di Salvatore Claudio Sgroi *
1. L'evento
editoriale
Manuale
pionieristico già nel 2003, riedito nel 2006 e nel 2010, senza contare varie
ristampe, L'italiano contemporaneo di
Paolo D'Achille appare ora aggiornato e ampliato anche nel formato in quarta
edizione (il Mulino, pp. 280).
Un
testo universitario di Linguistica italiana fruibile, in virtù della sua
notevole leggibilità, per chiunque voglia, senza particolari conoscenze
specialistiche, prendere consapevolezza dei problemi dell'italiano di oggi. Un
manuale "d'eccellenza", che introduce il lettore alla conoscenza ordinata
e sistematica della lingua italiana di oggi, ma in maniera critica, senza
banalizzazioni o appiattimenti della problematica.
Destinato
agli studenti universitari il manuale è anche corredato di circa 130 Esercizi di verifica
con domande e risposte multiple e chiave degli esercizi alla fine del volume.
Una
ricca bibliografia ragionata, pur selettiva (pp. 263-70), garantisce
scientificamente il contenuto del volume e fornisce nel contempo indicazioni
per ulteriori approfondimenti.
L'Indice
analitico (pp. 273-79) dei tecnicismi, passibile di inevitabili integrazioni,
rende il manuale anche un'opera di puntuale consultazione. Auspicabile resta l'indice,
se non dei nomi propri, delle parole e degli esempi variamente discussi a
fondamento delle nozioni teoriche della disciplina.
2. Tematiche del
manuale
Il
vol. è articolato in 11 capp. Il cap. I su "La lingua italiana oggi" riguarda
il problema della sua collocazione nel "repertorio verbale" o
"linguistico" italiano rispetto agli altri idiomi ("dialetti primari"
[p. 197] e parlate alloglotte) col supporto di una Carta linguistica. E quindi
traccia una caratterizzazione tipologica dell'italiano, dell'italiano standard
(letterario), con una presentazione della sua 'architettura' ovvero della sua
variabilità, sul piano diamesico (scritto-parlato-trasmesso con l'e-italiano), diacronico, diatopico
(italiani regionali o "dialetti secondari" [p. 197] vs italiano standard (letterario) e it.
neostandard o medio), diastratici (italiano popolare), diafasico (registri
formali/informali, sottocodici, linguaggio giovanile).
Il
cap. II è dedicato alla "Onomastica", toponomastica e
antroponomastica, tradizionalmente trascurata nella manualistica.
La
parte centrale del vol. riguarda l'analisi relativa a: (cap. III)
"Lessico", (IV) "Fonetica e Fonologia", (V) "Morfologia
flessiva", (VI) "Morfologia lessicale" ovvero formazione delle
parole, (VII) "Sintassi", (VIII) "Testualità".
Nei
restanti capp. si ritorna alle varietà dell'italiano analizzandole sotto il
profilo del canale di comunicazione: (cap. IX) "Le varietà parlate"
(it. reg., it. neostandard, it. pop., it. dei giovani), (X) "Le varietà
scritte" (it. letterario, prosa scientifica, saggistica, it. giuridico,
burocratico, giornalistico, scritture esposte, it. delle canzoni, dei semicolti) e (XI)
"Le varietà trasmesse" (mass media, telefono, pubblicità, internet,
stampa on line, posta elettronica, chatlines, sms, messaggeria istantanea,
social network).
3. Approccio
descrittivista, non puristico
Da
bravo storico della lingua (e linguista) D'Achille ben sa che "In generale, le
innovazioni della nostra lingua non vanno valutate negativamente, anche perché
il mutamento linguistico rientra nel normale divenire storico" (p. 255). L'approccio
prevalentemente sincronico dell'analisi dell'italiano è perciò privo di
tentazioni (neo)puristiche, presenti in altri storici della lingua.
Così
per es. il piuttosto che col valore di 'oppure', dialettalismo di origine
settentrionale (milanese), è ormai un 'ex-regionalismo' e indicato come tratto
del "neostandard" (p. 202), per altri invece "ambiguo" e
"improprio", ovvero non solo un «errore», ma «una stupidaggine», anzi un es. di «corruzione
dell'italiano».
