Così titolavano alcuni giornali. In proposito riproponiamo un nostro vecchio intervento sull'aggettivo "caro". Si accorda o no con il sostantivo cui si riferisce? Sì e no. E ci spieghiamo con l'articolo che, appunto, riproponiamo.
Abbiamo pensato, gentili amici navigatori e amatori della
Lingua, di occuparci della concordanza o no dell’aggettivo caro con il sostantivo perché
abbiamo notato che moltissime persone si trovano in difficoltà quando il
predetto aggettivo è in compagnia dei verbi vendere, costare,
ecc.
In altre parole si deve dire «quella stoffa costa caro o cara»?
Caro, cioè, va accordato con il sostantivo cui si riferisce — in questo caso
femminile — oppure si può lasciare nella forma maschile singolare a mo’ di
avverbio?
Prima di esprimere il nostro modesto parere, vediamo cosa dicono, anzi
consigliano, in proposito alcuni dizionari.
Il vocabolario della lingua italiana Treccani alla voce caro
recita: «... con i verbi vendere, comprare, pagare, costare ha anche uso
avverbiale: l’hai pagata caro questa camicia; i viaggi costano caro; fig., pagar
caro, costar caro, scontare duramente un male commesso, una sciocchezza fatta e
simili: ha pagato caro il suo errore; ti costerà cara la tua impertinenza ...».
Dal che si evince facilmente il fatto che l’aggettivo caro resta invariato (a
mo’ di avverbio) solo se i predetti verbi sono adoperati nel significato
proprio: quel negoziante vende caro la merce; hai pagato caro quei pantaloni.
Negli altri casi (quando i verbi in oggetto sono adoperati in senso figurato)
l’aggettivo caro si accorda sempre: ti faremo pagare cara la tua ribellione.
Il Devoto-Oli, invece, non fa distinzione di sorta: «Con i verbi vendere,
comprare, pagare, costare, caro ha forma predicativa e valore avverbiale».
Tradotto in parole semplici significa che caro si accorda sempre con il
sostantivo cui si riferisce: quel negoziante vende cara la merce; hai pagato
cari quei pantaloni; ti faremo pagare cara la tua ribellione.
Chi scrive concorda pienamente con il predetto vocabolario: in lingua più si
semplifica meglio è. Accordiamo, quindi, l’aggettivo caro sempre con il
sostantivo cui si riferisce; saremo sicuri, così facendo, di non incorrere in
madornali errori o, se preferite, strafalcioni.
E a proposito di caro, si usa spesso questo aggettivo a chiusura di una
lettera: ti invio i miei saluti più cari; cari saluti a tutti. Si tratta
— a nostro modo di vedere — di un’espressione impropria che in buona lingua
italiana è da evitare. I saluti possono essere sinceri, affettuosi, cordiali ma
non di certo cari perché non possiamo sapere a priori se
chi li riceverà li troverà cari, cioè graditi.
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La lingua "biforcuta" della stampa
Sapienza, facoltà di Lettere occupata in solidarietà a Cospito
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Correttamente: in solidarietà con.
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Alla cerimonia presenti il Vice Presidente del Consiglio dei Ministri, il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini e il Comandante Generale della Guardia di Finanza Giuseppe Zafarana
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Il vicepresidente (si deve fare l'univerbazione) e il ministro delle Infrastrutture sono la stessa persona, quindi dopo "dei Ministri" ci va una "e" non la virgola.
(Le
immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i
diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)
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