La nostra lingua – abbiamo visto altre volte – è ricchissima di parole che con il passar del tempo hanno acquisito un significato diverso (se non, in alcuni casi, addirittura opposto) da quello originario. Oggi tutti sappiamo cosa è la cappella: un edificio adibito al culto, alla preghiera. Il suo nome, però, deriva da un pezzo di stoffa. Vediamo, brevemente, la sua “storia” anche se i piú, probabilmente, la conoscono.
Si
narra che un certo Martino da Tours (poi divenuto santo tra i piú venerati di Francia),
figlio di un milite romano, volendo seguire le orme del padre si arrolò nelle
guardie imperiali a cavallo. Un giorno, in pieno inverno, mentre cavalcava alla
testa dei suoi uomini, si imbatté in un poveretto, seminudo, infreddolito e
affamato. Alla vista dell’uomo, ordinò immediatamente l’ “alt” al drappello e
dette disposizioni perché il pover’uomo fosse immediatamente rifocillato;
infine, toltasi la cappa (mantello) la tagliò in due parti con la spada e dette
una metà a quel disgraziato perché si riparasse dal freddo.
Le
opere di carità (cristiana) di questo rude soldato furono tante e tante che
sarebbe troppo lungo enumerarle; basterà soltanto ricordare che – convertitosi
al cristianesimo – abbandonò la vita militare per dedicarsi esclusivamente alla
diffusione del messaggio di Cristo.
Alla
sua morte, la metà di quella cappa fu conservata dai suoi fedeli come reliquia;
poi, capitata nelle mani dei re Merovingi fu, da questi ultimi, riposta
gelosamente nel loro oratorio privato. I popolani, ammessi dopo non poche
lunghe lotte a entrare nell’oratorio, chiamarono “cappella” (tardo
latino, diminutivo di cappa) quel pezzo di stoffa consunta. Con il trascorrere
del tempo, il termine cappella stette a indicare – per estensione – il luogo
ove si conservavano le reliquie dei santi. Infine, attraverso i secoli, con un
altro passaggio semantico, ha assunto l’accezione odierna di luogo di culto, di
venerazione e di preghiera. La cappella, e concludiamo, può essere un edificio
a sé stante oppure incorporato in un altro. In questo caso è una piccola
edicola con altare posta, generalmente, ai lati delle navate centrali delle
chiese.
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La lingua "biforcuta" della stampa
Le attese da incubo
dentro le ambulanze-prigioni. "Fino a 30 ore prima del ricovero"
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Il plurale dei nomi accostati (o accoppiati) si ottiene pluralizzando solo il primo sostantivo. Correttamente: ambulanze-prigione [vale a dire: ambulanze ─ (che sono una/che fanno da) prigione].
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INCENDI
Casa di legno andata
a fuoco vicino Roma: trovata morta anziana
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Non ci stancheremo mai di ripetere che "vicino" si costruisce con la preposizione "a": vicino a Roma.
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MESTIERI
Il ritorno degli
spazzacamino: più stufe e camini e per contrastare la bolletta del gas
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Correttamente: spazzacamini. Non è un sostantivo invariabile.
PUBBLICO IMPIEGO
Dipendenti pubblici,
scatta il maxi piano da un miliardo per formazione (e incentivi)
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I prefissi e i prefissoidi ─
lo ricordiamo ancora una volta
─ si scrivono "attaccati" alla parola che segue: maxipiano.
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Amazon, le
offerte di oggi: dalla friggitrice ad aria al caricabatterie wireless
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Correttamente: caricabatteria. Invariabile essendo
composto di una voce verbale e un sostantivo femminile singolare.
(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi: saranno prontamente rimosse)
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