mercoledì 15 gennaio 2020

Sgroi - 35 - Manualistica d'eccellenza: "L'italiano contemporaneo" di Paolo D'Achille


di Salvatore Claudio Sgroi *

  1. L'evento editoriale
Manuale pionieristico già nel 2003, riedito nel 2006 e nel 2010, senza contare varie ristampe, L'italiano contemporaneo di Paolo D'Achille appare ora aggiornato e ampliato anche nel formato in quarta edizione (il Mulino, pp. 280).

Un testo universitario di Linguistica italiana fruibile, in virtù della sua notevole leggibilità, per chiunque voglia, senza particolari conoscenze specialistiche, prendere consapevolezza dei problemi dell'italiano di oggi. Un manuale "d'eccellenza", che introduce il lettore alla conoscenza ordinata e sistematica della lingua italiana di oggi, ma in maniera critica, senza banalizzazioni o appiattimenti della problematica.

Destinato agli studenti universitari il manuale è anche corredato di circa 130 Esercizi di verifica con domande e risposte multiple e chiave degli esercizi alla fine del volume.

Una ricca bibliografia ragionata, pur selettiva (pp. 263-70), garantisce scientificamente il contenuto del volume e fornisce nel contempo indicazioni per ulteriori approfondimenti.

L'Indice analitico (pp. 273-79) dei tecnicismi, passibile di inevitabili integrazioni, rende il manuale anche un'opera di puntuale consultazione. Auspicabile resta l'indice, se non dei nomi propri, delle parole e degli esempi variamente discussi a fondamento delle nozioni teoriche della disciplina.

 2. Tematiche del manuale
Il vol. è articolato in 11 capp. Il cap. I su "La lingua italiana oggi" riguarda il problema della sua collocazione nel "repertorio verbale" o "linguistico" italiano rispetto agli altri idiomi ("dialetti primari" [p. 197] e parlate alloglotte) col supporto di una Carta linguistica. E quindi traccia una caratterizzazione tipologica dell'italiano, dell'italiano standard (letterario), con una presentazione della sua 'architettura' ovvero della sua variabilità, sul piano diamesico (scritto-parlato-trasmesso con l'e-italiano), diacronico, diatopico (italiani regionali o "dialetti secondari" [p. 197] vs italiano standard (letterario) e it. neostandard o medio), diastratici (italiano popolare), diafasico (registri formali/informali, sottocodici, linguaggio giovanile).

Il cap. II è dedicato alla "Onomastica", toponomastica e antroponomastica, tradizionalmente trascurata nella manualistica.

La parte centrale del vol. riguarda l'analisi relativa a: (cap. III) "Lessico", (IV) "Fonetica e Fonologia", (V) "Morfologia flessiva", (VI) "Morfologia lessicale" ovvero formazione delle parole, (VII) "Sintassi", (VIII) "Testualità".

Nei restanti capp. si ritorna alle varietà dell'italiano analizzandole sotto il profilo del canale di comunicazione: (cap. IX) "Le varietà parlate" (it. reg., it. neostandard, it. pop., it. dei giovani), (X) "Le varietà scritte" (it. letterario, prosa scientifica, saggistica, it. giuridico, burocratico, giornalistico, scritture esposte, it. delle canzoni, dei semicolti) e (XI) "Le varietà trasmesse" (mass media, telefono, pubblicità, internet, stampa on line, posta elettronica, chatlines, sms, messaggeria istantanea, social network).

 3. Approccio descrittivista, non puristico 
Da bravo storico della lingua (e linguista) D'Achille ben sa che "In generale, le innovazioni della nostra lingua non vanno valutate negativamente, anche perché il mutamento linguistico rientra nel normale divenire storico" (p. 255). L'approccio prevalentemente sincronico dell'analisi dell'italiano è perciò privo di tentazioni (neo)puristiche, presenti in altri storici della lingua.