Descrittivista,
si direbbe, anche riguardo all'uso nell'area meridionale (peraltro "non
esclusivo") di verbi intrans. adoperati transitivamente come scendi
il cane, esci la valigia (p.
204).
E
ancora "i partitivi dei-degli-delle,
ormai accettati anche dopo le preposizioni" (p. 112), per es. è uscito con dei compagni di classe, passava
per delle strade, anche vado da
degli amici, è stata assalita da dei rapinatori" (p. 112), con degli amici (p.33).
A
livello fonologico l'assenza del segnaccento è individuata quale meccanismo
della diffusione della pronuncia sdrucciola o piana di nomi stranieri etimologicamente
tronchi, per es. Islam, mignon, Benetton, ecc. (p. 101).
3.1. Usi
stigmatizzati (it. pop.)
L'etichetta "errori" (p. 228) è invece
riservata all'"italiano popolare" (pp. 206-207, 227-30), marcato
diastraticamente verso il basso (pp. 166-67), ovvero italiano "dei
parlanti semicolti", per es. più
migliore (p. 228), "forme improprie" vadi, stasse (p. 229), se saresti tu al mio posto, faresti la stessa
cosa (ibid.); vadi, dasse dei "parlanti meno
istruiti" (p. 126) ecc. Tra i "fattori diastratici" ci sono
elementi detti 'marcatori' che sono propri solo delle fasce più basse" (p.
201). L'uso dell'ausiliare avere con
i verbi pronominali per es. mi ho fatto
un vestito nuovo è "marcato [...] come popolare" (p. 190). Nell'"italiano
substandard e popolare" (p. 110) rientrano gli ess. un fans, un murales, gli euri, le dieci euro; "grafie come ciò, cianno, ciaveva ecc. non sono
considerate accettabili (la prima, oltre tutto, coincide con quella del pronome
ciò)" (p. 119).
Così
nel caso della relativizzazione "nei registri più spontanei e informali, o
nei livelli di lingua diastraticamente più bassi" (p. 166), per es. posso dirlo a Luigi che ci esco spesso
insieme (ibid.), ovvero
"relativizzazioni impossibili o difficili secondo il modello
standard" (p. 167), es. Mario, che
lui e suo figlio sono arrivati ieri sera, ci vorrebbe venire a trovare (ibid). O anche la donna che ho conosciuto suo marito l'anno scorso (p. 193) del
parlato non standard.
Come
"fenomeno esclusivamente parlato, specie popolare" (p. 191) è
etichettata la "frase foderata" o "struttura a cornice" es.
non ci sono più andato non ci sono.
Tra
i "malapropismi" (p. 230) da segnalare discrezionalità 'discrezione' (p. 229), che invece nel linguaggio
giuridico, documentato nel 1911, vale 'potere discrezionale' (De Mauro 2000).
A
livello ortografico, "decisamente sanzionate come errori" sono le
grafie stò, stà, fà, quà (p. 212);
"e anche pò"; invero il
sintagma (fonologicamente tronco) <un
pò> rientra nel neo-standard, presente com'è presso scriventi colti. "Viene spesso disattesa" si ricorda "Anche
la regola scolastica che considera errore l'apostrofo" (p. 213) in qual'è (invero elisione e non apocope, dell'italiano
neo-standard, nessuno dicendo "*di
qual ragazza parli?", e peraltro in uso presso scriventi colti).
3.1.1. Italiano
popolare in regresso?
Rispetto
ad "alcuni [che] considerano ormai una varietà quasi 'residuale'
nell'attuale repertorio linguistico italiano" l'italiano dei semicolti, D'Achille
puntualizza che "a nostro parere è meno raro di quanto si pensi" (p.
228) e "infatti ha raggiunto àmbiti nuovi quali la posta elettronica, i
social e soprattutto la messaggistica sui cellulari" (ibid.), riprendendo il precedente cenno alla "recente
emersione di questa varietà ["delle fasce meno istruite della
popolazione", "italiano dei semicolti"] nel trasmesso" (p.
206).
Rispetto a chi ottimisticamente sostiene che
"l'italiano popolare è ormai uscito dal repertorio italiano" (p.
