “agglio “, “piggliare”.
Basta? Direi di sì. Segnalo soltanto la necessità del raddoppiamento sintattico, cioè di doppie consonanti che nessuno scrive e tutti leggono, per esempio dicendo “domani vado arRoma”, e non “domani vado aRoma”, che sarebbe un profumo.
Per favore, NON dite che l’italiano si legge come si scrive. Certo, la sua grafia è molto più fedele alla pronuncia dell’inglese ma, per cominciare, meno del francese, che sembra tanto più artificiale, e tuttavia fornisce al parlante più indicazioni di quante ne fornisca a noi la grafia dell’italiano.
Qualcuno ha gridato “Basta!”? Va bene, smetto.
Per dimostrare che non si tratta di un concetto astruso, prendiamo un esempio nella nostra lingua, quella che ci è più familiare. L’articolo indeterminativo italiano “un”, che pare così inoffensivo. Il dizionario, se riporta la pronuncia, vi dirà che esso si legge come si scrive, “u” ed “n”. Ed è effettivamente vero che “un” si legge “un” se precede , per esempio, la parola “segno”: “unsegno”. Ma, se precede la parola, “pezzo” o “bimbo” diviene “um”, “umpezzo”, “umbimbo”. E non finisce qui: se la parola comincia con una gutturale, come in “gatto” o “cane”, “un” si legge qualcosa come “ung gatto”, “ung kane”. Del resto lo stesso avviene con la “i”. Tutti, studiando l’inglese, si chiedono come pronunciare la frequente finale “ing” (come in “king”) e non sanno che la usano quotidianamente in italiano. Se dicono “in casa” non pronunciano “inn kasa” ma qualcosa come “ing kasa”, e qui “in” ha lo stesso suono che si ha nell’inglese “ing”.
Si potrebbe continuare a lungo, ma basterà dire che la “z” sorda (o aspra) è praticamente sempre doppia. Insomma pronunciamo tutti “stazzione”, non “stazione”. Ed è giusto così. Ma già, nessuno nemmeno sa che la “z” di stazione non è una consonante, ma sono due: “ts”; anzi, nel caso di stazione, diciamo tre: “tts”. E lo stesso vale per la “c” di “cena” che risulta dalla combinazione di t+sc di “scena”. Il gruppo “gl” è praticamente sempre una doppia consonante, come se fosse non “gl”, ma “ggl”: “agglio “, “piggliare”.
Basta? Direi di sì. Segnalo soltanto la necessità del raddoppiamento sintattico, cioè di doppie consonanti che nessuno scrive e tutti leggono, per esempio dicendo “domani vado arRoma”, e non “domani vado aRoma”, che sarebbe un profumo.
Per favore, NON dite che l’italiano si legge come si scrive. Certo, la sua grafia è molto più fedele alla pronuncia dell’inglese ma, per cominciare, meno del francese, che sembra tanto più artificiale, e tuttavia fornisce al parlante più indicazioni di quante ne fornisca a noi la grafia dell’italiano.
Qualcuno ha gridato “Basta!”? Va bene, smetto.
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La parola proposta da questo portale: ciofo. Sostantivo maschile che vale: uomo sciocco e balordo, ma anche uomo trasandato, sciatto. Per l' "origine etimologica" ci affidiamo a Ottorino Pianigiani anche se - come scritto altre volte - molti linguisti non lo ritengono fededegno.
13 commenti:
Affinché l'autore di questo scritto ("L'italiano si legge come si scrive?") esca dall'ovvietà delle sue constatazioni, avrebbe dovuto almeno approfondire l'argomento, trattando di fonetica e organi fonatori.
Sarebbe così cortese da spiegare qual è la ragione per cui diciamo "unpadre" anziché"un padre", come invece scriviamo?
Tanto per cominciare e lo stesso varrebbe (o varrà) per tutti gli altri esempi considerati.
Poldo
Caro linguista Poldo,
giro il suo commento all'Autore. Se lo riterrà opportuno le risponderà.
FR
Innanzitutto: il correttore automatico mi ha impedito di scrivere UMPADRE (pronuncia).
Poi: personalmente non ritengo necessario che l'autore mi risponda.
Concludo: a parlar di tutto un po' siam bravi tutti.
Poldo
Gentile linguista, prima lei scrive: Sarebbe così cortese da spiegare qual è la ragione per cui diciamo "unpadre" anziché"un padre", come invece scriviamo?; poi:personalmente non ritengo necessario che l'autore mi risponda. Bohh!!!
Chiedere è lecito e rispondere è un dovere. Altroché "se l'autore lo riterrà opportuno" e il suo "bohh"!
Poldo
Cortese linguista Poldo, io non ho, certamente, la sue competenze, ma credo che - in questo caso - altroché non è/sia appropriato.
FR
Ha detto bene, sig. Raso: lei non possiede le mie competenze.
Saluti
Il Linguista (se possiamo usare l'iniziale maiuscola per uno sconosciuto autore di sporadici e banali scritti linguistici, altroché...)
Caro Linguista doc (con la maiuscola),
le mie "competenze" mi dicono che "altro che" e "altroché" hanno significati distinti. Un linguista preparato come lei avrebbe dovuto scrivere altro che. Il mio intelletto ha male interpretato ciò che scrive l'autorevole Treccani?
FR
Cortese Linguista Poldo,
nel mio commento precedente ho dimenticato di chiederle se sarebbe disposto a inviarmi un suo "banale" scritto (la mia mail: albatr0s@libero,it) da pubblicare sul blog (firmato Poldo, naturalmente) affinché i lettori (e io) possano farsi un'idea delle sue competenze e apprendere i "segreti" della lingua italiana. Ci conterei.
L'incompetente (della lingua di Dante)
Pensa che io sia uno sprovveduto, sig. Raso?
I MIEI lettori non hanno bisogno di farsi un'idea delle mie competenze, poiché le conoscono bene, grazie alle mie numerose pubblicazioni e non grazie al suo blog.
Stando a quanto scrive qui, per lei la lingua italiana non ha segreti.
Per lei il Treccani è autorevole solamente quando conferma il suo punto di vista.
Il Linguista
Esimio LINGUISTA,
mi riferivo ai MIEI lettori, i suoi non hanno bisogno di conoscere le sue competenze perché le trasmette loro con il pensiero... Quanto ai "segreti" della lingua non ho la presunzione di conoscerli tutti. Per quanto riguarda il Treccani - per me - è sempre autorevole anche quando non conferma il mio punto di vista, e ciò avviene spesso. Gentile Linguista, insomma, abbia l'onestà intellettuale di riconoscere di aver "toppato" circa l'uso corretto di "altroché".
Concludo scusandomi per la mia ignoranza linguistica che - ovviamente - non è pari alla sua.
L'incompetente
Ungkane? Umbimbo? Mi stavo chiedendo se per caso lei confonde un dialetto locale con la lingua italiana. Nel mio corso di lingua italiana mi é stato insegnato a pronunciare -un Bimbo- -un pezzo- - un cane-. Forse ho imparato la pronuncia sbagliata?
luck red,
come ha visto, non sono io l'autore dell'articolo.
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