Così per es. il piuttosto che col valore di 'oppure', dialettalismo di origine settentrionale (milanese), è ormai un 'ex-regionalismo' e indicato come tratto del "neostandard" (p. 202), per altri invece "ambiguo" e "improprio", ovvero non solo un «errore», ma «una stupidaggine», anzi un es. di «corruzione dell'italiano».

Descrittivista, si direbbe, anche riguardo all'uso nell'area meridionale (peraltro "non esclusivo") di verbi intrans. adoperati transitivamente come scendi il cane, esci la valigia (p. 204).

E ancora "i partitivi dei-degli-delle, ormai accettati anche dopo le preposizioni" (p. 112), per es. è uscito con dei compagni di classe, passava per delle strade, anche vado da degli amici, è stata assalita da dei rapinatori" (p. 112), con degli amici (p.33).

A livello fonologico l'assenza del segnaccento è individuata quale meccanismo della diffusione della pronuncia sdrucciola o piana di nomi stranieri etimologicamente tronchi, per es. Islam, mignon, Benetton, ecc. (p. 101).

 3.1. Usi stigmatizzati (it. pop.)
L'etichetta  "errori" (p. 228) è invece riservata all'"italiano popolare" (pp. 206-207, 227-30), marcato diastraticamente verso il basso (pp. 166-67), ovvero italiano "dei parlanti semicolti", per es. più migliore (p. 228), "forme improprie" vadi, stasse (p. 229), se saresti tu al mio posto, faresti la stessa cosa (ibid.); vadi, dasse dei "parlanti meno istruiti" (p. 126) ecc. Tra i "fattori diastratici" ci sono elementi detti 'marcatori' che sono propri solo delle fasce più basse" (p. 201). L'uso dell'ausiliare avere con i verbi pronominali per es. mi ho fatto un vestito nuovo è "marcato [...] come popolare" (p. 190). Nell'"italiano substandard e popolare" (p. 110) rientrano gli ess. un fans, un murales, gli euri, le dieci euro; "grafie come ciò, cianno, ciaveva ecc. non sono considerate accettabili (la prima, oltre tutto, coincide con quella del pronome ciò)" (p. 119).

Così nel caso della relativizzazione "nei registri più spontanei e informali, o nei livelli di lingua diastraticamente più bassi" (p. 166), per es. posso dirlo a Luigi che ci esco spesso insieme (ibid.), ovvero "relativizzazioni impossibili o difficili secondo il modello standard" (p. 167), es. Mario, che lui e suo figlio sono arrivati ieri sera, ci vorrebbe venire a trovare (ibid). O anche la donna che ho conosciuto suo marito l'anno scorso (p. 193) del parlato non standard.

Come "fenomeno esclusivamente parlato, specie popolare" (p. 191) è etichettata la "frase foderata" o "struttura a cornice" es. non ci sono più andato non ci sono.

Tra i "malapropismi" (p. 230) da segnalare discrezionalità 'discrezione' (p. 229), che invece nel linguaggio giuridico, documentato nel 1911, vale 'potere discrezionale' (De Mauro 2000).

A livello ortografico, "decisamente sanzionate come errori" sono le grafie stò, stà, fà, quà (p. 212); "e anche "; invero il sintagma (fonologicamente tronco) <un pò> rientra nel neo-standard, presente com'è presso scriventi colti.  "Viene spesso disattesa" si ricorda "Anche la regola scolastica che considera errore l'apostrofo" (p. 213) in qual'è (invero elisione e non apocope, dell'italiano neo-standard, nessuno dicendo "*di qual ragazza parli?", e peraltro in uso presso scriventi colti).

 3.1.1. Italiano popolare in regresso?
Rispetto ad "alcuni [che] considerano ormai una varietà quasi 'residuale' nell'attuale repertorio linguistico italiano" l'italiano dei semicolti, D'Achille puntualizza che "a nostro parere è meno raro di quanto si pensi" (p. 228) e "infatti ha raggiunto àmbiti nuovi quali la posta elettronica, i social e soprattutto la messaggistica sui cellulari" (ibid.), riprendendo il precedente cenno alla "recente emersione di questa varietà ["delle fasce meno istruite della popolazione", "italiano dei semicolti"] nel trasmesso" (p. 206).