230), ribadisce opportunamente che "l'assenza di testi contemporanei in
italiano popolare potrebbe essere solo apparente: anzitutto negli ultimi
decenni, infatti, i semicolti sono divenuti sempre più spesso produttori di
testi di tipo burocratico-amministrativo (con conseguenze facilmente
immaginabili sul piano della chiarezza e della coerenza dei testi redatti);
inoltre, la loro presenza è stata colta (...) perfino nelle nuove forme di
scrittura in rete" (p. 230).
3.2. Punteggiatura
Quanto
alla punteggiatura (p. 181), si ricorda l'uso della virgola
"tematica", dopo un soggetto "pesante" o
"espanso", prescritta a scuola, ma che "non è affatto
rara", es. Le circostanze che
abbiamo ricordato già in tante occasioni<,> ci inducono alla prudenza.
Non si accenna invece alla stessa virgola tematica con soggetti 'leggeri', per
es. la carta, brucia; il professore, spiegò con molta chiarezza
senza mai fermarsi (che altri giudicano "grammaticalmente non
corretta").
3.3.
"Prestiti" o "forestierismi", "angli(ci)smi" e
calchi
Quanto
ai "prestiti" o "forestierismi" (pp. 61, 66, 70-75, 146,
110) o "parole straniere" (pp. 62, 92, 205), o "esotismi"
(pp. 70,73) o stranierismi, o doni stranieri, in particolare degli "angli(ci)smi"
(p. 73) o "anglismi" (pp. 62, 74), nonché "calchi" di
diverso tipo (p. 71), p.e. giovane
ragazza (< ingl. young girl
(p. 224), D'Achille sottolinea che essi sono dovuti al "prestigio" (pp.
61,74) e alla "superiorità" ed "egemonia" dell'angloamericano
in campi diversi come lo sport, l'economia ecc.
E
fa presente che la distinzione tradizionale, ─ logicistica ─, tra
"prestiti di necessità e
prestiti di lusso [...] non si regge
dal punto di vista scientifico" (p. 61), anche perché "le parole
straniere possono avere connotazioni diverse dalle corrispondenti voci
italiane", così gay vs omosessuale (ibid.), news vs notizie (p. 74). Senza dire dei termini adottati da "i palazzi
della politica", come stepchild
adoption 'adozione del figlio del partner', care giver 'familiari assistenti', ecc. Alcuni stranierismi sono entrati
peraltro, ─ ricorda ancora D'Achille (p. 63) con De Mauro 2014 ─, nel
vocabolario di base dell'italiano (hobby,
slogan, chat, spot, ok, okay, sexy, web, internet, cliccare, euro).
Epperò l'A. sottolinea anche che non è "affatto impossibile tradurre le parole
inglesi" (p. 75), come "è stato dimostrato" da Giovanardi-Gualdo-Coco
20031, 20082. E, pur facendo egli parte del gruppo "Incipit",
sensibile agli "anglismi incipienti" (p. 75) da sostituire (invero
logicisticamente) "con parole o locuzioni più comprensibili e chiare"
(ibid.), per es. hot spot 'centro di identificazione', smart working 'lavoro agile', non può non constatare che "le
proposte avanzate solo raramente sono state accolte" (ibid.).
L'A.
accenna anche al problema della sostituzione in blocco dell'italiano con
l'inglese lingua internazionale: "Nel caso delle scienze 'dure' [...]
bisogna invece rilevare come l'italiano sia oggi notevolmente insidiato
dall'inglese, che è divenuto la lingua della comunicazione scientifica
internazionale e che in certi settori sostituisce ormai largamente l'italiano
nelle riviste scientifiche" (p. 221).
3.4. Debolezze
neopuristiche?
Qualche
debolezza neo-puristica affiora qua e
là, per es. l'A. parla di "calchi
passivi", nel caso di argomento
invece di ragionamento, suggestione per suggerimento, evidenza
per prova, non rari in [...] tipi di
testo" propri delle 'scienze dure' (p. 221). Mentre l'aziendalese è
"infarcito di anglismi" (p. 223).
Tra
gli "errori" dell'it. pop. è inclusa l'accentazione persuàdere
(p. 228), "ma pronuncia peraltro ─ egli riconosce ─ in estensione anche
presso parlanti colti" (ibid.).
