domenica 8 ottobre 2023

Sgroi - 158 - Una “rivoluzione” lessicografica?


di Salvatore Claudio Sgroi

 

1.   L’evento giornalistico


Il 5 ottobre su “la Repubblica” è apparsa (parzialmente leggibile per i non-abbonati)  un’intervista di Giovanni Audiffredi a Valeria Della Valle dal titolo decisamente abnorme: “Valeria Della Valle, la più grande linguista italiana”.

Certamente una brava storica della lingua, “in pensione dal 1° novembre 2014”, “professoressa associata di Linguistica italiana alla Sapienza Università di Roma fino alla data del pensionamento”, come si legge in un profilo (auto?)biografico in rete.

 

2.  “La femme avant tout”


L’articolista accenna al fatto che nel Dizionario Treccani del 2022 co-diretto con G. Patota la Della Valle “ha messo in atto una rivoluzione” in quanto ha lemmatizzato “aggettivi e sostantivi, prima al femminile e poi al maschile, in successione alfabetica”.

L’ordine tradizionale è spiegato “solo col prevalere storico della cultura maschile”.

 

2.1.        Qualche incoerenza


Premesso che non ho comprato, come avevo accennato in un precedente intervento, il Dizionario in questione, in una pagina cortesemente inviatami da un caro amico e collega ho potuto rilevare i seguenti lemmi nell’ordine “femm. + masch.” : “fibrosa, fibroso” “agg.”;  fica, fico” (“settentrionale figa, figo”) “agg. e n. f. n.m.”; “-fica, -fico” “Secondo elemento di parole in cui significa ‘che fa, che rende’”; “fichetta, fichetto” “ agg. e n.f., n.m.”; “fida, fido” “agg.; n.f., n.m.”; “-fida, -fido” “Secondo elemento di aggettivi nei quali significa ‘diviso’”; “fidanzata, fidanzato” “agg.”, “n.f., n.m.”; “fidata, fidato” “agg.”; “fideistica, fideistico” “agg.”; “fideiussoria, fideiussorio”  “agg.”

Ma una incoerenza è il lemma “masch.+ femm.” per via dell’ordine alfabetico: “-ficatore, -ficatrice”, “Secondo elemento di nomi derivati dai corrispondenti verbi in -ficare, di cui indicano l’agente: deumidificatore, pianificatrice”.

 

3.     Equivoco della teoria sessista della lingua


Quello che giornalisticamente viene presentata come “una rivoluzione” è invero il risultato di un equivoco teorico secondo cui il genere grammaticale maschile indicherebbe nei nomi animati il sesso maschile rispetto al genere femminile che farebbe riferimento al sesso femminile.

In realtà, il genere grammaticale sia per i nomi animati che per quelli non-animati ha la funzione, come abbiamo più volte ribadito, di garantire l’accordo grammaticale e di creare così coesione e coerenza ai fini della comprensione.

La coincidenza del genere grammaticale col sesso è solo casuale e convenzionale, e non è peraltro priva di contraddizioni, per es. il soprano sost. masch.  denotante una donna; i figli sost. masch. riferito a maschi e femmine; il serpente s.m. indicante il serpente-maschio e il serpente-femmina. E che dire degli 

                LGBTQI+ (= Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender, Queer, Intersessuali e affini)?

La eventuale “rivoluzione” lessicografica andrebbe caso mai ricercata altrove.





3 commenti:

Fabio Marri ha detto...

sottoscrivo. E dirò di più: mettere anche il femminile (e perché non il femminile plurale?) è una "rivoluzione" alla moda, ma soprattutto RISIBILE

falcone42 ha detto...

Come si fa a parlare di "rivoluzione"? Si tratta solo di moda, di "politicamente corretto". E, per definizione, il politicamente corretto non può essere rivoluzionario!

Teo ha detto...

Sottoscrivo. Purtroppo la "rivoluzione" lessicografica del Treccani monovolume consiste in qualcosa di molto peggiore: ossia nella sua riduzione a una sorta di vocabolario intermedio, adatto al massimo per gli studenti del biennio dei licei!
Il "nuovissimo" dizionario monovolume non solo non è minimamente comparabile a quello "antico in cinque volumi, ma è stato drasticamente e inspiegabilmente ridotto nel lemmario sia rispetto alle versioni precedenti in un solo volume, sia rispetto a dizionari monovolume di altri editori, come lo Zingarelli e il Devoto-Oli. L'impressione, datami dalla disposizione in due colonne (non più in tre) e dal numero delle pagine (poco più di 1000, contro le 2000 della versione precedente e le 2500 dello Zingarelli), è stata confermata da una ricerca un po' casuale che ho compiuto immediatamente, mirata sul lessico della filosofia: non ho cercato lemmi specialistici da dizionario di filosofia anziché da dizionario "generalista" della lingua italiana (come potrebbero essere abderitismo, eleuteronomia, emergentismo od ontoteologia). No, ho cercato alcuni vocaboli che sono presenti in TUTTI i manuali destinati ai licei, anche quelli meno esaustivi: aporia, apofantico, cognitivismo, intuizionismo, falsificazionismo, illocutivo, monema, olismo, pragmatismo (come corrente filosofica), proposizionale. Ebbene, TUTTI questi lemmi sono assenti (mentre Zanichelli, Garzanti e Devoto-Oli continuano a registrarli). Posso capire che, per esempio, di intuizionismo possa mancare il significato che ha in filosofia della matematica (in Brouwer e Weyl), ma come termine generico della filosofia della conoscenza dovrebbe essere registrato e definito: anche i manuali di letteratura italiana accennano invariabilmente all'«intuizionismo di Bergson», quando trattano del decadentismo. E ogni trattazione di filosofia antica parla delle aporie presenti nei dialoghi socratici di Platone.
Insomma, il Vocabolario sembra diventato un lessico per studenti di scuola media e per il biennio delle superiori. Mi viene a proposito in mente un esempio: il mio nipotino minorenne, curioso e avido di sapere, potrebbe andare a consultare il vocabolario perché vuole conoscere il significato di qualche termine un po' astruso che ha trovato per caso in qualche libro: se per esempio si imbatte nel termine "antimetabole" (una figura retorica simile al chiasmo) e aprendo il Treccani non lo trova, sicuramente la sua fiducia nell'autorevolezza del Vocabolario diminuirà e sul suo volto si disegnerà l'ombra della brutta sorpresa.
Una volta la Treccani pubblicava sostanzialmente tre opere lessicografiche: 1) Il Dizionario Enciclopedico Italiano (affiancato, per un certo periodo, dal Lessico Universale Italiano), che fondeva dizionario ed enciclopedia. 2) Il Vocabolario della lingua italiana (in cinque volumi, sostanzialmente la parte meramente lessicografica del precedente, diretto da Aldo Duro). 3) Il Conciso in un solo volume, poi divenuto il Treccani, diretto da Raffaele Simone, meno esaustivo di quello in cinque volumi, ma comunque di ampiezza notevole, equivalente grosso modo a quella di uno Zingarelli o di un Devoto-Oli.
Ora, non è che un'operazione del genere non sia lecita, ma, dato il prestigio della Treccani, avrebbero dovuto qualificarla come tale (ossia come la pubblicazione di un dizionario più "didattico"), affiancando a tale dizionario un lessico monovolume più corposo e ampio e ripubblicando in edizione aggiornata il vocabolario in cinque volumi.