 Rispetto a chi ottimisticamente sostiene che "l'italiano popolare è ormai uscito dal repertorio italiano" (p. 230), ribadisce opportunamente che "l'assenza di testi contemporanei in italiano popolare potrebbe essere solo apparente: anzitutto negli ultimi decenni, infatti, i semicolti sono divenuti sempre più spesso produttori di testi di tipo burocratico-amministrativo (con conseguenze facilmente immaginabili sul piano della chiarezza e della coerenza dei testi redatti); inoltre, la loro presenza è stata colta (...) perfino nelle nuove forme di scrittura in rete" (p. 230).

 3.2. Punteggiatura
Quanto alla punteggiatura (p. 181), si ricorda l'uso della virgola "tematica", dopo un soggetto "pesante" o "espanso", prescritta a scuola, ma che "non è affatto rara", es. Le circostanze che abbiamo ricordato già in tante occasioni<,> ci inducono alla prudenza. Non si accenna invece alla stessa virgola tematica con soggetti 'leggeri', per es. la carta, brucia; il professore, spiegò con molta chiarezza senza mai fermarsi (che altri giudicano "grammaticalmente non corretta").

 3.3. "Prestiti" o "forestierismi", "angli(ci)smi" e calchi
Quanto ai "prestiti" o "forestierismi" (pp. 61, 66, 70-75, 146, 110) o "parole straniere" (pp. 62, 92, 205), o "esotismi" (pp. 70,73) o stranierismi, o doni stranieri, in particolare degli "angli(ci)smi" (p. 73) o "anglismi" (pp. 62, 74), nonché "calchi" di diverso tipo (p. 71), p.e. giovane ragazza (< ingl. young girl (p. 224), D'Achille sottolinea che essi sono dovuti al "prestigio" (pp. 61,74) e alla "superiorità" ed "egemonia" dell'angloamericano in campi diversi come lo sport, l'economia ecc.

E fa presente che la distinzione tradizionale, ─ logicistica ─, tra "prestiti di necessità e prestiti di lusso [...] non si regge dal punto di vista scientifico" (p. 61), anche perché "le parole straniere possono avere connotazioni diverse dalle corrispondenti voci italiane", così gay vs omosessuale (ibid.), news vs notizie (p. 74). Senza dire dei termini adottati da "i palazzi della politica", come stepchild adoption 'adozione del figlio del partner', care giver 'familiari assistenti', ecc. Alcuni stranierismi sono entrati peraltro, ─ ricorda ancora D'Achille (p. 63) con De Mauro 2014 ─, nel vocabolario di base dell'italiano (hobby, slogan, chat, spot, ok, okay, sexy, web, internet, cliccare, euro).

Epperò l'A. sottolinea anche che non è "affatto impossibile tradurre le parole inglesi" (p. 75), come "è stato dimostrato" da Giovanardi-Gualdo-Coco 20031, 20082. E, pur facendo egli parte del gruppo "Incipit", sensibile agli "anglismi incipienti" (p. 75) da sostituire (invero logicisticamente) "con parole o locuzioni più comprensibili e chiare" (ibid.), per es. hot spot 'centro di identificazione', smart working 'lavoro agile', non può non constatare che "le proposte avanzate solo raramente sono state accolte" (ibid.).

L'A. accenna anche al problema della sostituzione in blocco dell'italiano con l'inglese lingua internazionale: "Nel caso delle scienze 'dure' [...] bisogna invece rilevare come l'italiano sia oggi notevolmente insidiato dall'inglese, che è divenuto la lingua della comunicazione scientifica internazionale e che in certi settori sostituisce ormai largamente l'italiano nelle riviste scientifiche" (p. 221).