La
pronuncia della parola macedonia Wikipedia
"dovrebbe essere [vikipe'dia],
[cioè pentasillabica] anche se oggi prevale quella inglese [wiki'pi:dja]" quadrisillabica
(p. 245), ed è diffusa pure la pronuncia quadrisillabica più ortografica:
[wiki'pe:dja] e [viki'pe:dja].
A
proposito dei suffissati in "-ietà"
(p. 136), si legge che il suffisso "si individua in esempi come complementarietà,
interdisciplinarietà, che si
sentono e si leggono spesso invece dei corretti complementarità, interdisciplinarità"
(p. 136). Tali forme sono però documentate già alla fine '800 e all'inizio del
'900 (1883 e 1929), e si tratta soprattutto di usi attestati in testi e
scriventi colti.
Al
"parlato substandard" (p. 189), e quindi normativamente errate,
D'Achille riserva anche forme analogiche
quali intervenì 'intervenne' e soddisfava 'soddisfaceva', in cui il
verbo non è più percepito come composto (inter-venire;
soddis-fare) ma come semplice (interven-ire,
soddisf-are); anche qui si tratta di
forme invero attestate in testi e presso parlanti colti. Ma sono giudicate anche
forme "indicative di nuove linee di tendenza" (p. 122) gli stessi
ess. interven-ì, 'inter-venne', interven-irono 'inter-vennero', insieme
con bened-iva 'bene-diceva'
("preferibile"), esig-ito
'esatto' (p. 123) e il retroformato redarre
'redigere' (ibid.).
4. Il
Congiuntivo
D'Achille
è lontano dalla fanta-grammatica del congiuntivo dipendente inteso come modalità
o modo del dubbio, incertezza, un pregiudizio ancora duro a morire (pp. 124,
126, 164, 190, 215).
In
più luoghi fa presente che "è il modo tipico delle frasi dipendenti,
completive (voglio che tu ci venga, vorrei che tu venissi, credo sia vero), interrogative indirette
(gli domandò se avesse freddo),
relative limitative (cerco qualcuno che
mi capisca), o introdotte da congiunzioni che selezionano appunto il
congiuntivo, con valore concessivo, ipotetico, ecc." (p. 124).
Il
congiuntivo "esprime dubbio o incertezza" (ibid.) solo nelle principali: venga!,
entrino pure, non sia mai, volesse il cielo, magari fosse vero; "in
grande espansione anche la sostituzione, di origine meridionale, del presente
congiuntivo con l'imperfetto [...] in esortazioni, [...] (venisse pure!; partisse, una buona volta!; lo dicessero, se non
vogliono venire) (p. 126).
Sotto
il profilo normativo D'Achille osserva descrittivamente
che "Il congiuntivo [...] tende a cedere il campo all'indicativo [...] nelle
dipendenti completive e nelle interrogative indirette (penso che viene o verrà
piuttosto che penso che venga; non sapevo chi era invece di non sapevo chi fosse) e nel periodo
ipotetico ([...] se venivi ti divertivi)"
(p. 190; e p. 125), se sapevo che l'esame era difficile studiavo di piú (p.33).
"Il
congiuntivo ─ ribadisce più avanti sempre descrittivamente
─ è normalmente usato in molte frasi dipendenti e resiste anche nelle
completive (penso che i fatti si siano
svolti in questo modo), nelle interrogative indirette (non sapeva chi fosse arrivato), nelle relative limitative (cerco un collaboratore che conosca bene la
situazione)" (p. 215).
E
ancora specificando i contesti d'uso: "almeno in dipendenza dei verbi di
opinione, nelle interrogative indirette e nelle relative restrittive, il
congiuntivo cede sempre più spesso (soprattutto nel parlato, e specie
nelle varietà regionali centromeridionali) il campo all'indicativo" (p.
126).
"Il
congiuntivo ─ aggiunge D'Achille ─ è però ancora usato, nelle frasi
subordinate, nel parlato sorvegliato" (p. 190); ovvero "il
congiuntivo [...] è considerato il modo tipico della subordinazione, il cui uso
è proprio dello stile accurato" (p. 164).
