Dal dott. Claudio Antonelli riceviamo e pubblichiamo
La "Leopolda" non è il nome di una casa di tolleranza, ma è l'ex stazione ferroviaria di Firenze dove Matteo Renzi raduna periodicamente la sua corte.
Il campo della riforma
elettorale è denso di conati legislativi battezzati con un linguaggio non certo
degno di un parlamento. Abbiamo ad esempio il Mattarellum (1993),
dal nome del suo relatore: Sergio Mattarella. Vi è poi il celebre
"Porcellum" (2005), marchingegno elettorale ideato da Roberto
Calderoli e il cui nome evoca il Satyricon, i banchetti di Trimalcione e i
lupanari della Suburra. Su di esso sono stati versati fiumi d'inchiostro e di
liquame, senza che il comune dei mortali (incluso il sottoscritto) sia mai
arrivato a capirci qualcosa. Nel 2007 il Pd propose una legge elettorale,
concepita dal politologo Salvatore Vassallo. Essa non fu approvata. Il feto fu
comunque solennemente battezzato nel circo felliniano come
"Vassallum". "Italicum" sembro' per un momento restituire
una certa dignità al linguaggio dei politici grazie alla sua assonanza con
"Imperium" e "Romanum". Ma fu solo un'illusione da
nostalgici della grandezza di Roma e del fascio littorio. Il giudizio dei giuristi fu invece categorico e
mando' tutto allo sfascio: “Italicum peggio del Porcellum!”. Nelle stanze
del potere, degli inciuci e delle ammucchiate, si procreo' quindi il "Democratellum",
sistema di preferenze che, nato anch'esso morto, ando' a ingrossare l'alta pila
di aborti legislativi in materia di riforma elettorale.
Le porcate sono
all'ordine del giorno nella politica italiana e nel suo vocabolario. Quello dei
politici è un gergo ammiccante da addetti ai lavori che si fanno sberleffi e
versacci, sghignazzano e si giocano tiri mancini. Il gergo degli addetti ai
lavori, per questo carattere fortemente popolaresco, potrebbe dare per un
attimo l'illusione della democrazia diretta. Una democrazia, invece, non tanto
diretta quanto "di retto", quindi non alla maniera svizzera, ma
romanesca.
È una babele linguistica
in cui si agitano professoroni e guitti uniti dal linguaggio all'altezza di
questa Italia da saltimbanchi. Siamo al livello di una "animal house"
alla John Belushi, formato Trastevere. Ma occorre riconoscere che grazie a
questo linguaggio da suburra il popolo ha l'illusione di essere entrato nella
stanza dei bottoni. Peccato che un tal linguaggio, pieno di latinismi anzi di
"latrinismi", lo avvicini solo a dei bottoni di braghetta...
A Napoli ci si serve dell'espressione "E' gghiuta a pazziella ‘mmane e’ criature", ossia "È finito il giocattolo in mano ai bambini" per indicare "l'uso inopportuno di una cosa di valore lasciata nelle mani di un incapace." Vi risparmio la variante molto piu' volgare del detto.
Queste pagliacciate linguistiche che riguardano un problema serio, chiave della democrazia: il sistema elettorale, dovrebbero farci piangere. Invece sollazzano un po' tutti.
--------------------------
(Per motivi tecnici e per un periodo non precisabile questo portale verrà "aggiornato" saltuariamente).
Nessun commento:
Posta un commento