 3.4. Debolezze neopuristiche?
Qualche debolezza  neo-puristica affiora qua e là, per es. l'A. parla di "calchi passivi", nel caso di argomento invece di ragionamento, suggestione per suggerimento, evidenza per prova, non rari in [...] tipi di testo" propri delle 'scienze dure' (p. 221). Mentre l'aziendalese è "infarcito di anglismi" (p. 223).

Tra gli "errori" dell'it. pop. è inclusa l'accentazione persuàdere (p. 228), "ma pronuncia peraltro ─ egli riconosce ─ in estensione anche presso parlanti colti" (ibid.).

La pronuncia della parola macedonia Wikipedia "dovrebbe essere [vikipe'dia], [cioè pentasillabica] anche se oggi prevale quella inglese [wiki'pi:dja]" quadrisillabica (p. 245), ed è diffusa pure la pronuncia quadrisillabica più ortografica: [wiki'pe:dja] e [viki'pe:dja].

A proposito dei suffissati in "-ietà" (p. 136), si legge che il suffisso "si individua in esempi come complementarietà, interdisciplinarietà, che si sentono e si leggono spesso invece dei corretti complementarità, interdisciplinarità" (p. 136). Tali forme sono però documentate già alla fine '800 e all'inizio del '900 (1883 e 1929), e si tratta soprattutto di usi attestati in testi e scriventi colti.

Al "parlato substandard" (p. 189), e quindi normativamente errate, D'Achille riserva anche  forme analogiche quali intervenì 'intervenne' e soddisfava 'soddisfaceva', in cui il verbo non è più percepito come composto (inter-venire; soddis-fare) ma come semplice (interven-ire, soddisf-are); anche qui si tratta di forme invero attestate in testi e presso parlanti colti. Ma sono giudicate anche forme "indicative di nuove linee di tendenza" (p. 122) gli stessi ess. interven-ì, 'inter-venne', interven-irono 'inter-vennero', insieme con bened-iva 'bene-diceva' ("preferibile"), esig-ito 'esatto' (p. 123) e il retroformato redarre 'redigere' (ibid.).

 4. Il Congiuntivo 
D'Achille è lontano dalla fanta-grammatica del congiuntivo dipendente inteso come modalità o modo del dubbio, incertezza, un pregiudizio ancora duro a morire (pp. 124, 126, 164, 190, 215).

In più luoghi fa presente che "è il modo tipico delle frasi dipendenti, completive (voglio che tu ci venga, vorrei che tu venissi, credo sia vero), interrogative indirette (gli domandò se avesse freddo), relative limitative (cerco qualcuno che mi capisca), o introdotte da congiunzioni che selezionano appunto il congiuntivo, con valore concessivo, ipotetico, ecc." (p. 124).

Il congiuntivo "esprime dubbio o incertezza" (ibid.) solo nelle principali: venga!, entrino pure, non sia mai, volesse il cielo, magari fosse vero; "in grande espansione anche la sostituzione, di origine meridionale, del presente congiuntivo con l'imperfetto [...] in esortazioni, [...] (venisse pure!; partisse, una buona volta!; lo dicessero, se non vogliono venire) (p. 126).

Sotto il profilo normativo D'Achille osserva descrittivamente che "Il congiuntivo [...] tende a cedere il campo all'indicativo [...] nelle dipendenti completive e nelle interrogative indirette (penso che viene o verrà piuttosto che penso che venga; non sapevo chi era invece di non sapevo chi fosse) e nel periodo ipotetico ([...] se venivi ti divertivi)" (p. 190; e p. 125), se sapevo che l'esame era difficile studiavo di piú (p.33).

"Il congiuntivo ─ ribadisce più avanti sempre descrittivamente ─ è normalmente usato in molte frasi dipendenti e resiste anche nelle completive (penso che i fatti si siano svolti in questo modo), nelle interrogative indirette (non sapeva chi fosse arrivato), nelle relative limitative (cerco un collaboratore che conosca bene la situazione)" (p. 215).