La
sostituzione morfologica del congiuntivo con l'indicativo - precisa ancora - è stata determinata
da "elementi di debolezza"
strutturale (p. 126), cioè dalla
scarsa "identità morfologica" delle diverse desinenze del cong. combinata
con la scarsa "salienza fonologica" legata a una sola vocale (p.e. am-i-no; tem-a-no, veng-a-no).
5. Regola
d'adiacenza
Tra
i fenomeni della "sintassi del parlato" D'Achille ricorda "mancati accordi di genere [...] spesso
dovuti all'attrazione di elementi frasali interposti (l'importanza dell'argomento è stato adeguatamente
sottolineato" (p. 192). "Fra i tratti sintattici tipici del parlato televisivo si segnala la frequenza delle concordanze improprie come una parte del territorio è stato evacuato" (p.239). A voler definire tale Regola in
positivo si potrebbe dire che si tratta di una "Regola-2 di
adiacenza" sintagmatica, opposta alla "Regola-1" paradigmatica
dell'accordo proprio dell'italiano standard.
6. Fonologia vs ortografia
Dal
manuale il lettore apprende che nell'articolazione fonologica della sillaba il
fonema /s/ preconsonantico chiude la sillaba e non apre la sillaba successiva,
così cos-ta, pris-ma (p. 96) "a dispetto dell'ortografia, che prescrive
nell'andata a capo di dividere co-sta)"
(ibid.). Il che consente di capire
che l'errore grafico degli studenti si spiega con la interiorizzazione
inconscia della [Regola-1] fonologica opposta alla [Regola-2] artificiale
dell'ortografia, valida peraltro nell'ortografia italiana, ma non in quella
inglese o francese.
7. Uso meridionale?
No, settentrionale, anzi pan-italiano
Con
riferimento all'oggetto (o accusativo) preposizionale animato, tipico
dell'italiano regionale e popolare meridionale (pp. 19, 191, 192, 229),
D'Achille cita tra l'altro l'es. ricordati di chiamare a mamma (p. 192).
Invece
in non
guardare [in faccia a] nessuno (ibid.), diffuso anche in altre regioni,
l'accusativo preposizionale è solo apparente, nessuno dipendendo dalla locuzione preposizionale in faccia a, come dimostra la variante
invece regionalistica e marcata non
guardare [a nessuno] in faccia.
Pan-italiano
è altresì il costrutto con l'oggetto preposizionale in prima posizione, es. a
lui, non l'ho visto! (p.
192), a me, non mi convince (ibid.), "interpretabile come 'quanto
a me' non mi convince'" che D'Achille considera "proprio del
neostandard" (ibid.), mentre il
logicistico me non mi convince se non
assente è decisamente letterario, così in Pirandello e in Verga. Lo Zingarelli
2020 sub me riporta l'es. "(enfat.) rafforz. di 'mi': Ma me non mi mangerete, no! (G. Verga [I Malavoglia 1881])". Frasi come Luigi non l'hai convinto vs a Luigi non l'hai convinto (p.192) entrambe ess. di dislocazione a sinistra dell'oggetto nominale mediante ripresa clitica, sono interpretabili la prima con oggetto nominale dislocato semplicemente tematizzato, la seconda invece con oggetto nominale dislocato enfatizzato, in quanto parafrasabile con 'Quanto a Luigi, non l'hai convinto'.
8. "Eccezioni"
teoriche?
Ogni
teoria comporta inevitabilmente delle "eccezioni" interpretabili come
problemi che la stessa teoria deve ancora risolvere, a non dover ricorrere a una
diversa teoria per la loro soluzione. Ma "l'eccezione" può essere
anche solo "apparente" se risolvibile in realtà all'interno della
stessa teoria, che conserva quindi la sua validità.
Riguardo
alla regola della Prefissazione" (pp. 138-39) secondo cui il prefisso non
può determinare "un mutamento di parte del discorso rispetto alla
base" (p. 138), D'Achille ricorda d'accordo con la vulgata che "l'unica eccezione è costituita da anti-
'contro', che premesso a nomi può formare aggettivi: squadra antidroga, maniglioni
antipanico" (ibid.), antirughe (ibid.), test antidoping (p.
67), o fari antinebbia, ecc.
