in stazione Centrale:
decine
di persone
identificate
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Riproponiamo un nostro
vecchio intervento sull'uso corretto dei prefissi perché la stampa, come si può
vedere nel titolo, continua, "imperterrita", a scriverli o staccati
dalla parola che segue (il prefisso) o seguiti da un trattino. I prefissi,
tutti i prefissi, si scrivono uniti alla parola che segue.
Cortese Direttore del portale, la
prego di voler pubblicare questa lettera aperta indirizzata agli amanti del bel
parlare e del bello scrivere. Sono il Prefisso. Le mie origini sono nobili,
discendo, infatti, dal latino "praefixus" (messo prima), composto con
"prae" che significa 'innanzi' e "fixus", participio
passato di "figere" (fissare, attaccare). Letteralmente significo,
per tanto, "attaccato prima". In grammatica rappresento ciascuna di
quelle "paroline", solitamente avverbi o preposizioni, che si mettono
prima della radice di un'altra parola per modificarne il significato
fondamentale; sono, insomma, un elemento che si premette a determinati vocaboli
per formarne altri della stessa famiglia. Perché questa lettera? Perché non
sempre sono adoperato a dovere. Molto spesso, per non dire sempre, mi
"vedo" unito alla parola che segue con un trattino: filo-monarchico.
Se debbo essere attaccato alla parola, il trattino che senso ha? Quest'ultimo
(il trattino) va bene per le parole composte (o accoppiate): la guerra
arabo-israeliana. Per non parlare, poi, di "filo", termine greco che
significa "amico", "amante" e simili. La stampa, tutta, si
'diverte' a scrivere "filo-palestinese", "filo-arabo",
"filo-israeliano"e via dicendo. In questi casi "filo" è un
prefisso e in quanto tale si unisce alla parola senza quel ridicolo (e
grammaticalmente scorretto) trattino: filopalestinese. Nessuno, insomma, scrive
(finora, per lo meno) "filo-sofia","filo-logo",
"filo-antropo". Perché, dunque, le altre parole con "filo"
debbono essere storpiate? Mi risulta che alcuni giornalisti (ma non solo)
giustificano l'uso del trattino per non creare, se la parola che segue comincia
con vocale, una forma cacofonica. Ma mi facciano il piacere! Motivazione
pretestuosa in quanto in lingua esiste la cosí detta crasi (dal greco
"kràsis", mescolanza), vale a dire la fusione
("mescolanza") di due parole in una in modo che l'ultima vocale della
prima parola si unisca ("mescoli") alla prima dell'altra come, per
esempio, in "capufficio" in luogo di capoufficio,
"fuoruscita" invece di fuoriuscita. Si può dire benissimo,
quindi, "filarabo" invece di filoarabo, "filisraeliano" in
luogo di filoisraeliano, "filamericano" anziché filoamericano. Il
prefisso, insomma, è una parola semanticamente non autonoma e si unisce a
un'altra parola per rafforzarne o variarne il significato, non necessita, per
tanto, di quell'orribile trattino. Vi ringrazio di cuore dell'
attenzione di cui mi avete onorato, ringrazio altresí il Direttore per la sua
cortese ospitalità. Un saluto dal vostro amico Prefisso.
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Un interessante intervento di
Vittorio Coletti (Crusca) sull'articolo da usare con l'espressione "poco
di buono".
3 commenti:
Buon giorno,
non avevo mai pensato di poter far cadere la vocale (come in "filantropo") per parole "estemporanee" come filamericano: molto interessante.
Allora le pongo una domanda che m'arrovella da qualche tempo. A me dà un po' fastidio pronunciare, e ancor più scrivere, microonde; posso, da oggi, cominciare a dire e scrivere forno a micronde senza sentirmi in colpa?
Grazie mille
Gentile Monmartre,
io dico "micronde" da una vita. Anche se il termine non è cristallizzato nell'uso non vedo perché non si possa dire. Come è corretto "microrganismo" (composto con 'micro' e 'organismo') si deve ritenere altrettanto corretto micronde, che ha la medesima composizione di microrganismo.
Cordialmente
FR
Gentile Dr. Fausto Raso,
mi sono posto anch'io il dubbio su microonde o micronde, non trovando una spiegazione al mantenimento della doppia "o".
Non ho trovato in rete pareri attendibili al di fuori del Suo commento al presente articolo e di un riferimento nella rivista "Italiano digitale" dell'Accademia della Crusca, numero XI, 2019/4, che può trovare al seguente link.
https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&url=https://id.accademiadellacrusca.org/File/Download%3Fcode%3D836cb740-f69d-4e62-ba47-248d61c9e8b5&ved=2ahUKEwiZntOQ6-H6AhVECewKHXKlDSUQFnoECAgQAQ&usg=AOvVaw1oaeaW1OIJz4m81-jCbdDx
La invito a darci un'occhiata e poi, a piacer Suo, esprimere un parere. In un certo punto della rivista sopra riferita si cita, ripreso da altra fonte (non autorevole), il termine "micronde", non affrontando espressamente il dilemma se esso sia corretto o no, bensì commentando con un semplice "sic" tra parentesi quadre, che sembra voler implicitamente sottolineare l'anomalia del termine "micronde". Ne deduco che, nella pubblicazione suddetta (che fa capo, appunto, all'autorevole Accademia della Crusca), tale termine sia considerato scorretto.
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