E ancora specificando i contesti d'uso: "almeno in dipendenza dei verbi di opinione, nelle interrogative indirette e nelle relative restrittive, il congiuntivo cede sempre più spesso (soprattutto nel parlato, e specie nelle varietà regionali centromeridionali) il campo all'indicativo" (p. 126).

"Il congiuntivo ─ aggiunge D'Achille ─ è però ancora usato, nelle frasi subordinate, nel parlato sorvegliato" (p. 190); ovvero "il congiuntivo [...] è considerato il modo tipico della subordinazione, il cui uso è proprio dello stile accurato" (p. 164).

La sostituzione morfologica del congiuntivo con l'indicativo - precisa ancora - è stata determinata da "elementi di debolezza" strutturale (p. 126), cioè dalla scarsa "identità morfologica" delle diverse desinenze del cong. combinata con la scarsa "salienza fonologica" legata a una sola vocale (p.e. am-i-no; tem-a-no, veng-a-no).

 5. Regola d'adiacenza
Tra i fenomeni della "sintassi del parlato" D'Achille ricorda  "mancati accordi di genere [...] spesso dovuti all'attrazione di elementi frasali interposti (l'importanza dell'argomento è stato adeguatamente sottolineato" (p. 192). "Fra i tratti sintattici tipici del parlato televisivo si segnala la frequenza delle concordanze improprie come una parte del territorio è stato evacuato" (p.239). A voler definire tale Regola in positivo si potrebbe dire che si tratta di una "Regola-2 di adiacenza" sintagmatica, opposta alla "Regola-1" paradigmatica dell'accordo proprio dell'italiano standard.

 6. Fonologia vs ortografia
Dal manuale il lettore apprende che nell'articolazione fonologica della sillaba il fonema /s/ preconsonantico chiude la sillaba e non apre la sillaba successiva, così cos-ta, pris-ma (p. 96) "a dispetto dell'ortografia, che prescrive nell'andata a capo di dividere co-sta)" (ibid.). Il che consente di capire che l'errore grafico degli studenti si spiega con la interiorizzazione inconscia della [Regola-1] fonologica opposta alla [Regola-2] artificiale dell'ortografia, valida peraltro nell'ortografia italiana, ma non in quella inglese o francese.

 7. Uso meridionale? No, settentrionale, anzi pan-italiano
Con riferimento all'oggetto (o accusativo) preposizionale animato, tipico dell'italiano regionale e popolare meridionale (pp. 19, 191, 192, 229), D'Achille cita tra l'altro l'es. ricordati di chiamare a mamma (p. 192).

Invece in non guardare [in faccia a] nessuno (ibid.), diffuso anche in altre regioni, l'accusativo preposizionale è solo apparente, nessuno dipendendo dalla locuzione preposizionale in faccia a, come dimostra la variante invece regionalistica e marcata non guardare [a nessuno] in faccia.

Pan-italiano è altresì il costrutto con l'oggetto preposizionale in prima posizione, es. a lui, non l'ho visto! (p. 192), a me, non mi convince (ibid.), "interpretabile come 'quanto a me' non mi convince'" che D'Achille considera "proprio del neostandard" (ibid.), mentre il logicistico me non mi convince se non assente è decisamente letterario, così in Pirandello e in Verga. Lo Zingarelli 2020 sub me riporta l'es. "(enfat.) rafforz. di 'mi': Ma me non mi mangerete, no! (G. Verga [I Malavoglia 1881])". Frasi come Luigi non l'hai convinto vs a Luigi non l'hai convinto (p.192) entrambe ess. di dislocazione a sinistra dell'oggetto nominale mediante ripresa clitica, sono interpretabili la prima con oggetto nominale dislocato semplicemente tematizzato, la seconda invece con oggetto nominale dislocato enfatizzato, in quanto parafrasabile con 'Quanto a Luigi, non l'hai convinto'.

 8. "Eccezioni" teoriche?
Ogni teoria comporta inevitabilmente delle "eccezioni" interpretabili come problemi che la stessa teoria deve ancora risolvere, a non dover ricorrere a una diversa teoria per la loro soluzione. Ma "l'eccezione" può essere anche solo "apparente" se risolvibile in realtà all'interno della stessa teoria, che conserva quindi la sua validità.