L'eccezione costituisce invero sempre un 'tallone d'Achille' per una teoria, ma
può essere superata interpretando con più coerenza il fenomeno, ovvero se anti- anziché prefisso è interpretato
come "confisso" (p. 138) cioè "elemento formativo di origine
greca" (p. 53) o anche "latina" (p. 131) ovvero "element[o]
delle lingue classiche" (p. 142), che dà a luogo a "composti"
esocentrici (p. 139), cioè senza testa, e "anti-droga" non è certamente 'una droga'. Al pari di sottotitolo
(p. 142), che non è un titolo ma si
oppone al titolo, così in un giornale
il sottotitolo di un articolo non è
il 'titolo' dell'articolo ma sta sotto il titolo dell'articolo.
D'Achille
sottolinea altresì che prefissi e suffissi "costituiscono morfemi
legati e non parole autonome" (p. 131) e poi che "mentre i suffissi
non sono mai autonomi, taluni prefissi sono divenuti aggettivi o anche nomi (super, ex)" (p. 138). Anche qui
l'eccezione dell'autonomia dei prefissi è solo apparente, perché ex
s.m./f. è in realtà "abbreviazione" o "accorciamento"
(p. 146) del prefissato ex-[marito/moglie], ex-[ragazzo]'. E
analogamente super s.f. è abbreviazione di 'super[benzina]'. Così
come auto s.f. non è un confisso diventato s.f. ma accorciamento
"da auto(mobile)" (pp. 143,
146), e analogamente auto s.m.
"da auto(bus)".
Ancora:
"diversamente da molti suffissi, ─ si legge ─ i prefissi si possono
normalmente anteporre a parole appartenenti a parti del discorso diverse.
Esistono però alcune eccezioni: per esempio il prefisso negativo s- si
aggiunge ad aggettivi e a verbi (inizianti per consonante [...] s-contento, s-gelare, s-caricare) ma non
a nomi" (p. 138). Anche in questo caso l'eccezione è presunta, c'è per es.
s/conoscenza (nel De Mauro 2000 e in Zingarelli 2020).
A
livello fonologico, "sono lunghe le vocali toniche in sillaba aperta"
(p. 98), per es. /'a:mo/, /'ka:ne/, ma sono brevi le "vocali accentate
finali di parola" cioè in sillaba aperta nelle parole tronche es. /per'ke/;
il che sembrerebbe una eccezione. E sono ancora "brevi quelle toniche in
sillaba chiusa" es. /'kar.ne/, /'kan.ne/
e "tutte le vocali atone" (p. 98). L'eccezione delle tronche brevi è solo apparente. In realtà, le
parole tronche determinano il raddoppiamento fonosintattico, es. /per'kep.'parti?/
perché parti?, sicché con le parole
tronche va ipotizzata la presenza di una consonante finale silente (più che una
tendenza "naturale" p. 94) che si realizza assimilandosi alla
consonante della parola successiva, chiudendo la sillaba pertanto con vocale
breve: "perchéC + parte"
[per'kep-'parte], sillaba tonica chiusa come in /'kar.ne/.
9. Tipologia
delle dipendenti
Sul
modello tradizionale che distingue la principale "autonoma" (p. 163)
dalla macroclasse delle "dipendenti" o "secondarie" o
" subordinate" (ibid.),
D'Achille inserisce il modello triadico più moderno distinguendo la principale "autonoma"
(ibid.) rispetto alla dipendente con
ess. di finale (con per + inf.), di causale
(con siccome) e di relativa (con che), ─ dalla principale non autonoma se
reggente "certe subordinate dette 'completive', la cui soppressione
renderebbe la frase reggente priva di senso compiuto" (p. 164), con esempi
di una interrog. indiretta (es. Giuseppe
non sa se parteciperà al concorso) e di una oggettiva. (es. gli esperti non prevedevano che la
situazione sarebbe diventata così critica).
Le
"dipendenti" alla fine terminologicamente si distinguono in (i)
"completive" (i.e. (s)oggettive e interr. indirette), o "argomentali", (ii) "relative" di tipo limitativo/restrittivo (non eliminabili) senza
virgola ed 'esplicative/appositive' (eliminabili), precedute dalla virgola (pp.
