Dal dr Gianni Pardo riceviamo e pubblichiamo
Tutti sappiamo che la grafia dell’inglese non corrisponde
alla pronuncia, al punto che l’unica risposta sensata, a chi chiede come si
legge una data parola, è il consiglio di consultare un buon dizionario che
riporti anche la pronuncia. E ancora, con l’avvertenza che – naturalmente – il
dizionario dà la pronuncia della parola da sola, mentre nel corso del discorso
essa può essere influenzata da parecchi fattori, a cominciare dalla vicinanza
delle parole che la precedono o la seguono. Tanto da risultare diversa da come
la indicava il dizionario.
Per dimostrare che non si tratta
di un concetto astruso, prendiamo un esempio nella nostra lingua, quella che ci
è più familiare. L’articolo indeterminativo italiano “un”, che pare così
inoffensivo. Il dizionario, se riporta la pronuncia, vi dirà che esso si legge
come si scrive, “u” ed “n”. Ed è effettivamente vero che “un” si legge “un” se
precede , per esempio, la parola “segno”: “unsegno”. Ma, se precede la parola,
“pezzo” o “bimbo” diviene “um”, “umpezzo”, “umbimbo”. E non finisce qui: se la
parola comincia con una gutturale, come in “gatto” o “cane”, “un” si legge
qualcosa come “ung gatto”, “ung kane”. Del resto lo stesso avviene con la “i”.
Tutti, studiando l’inglese, si chiedono come pronunciare la frequente finale
“ing” (come in “king”) e non sanno che la usano quotidianamente in italiano. Se
dicono “in casa” non pronunciano “inn kasa” ma qualcosa come “ing kasa”, e qui
“in” ha lo stesso suono che si ha nell’inglese “ing”.
Si potrebbe continuare a lungo,
ma basterà dire che la “z” sorda (o aspra) è praticamente sempre doppia.
Insomma pronunciamo tutti “stazzione”, non “stazione”. Ed è giusto così. Ma
già, nessuno nemmeno sa che la “z” di stazione non è una consonante, ma sono
due: “ts”; anzi, nel caso di stazione, diciamo tre: “tts”. E lo stesso vale per
la “c” di “cena” che risulta dalla combinazione di t+sc di “scena”. Il gruppo
“gl” è praticamente sempre una doppia consonante, come se fosse non “gl”, ma
“ggl”: “agglio “, “piggliare”.
Basta? Direi di sì. Segnalo
soltanto la necessità del raddoppiamento sintattico, cioè di doppie consonanti
che nessuno scrive e tutti leggono, per esempio dicendo “domani vado arRoma”, e
non “domani vado aRoma”, che sarebbe un profumo.
Per favore, NON dite che l’italiano
si legge come si scrive. Certo, la sua grafia è molto più fedele alla pronuncia
dell’inglese ma, per cominciare, meno del francese, che sembra tanto più
artificiale, e tuttavia fornisce al parlante più indicazioni di quante ne
fornisca a noi la grafia dell’italiano.
Qualcuno ha gridato “Basta!”? Va bene, smetto.
Gianni Pardo
Aggiungerei anche "qual è" che quasi tutti pronunciano "qual'è", ignorando che sia QUAL che È sono portatori di accento tonico proprio e che solo la grafia "qual'è" ricalca senza ambiguità la pronuncia.
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