Riguardo alla regola della Prefissazione" (pp. 138-39) secondo cui il prefisso non può determinare "un mutamento di parte del discorso rispetto alla base" (p. 138), D'Achille ricorda d'accordo con la vulgata che "l'unica eccezione è costituita da anti- 'contro', che premesso a nomi può formare aggettivi: squadra antidroga, maniglioni antipanico" (ibid.), antirughe (ibid.), test antidoping (p. 67), o fari antinebbia, ecc. L'eccezione costituisce invero sempre un 'tallone d'Achille' per una teoria, ma può essere superata interpretando con più coerenza il fenomeno, ovvero se anti- anziché prefisso è interpretato come "confisso" (p. 138) cioè "elemento formativo di origine greca" (p. 53) o anche "latina" (p. 131) ovvero "element[o] delle lingue classiche" (p. 142), che dà a luogo a "composti" esocentrici (p. 139), cioè senza testa, e "anti-droga" non è certamente 'una droga'. Al pari di sottotitolo (p. 142), che non è un titolo ma si oppone al titolo, così in un giornale il sottotitolo di un articolo non è il 'titolo' dell'articolo ma sta sotto il titolo dell'articolo.

D'Achille sottolinea altresì che prefissi e suffissi "costituiscono morfemi legati e non parole autonome" (p. 131) e poi che "mentre i suffissi non sono mai autonomi, taluni prefissi sono divenuti aggettivi o anche nomi (super, ex)" (p. 138). Anche qui l'eccezione dell'autonomia dei prefissi è solo apparente, perché ex s.m./f. è in realtà "abbreviazione" o "accorciamento" (p. 146) del prefissato ex-[marito/moglie], ex-[ragazzo]'. E analogamente super s.f. è abbreviazione di 'super[benzina]'. Così come auto s.f. non è un  confisso diventato s.f. ma accorciamento "da auto(mobile)" (pp. 143, 146), e analogamente auto s.m. "da auto(bus)".

Ancora: "diversamente da molti suffissi, ─ si legge ─ i prefissi si possono normalmente anteporre a parole appartenenti a parti del discorso diverse. Esistono però alcune eccezioni: per esempio il prefisso negativo s- si aggiunge ad aggettivi e a verbi (inizianti per consonante [...] s-contento, s-gelare, s-caricare) ma non a nomi" (p. 138). Anche in questo caso l'eccezione è presunta, c'è per es. s/conoscenza (nel De Mauro 2000 e in Zingarelli 2020).

A livello fonologico, "sono lunghe le vocali toniche in sillaba aperta" (p. 98), per es. /'a:mo/, /'ka:ne/, ma sono brevi le "vocali accentate finali di parola" cioè in sillaba aperta nelle parole tronche es. /per'ke/; il che sembrerebbe una eccezione. E sono ancora "brevi quelle toniche in sillaba chiusa" es. /'kar.ne/, /'kan.ne/ e "tutte le vocali atone" (p. 98). L'eccezione delle tronche brevi è solo apparente. In realtà, le parole tronche determinano il raddoppiamento fonosintattico, es. /per'kep.'parti?/ perché parti?, sicché con le parole tronche va ipotizzata la presenza di una consonante finale silente (più che una tendenza "naturale" p. 94) che si realizza assimilandosi alla consonante della parola successiva, chiudendo la sillaba pertanto con vocale breve: "perchéC + parte" [per'kep-'parte], sillaba tonica chiusa come in /'kar.ne/.

