Vediamoli succintamente:
1) quando il pronome personale soggetto è in funzione di predicato: se io fossi stato lui (non egli) mi sarei comportato diversamente;
2) dopo "neppure", "anche", "neanche", "nemmeno", "pure": neanche loro (non essi o esse) erano a conoscenza del problema;
3) nelle esclamazioni: beato lui (non egli)!;
4) nelle proposizioni in cui risulta evidente una contrapposizione fra persone: tu piangi, lui ride!;
5) dopo le congiunzioni "come" e "quanto", ossia nei complementi di paragone: siamo scioccati quanto loro;
6) quando il verbo della proposizione è rappresentato da un gerundio o da un participio: uscito lui, è tornata la calma;
7) quando il pronome personale si trova fra "ecco" e il pronome relativo "che": ecco lei che si ritiene la bellezza personificata! ;
8) quando il pronome personale ha una funzione di rilievo, e in questo caso si pone dopo il verbo: mi faccia la cortesia, glie lo dica lei!;
9) in alcuni costrutti ellittici del verbo: chi ha parlato? Lei.
***
Alcuni testi grammaticali classificano il
verbo "struggere", forma aferetica di distruggere, fra quelli difettivi, privo, cioè, di participio passato e
quindi dei tempi composti. No, amici, il participio passato - anche se di uso
raro esiste (insieme, ovviamente, con i tempi composti coniugati con
l'ausiliare avere): strutto. Con uso
figurato sta per "tormentarsi" per il dolore, il desiderio, la
nostalgia ecc.
Nel parlare e anche nello scrivere comune, i pronomi personali soggetto "canonici", vale a dire "egli", "ella", "essa", "essi", "esse" sono stati da tempo aboliti.
RispondiEliminaPrendiamo il pronome personale maschile di terza persona, usato come soggetto. Le grammatiche ci insegnano che il pronome personale maschile soggetto di terza persona è “egli”. Ma vi siete mai serviti voi di un “egli”? Io l’ho fatto, ma perché sono coraggioso. “Egli” semplicemente è stato abolito, sostituito da lui.
E sono stati aboliti anche ella, esso, essa, esse, essi... Suonavano male. Adesso abbiamo il trionfo di lui, lei, loro, usati non solo nei vari complementi o per mettere in risalto il soggetto – come ci insegnano le grammatiche – ma come semplice soggetto.
D’altronde, nella lingua italiana, a differenza del francese, si sottintende spesso e volentieri il soggetto quando questi e rappresentato da un pronome personale: suona meglio cosi. Anche se spesso ciò avviene a scapito della chiarezza.
Ma cosa volete... gli italiani, inventori dell’opera lirica, sono ossessionati dai suoni. Il “Suona bene? Suona male?”, test per loro supremo, è una camicia di forza che va a scapito della chiarezza e della ricchezza linguistica: vedi i participi passati di tanti verbi italiani che nessuno in Italia osa pronunciare perché giudicati "cacofonici".
RispondiEliminaNel parlare e anche nello scrivere comune, i pronomi personali soggetto "canonici", vale a dire "egli", "ella", "essa", "essi", "esse" sono stati da tempo aboliti.
Prendiamo il pronome personale maschile di terza persona, usato come soggetto. Le grammatiche ci insegnano che il pronome personale maschile soggetto di terza persona è “egli”. Ma vi siete mai serviti voi di un “egli”? Io l’ho fatto, ma perché sono coraggioso. “Egli” semplicemente è stato abolito, sostituito da lui.
E sono stati aboliti anche ella, esso, essa, esse, essi... Suonavano male. Adesso abbiamo il trionfo di lui, lei, loro, usati non solo nei vari complementi o per mettere in risalto il soggetto – come ci insegnano le grammatiche – ma come semplice soggetto.
D’altronde, nella lingua italiana, a differenza del francese, si sottintende spesso e volentieri il soggetto quando questi e rappresentato da un pronome personale: suona meglio cosi. Anche se spesso ciò avviene a scapito della chiarezza.
Ma cosa volete... gli italiani, inventori dell’opera lirica, sono ossessionati dai suoni. Il “Suona bene? Suona male?”, test per loro supremo, è una camicia di forza che va a scapito della chiarezza e della ricchezza linguistica: vedi i participi passati di tanti verbi italiani che nessuno in Italia osa pronunciare perché giudicati "cacofonici".
A proposito dei participi passati "aboliti" (perché "suonano male") nella patria del bel canto degli anglicismi sgangherati “Suona bene? Suona male?” è una camicia di forza che va a scapito della chiarezza e dell’arricchimento linguistico: vedi i participi passati di tanti verbi italiani, che nessuno in Italia osa pronunciare perché "cacofonici", con il risultato d’impoverire ancora di più il vocabolario di cui uno dispone.
RispondiEliminaIl linguista Aldo Gabrielli ha proposto, senza successo ahimé, che si comincino ad usare i participi “procombuto, penduto, spanduto, striduto, mesciuto, splenduto, risplenduto, fenduto”. Ha scritto Gabrielli (“Si dice o non si dice”, Mondadori, 1976): “So già che tutti arricceranno il naso e diranno che sono orribili; ma solo perché non abbiamo mai fatto l’orecchio a queste forme verbali; tuttavia corrette sono, non ci son santi (...) La verità è, ripeto, che a certi suoni bisogna abituarsi, come ci siamo abituati a suoni non meno brutti come quelli dei participi perduto, creduto, caduto, bevuto, riflettuto, piovuto, giaciuto, combattuto, taciuto, temuto, piaciuto, cresciuto, rincresciuto, e via all’infinito.
Secondo me sarebbe necessario fare un grande sforzo collettivo per cercare di non rattrappire ancor di piu' la nostra lingua, già di per sé non troppo ricca e addirittura un po' stitica se raffrontata a francese, inglese, spagnolo... L'effetto dei diktat impostici dalle nostre orecchie, sensibilissime ai nuovi suoni, è di rattrappire la lingua italiana. Eppure, attraverso un uso ripetuto, anche la parola che a tutta prima risultava inusuale, strana, cacofonica, cessa poi di essere tale.