165-67, 181) e (iii) "circostanziali" o "avverbiali", il
cui termine è tralasciato, per es. le gerundiali (p. 164), ecc.
10. Dialettalismi:
da "regionalismi" a ex-regionalismi e voci pan-italiane. E
Regionalismi non dialettalismi
L'italiano
regionale è l'italiano che risente dei dialetti a cui "si è sovrapposto,
soprattutto sul piano fonetico e su quello lessicale" (p. 31).
"I
dialettismi passano alla lingua per lo più attraverso l'importante mediazione
delle varietà regionali, ─ sottolinea D'Achille ─ che quindi tendono ad
adattarli al sistema fonosimbolico (e grafico) dell'italiano che non sono
immediatamente riconoscibili dal punto di vista formale" (p. 76; cfr.
anche pp. 66, 200). Così dialett(al)ismi o voci di origine dialettale quali pizza (p. 75), grissini, cassata, mafia (p.
76) o anche pagare il pizzo, si
diffondono a livello pan-italiano perdendo la loro connotazione di regionalismi
e diventando di fatto ex-regionalismi.
Ma
non mancano peraltro neppure regionalismi che non sono dialettalismi perché non
risalgono al sottostante dialetto, per es.
sconoscere 'ignorare', riassuntare
'riassumere', stranizzare 'restare meravigliato', stranizzarsi 'meravigliarsi': regionalismi siciliani, non
riconducibili al dialetto siciliano.
11. Per
concludere
Il
lettore si trova insomma dinanzi un testo che gli consentirà non solo di
acquisire conoscenze nuove sulla grammatica e gli usi dell'italiano
contemporaneo (p.e. verbi intransitivi in inergativi e inaccusativi pp. 121,
154, oppure: soggetto/predicato; tema/rema; dato/nuovo p. 153-55) , ma anche di
aggiornare e verificare le proprie conoscenze metalinguistiche, mettendo a
confronto la propria competenza linguistica e metalinguistica, scolastica o
meno, con un patrimonio di conoscenze scientifiche rilevante, peraltro non
definitivo e in continua evoluzione.
Sommario
1.
L'evento editoriale
2. Tematiche del manuale
3. Approccio descrittivista, non puristico (piuttosto che, scendi il cane, esci la valigia, con dei compagni, Islam, mignon, Benetton)
3.1. Usi stigmatizzati (it. pop.)
3.1.1. Italiano popolare in regresso?
3.2. Punteggiatura
3.3. "Prestiti" o "forestierismi", "angli(ci)smi" e calchi
3.4. Debolezze neopuristiche?
4. Il congiuntivo
5. Regola d'adiacenza
6. Fonologia vs ortografia
7. Uso meridionale? No, settentrionale, anzi pan-italiano (non guardare [in faccia a] nessuno, a lui, non l'ho visto!
8. "Eccezioni" teoriche? (anti-: prefisso o confisso?; sottotitolo; super, ex; s/conoscenza vs conoscenza; /per'ke/
9. Tipologia delle dipendenti
10. Dialettalismi: da "regionalismi" a ex-regionalismi e voci pan-italiane. E Regionalismi non dialettalismi
11. Per concludere
2. Tematiche del manuale
3. Approccio descrittivista, non puristico (piuttosto che, scendi il cane, esci la valigia, con dei compagni, Islam, mignon, Benetton)
3.1. Usi stigmatizzati (it. pop.)
3.1.1. Italiano popolare in regresso?
3.2. Punteggiatura
3.3. "Prestiti" o "forestierismi", "angli(ci)smi" e calchi
3.4. Debolezze neopuristiche?
4. Il congiuntivo
5. Regola d'adiacenza
6. Fonologia vs ortografia
7. Uso meridionale? No, settentrionale, anzi pan-italiano (non guardare [in faccia a] nessuno, a lui, non l'ho visto!
8. "Eccezioni" teoriche? (anti-: prefisso o confisso?; sottotitolo; super, ex; s/conoscenza vs conoscenza; /per'ke/
9. Tipologia delle dipendenti
10. Dialettalismi: da "regionalismi" a ex-regionalismi e voci pan-italiane. E Regionalismi non dialettalismi
11. Per concludere
* Docente di linguistica generale presso l'Università di Catania
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