 9. Tipologia delle dipendenti
Sul modello tradizionale che distingue la principale "autonoma" (p. 163) dalla macroclasse delle "dipendenti" o "secondarie" o " subordinate" (ibid.), D'Achille inserisce il modello triadico più moderno distinguendo la principale "autonoma" (ibid.) rispetto alla dipendente con ess. di finale (con per + inf.), di causale (con siccome) e di relativa (con che), ─ dalla principale non autonoma se reggente "certe subordinate dette 'completive', la cui soppressione renderebbe la frase reggente priva di senso compiuto" (p. 164), con esempi di una interrog. indiretta (es. Giuseppe non sa se parteciperà al concorso) e di una oggettiva. (es. gli esperti non prevedevano che la situazione sarebbe diventata così critica).

Le "dipendenti" alla fine terminologicamente si distinguono in (i) "completive" (i.e. (s)oggettive e interr. indirette), o  "argomentali", (ii) "relative" di tipo limitativo/restrittivo (non eliminabili) senza virgola ed 'esplicative/appositive' (eliminabili), precedute dalla virgola (pp. 165-67, 181) e (iii) "circostanziali" o "avverbiali", il cui termine è tralasciato, per es. le gerundiali (p. 164), ecc.

 10. Dialettalismi: da "regionalismi" a ex-regionalismi e voci pan-italiane. E Regionalismi non dialettalismi
L'italiano regionale è l'italiano che risente dei dialetti a cui "si è sovrapposto, soprattutto sul piano fonetico e su quello lessicale" (p. 31).

"I dialettismi passano alla lingua per lo più attraverso l'importante mediazione delle varietà regionali, ─ sottolinea D'Achille ─ che quindi tendono ad adattarli al sistema fonosimbolico (e grafico) dell'italiano che non sono immediatamente riconoscibili dal punto di vista formale" (p. 76; cfr. anche pp. 66, 200). Così dialett(al)ismi o voci di origine dialettale quali pizza (p. 75), grissini, cassata, mafia (p. 76) o anche pagare il pizzo, si diffondono a livello pan-italiano perdendo la loro connotazione di regionalismi e diventando di fatto ex-regionalismi.

Ma non mancano peraltro neppure regionalismi che non sono dialettalismi perché non risalgono al sottostante dialetto, per es. sconoscere 'ignorare', riassuntare 'riassumere', stranizzare 'restare meravigliato', stranizzarsi 'meravigliarsi': regionalismi siciliani, non riconducibili al dialetto siciliano.

 11. Per concludere
Il lettore si trova insomma dinanzi un testo che gli consentirà non solo di acquisire conoscenze nuove sulla grammatica e gli usi dell'italiano contemporaneo (p.e. verbi intransitivi in inergativi e inaccusativi pp. 121, 154, oppure: soggetto/predicato; tema/rema; dato/nuovo p. 153-55) , ma anche di aggiornare e verificare le proprie conoscenze metalinguistiche, mettendo a confronto la propria competenza linguistica e metalinguistica, scolastica o meno, con un patrimonio di conoscenze scientifiche rilevante, peraltro non definitivo e in continua evoluzione.

 Sommario
   1. L'evento editoriale 
            2. Tematiche del manuale
     3. Approccio descrittivista, non puristico (piuttosto che, scendi il cane, esci la valigia, con dei compagni, Islam, mignon, Benetton)
          3.1. Usi stigmatizzati (it. pop.)  
       3.1.1. Italiano popolare in regresso?
      3.2. Punteggiatura
      3.3. "Prestiti" o "forestierismi", "angli(ci)smi" e calchi
             3.4. Debolezze neopuristiche?
       4. Il congiuntivo
       5. Regola d'adiacenza
       6. Fonologia vs ortografia
       7. Uso meridionale? No, settentrionale, anzi pan-italiano (non guardare [in faccia a] nessuno, a lui, non l'ho visto!
       8. "Eccezioni" teoriche? (anti-: prefisso o confisso?; sottotitolo; super, ex; s/conoscenza vs conoscenza; /per'ke/
       9. Tipologia delle dipendenti
      10. Dialettalismi: da "regionalismi" a ex-regionalismi e voci pan-italiane. E Regionalismi non dialettalismi
      11. Per concludere





* Docente di linguistica generale presso l'Università di Catania  






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