Di primo acchito i due termini
sembrerebbero l’uno sinonimo dell’altro, derivando il primo dal latino
“urbe(m)” (città), il secondo dal greco “polis” (città); entrambi significano,
quindi, “cittadino”. Le cose, però, non sono cosí semplici perché sappiamo
benissimo che “urbano”, in senso
stretto, significa “che appartiene alla
città”, mentre “cittadino” – sempre in
senso stretto – significa “politico”.
Nell’uso, però, i due termini hanno finito con l’essere sinonimi. Ma donde deriva la differenza di
significato che i due vocaboli avevano quando sono “nati”? Deriva dalla diversità di funzioni
che svolgevano le città nel mondo latino e in quello greco. Nello Stato romano,
accentratore e unitario, le varie città non erano delle entità “politiche”, ma semplici agglomerati di
abitazioni con limitatissime autonomie amministrative; nel mondo greco, invece,
non si ebbe mai uno Stato unitario, le città corrispondevano ciascuna a un
piccolo Stato autonomo e indipendente, tant’è che queste città vengono definite
dagli storici “città-Stato”.
L’aggettivo “politico” (o cittadino)
acquisí, quindi, l’accezione di
"che ha rapporto con la città-Stato"; mentre “urbano” quella di “che ha rapporto con una semplice città”.
Oggi, però, come si è visto, i due aggettivi si possono considerare sinonimi.
Ma c’è di piú. Poiché si ritiene, a torto o a ragione, che coloro che vivono
nelle città abbiano comportamenti piú
“raffinati” di coloro che, al contrario, abitano nelle campagne, il
termine “urbano” ha finito con
l’acquisire anche il significato di
“educato”, “civile”, “raffinato”, in contrapposizione a “rustico” (dal latino “rus”, campagna) e
a “villano” (da “villa” che originariamente significava
campagna). Oggi però, se possiamo esprimere un parere, non sappiamo se
siano piú “villani” i... villani o i cittadini che abitano
città sporche e violente dimostrando di non essere, poi, tanto...
“urbani”. Non possiamo concludere questa modestissima chiacchierata sul
cittadino senza ricordare – sotto l’aspetto grammaticale – che questo termine
può essere tanto sostantivo quanto aggettivo: come sostantivo si adopera per
indicare l’abitante di una città, per l’appunto, o l’appartenente a una
comunità statale (cittadino italiano, cittadino iberico e via dicendo); come
aggettivo si usa per definire tutto ciò che abbia “riferimento alla città”:
vita cittadina; manifestazione cittadina; negozio cittadino. Dimenticavamo:
oltre a cittadino esiste anche “civico”.
Quest’ultimo termine, però, si riferisce a qualcosa che riguarda la città
visto, però, come ente che gode di autonomia amministrativa: ospedale civico;
Palazzo civico; Civica Azienda Trasporti e via dicendo. Civico, insomma, ha,
press’a poco, la medesima accezione dell’aggettivo “municipale”: Polizia
Municipale.
***
L’aggettivo “deleterio” che significa ‘dannoso’, ‘nocivo’ è
adoperato correttamente solo se riferito a cose concrete, materiali: questo
luogo inquinato è “deleterio” per l’uomo. È improprio riferirlo a cose “ideali”,
“intellettuali”: queste letture sono “deleterie” per i giovani. Si dirà “piú
correttamente”, ‘nocive’, ‘dannose’ per i giovani. I vocabolari, però...
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