I 25 lettori meridionali, siciliani e non solo, del
precedente intervento («Stefania, stai attenta, papà!») mi hanno, confesso, non poco sorpreso. Per almeno due
aspetti. Il costrutto, geograficamente ristretto agli italofoni dell'Italia
meridionale (dall'Abruzzo in giù), per interferenza dialettale, è risultato
invero meno diffuso di quanto da me ritenuto in alcune zone, ma più vitale in
altre, e con più varianti. E soprattutto è stato valutato negativamente da
alcuni parlanti, rispetto alla mia positiva valutazione. Come mai? E in base a
quale motivazione (soggettiva o argomentata) si può spiegare l'opposto
giudizio?
In almeno due località della Calabria, il costrutto è
ignoto. Anzi percepito come stranezza, per «rimbambiti». Un amico ci ha
informato: «Nella mia zona, non si usa. Tant'è vero che mia madre ci raccontava
che, da giovane, aveva conosciuto a Roma una signora "rimbambita", che diceva alla figlia "mangia,
mamma"».
Un padre romano «rivolgendosi alla figlia di 6 anni,
suggella[va] ogni sua frase con un “papi”: “Mangia,
papi”; “Fa’ i compiti, papi” ecc.». E in Abruzzo: «La forma 'stai attento, papà' l'ho sentita usare
all'Aquila». In Umbria: «fai il bravo, a
mamma» è rivolto al figlio 50enne.
In ambito siciliano a Biancavilla la vitalità è
testimoniata dall'estensione a termini non-parentali: «Recentemente (2016) un
idraulico del mio paese si rivolgeva al suo aiutante così: 'Turi, vidi, u mastru, si fa accussì!'».
Nella stessa località al sic. «Affieddu,
senti, a mammuzza ...» con l'art., corrisponde nell'italiano del luogo
analoga forma con articolo: «mi ricordo una signora che diceva "vieni qua, la nonnina!"». Nel
siracusano: «papuzzedda, a mamma!». E
nel messinese: «mancia (bivi), ‘a mamma». E anche nel cellinese (Puglia) la forma è con l'art.: «vièni, lu ttsìttsi» ('lo zietto'). In
Irpinia (Campania) invece è dativale: «mio padre e mia madre mi dicevano
sempre: “Mangia, a papà”, “Statte sòre, a mamma”».
Ma l'aspetto, probabilmente più rivelatore è il giudizio
del parlante verso tale costrutto, che pur carico di una forte valenza
affettivo-protettiva, è stato censurato da alcuni italofoni colti, con varia
motivazione, soprattutto in quanto dialettale.
Un romano ha infatti dichiarato: «Quando lo sentivo/sento
[simile costrutto] mi dava/dà un fastidio tremendo», «perché l'associo alle
donnette del mercato».
Un italofono siciliano: «..assolutamente no [non lo uso],
anzi mi ha fatto sempre una cordiale antipatia questo nostro modo di dire».
Una italofona siciliana ha osservato: «l’allocuzione
inversa, molto utilizzata nel linguaggio di noi “terroni” nella mia famiglia
non è mai stata utilizzata, di conseguenza neanch’io ne ho fatto uso».
«Comunque ritengo questo modo di esprimersi più efficace e confortevole anche
se ritenuto dai più un po’ “Zaurdo”».
Due coniugi trasferiti nel settentrione non vi hanno fatto
ricorso con i figli dichiarando con outing (metalinguistico): «per il tipico
fenomeno della rimozione (repressione) antidialettale dell’uomo colto», ovvero
per «rimozione consapevole per allontanarmi dai modelli espressivi dialettali».
E ancora un altro italofono siciliano: «Con mio figlio
parlavo in italiano e fin dove potevo evitavo di trasferire questo costrutto
nel mio italiano».
La censura è arrivata alla rimozione: «Ma sai che non mi
ricordo [dell'allocuzione inversa dei miei]?», ha sommessamente ammesso un
ulteriore lettore.
Data la valenza affettiva del costrutto, il mancato uso può
anche spiegarsi, ostracismo dialettale o dialettofobia a parte, con il rapporto
più distaccato del genitore nei riguardi del figlio/figlia.
Fermo restando che ogni parlante ha il diritto di non usare
le forme che non gli piacciono per qualche motivo, per conto mio, non saprei
rinunciare a un costrutto affettivo ("baby talk") del siciliano e in
generale dei dialetti meridionali, che in questo caso mostrano una risorsa
grammaticale in più rispetto alla lingua standard, che ne verrebbe quindi
arricchita.
--Per una grammatica ‘laica’.
Esercizi di analisi linguistica: dalla parte del parlante (Utet 2010);
-- Scrivere per gli italiani nell'Italia post-unitaria (Cesati 2013);
--Dove va il congiuntivo? (Utet 2013);
-- Il linguaggio di Papa Francesco. Analisi, creatività e norme grammaticali
(Libreria Editrice Vaticana 2016)
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