martedì 25 ottobre 2016

Quel poetico divano


 Avreste mai immaginato, gentili amici, che il divano sul quale ci "buttiamo" la sera, tornando a casa stanchi dal lavoro, ha una strettissima relazione con la poesia, quella orientale in particolare? No? Vediamo. Il termine divano ci è giunto, infatti, dal turco “diwàn”, di origine persiana. Ma cosa c’entra la poesia? Andiamo con ordine. Il “diwàn” nell’antico impero ottomano stava a indicare il "consiglio dei ministri"; in seguito, per estensione, si chiamò cosí anche il libro o registro dove venivano trascritte le loro importanti decisioni. Con il trascorrere del tempo, e come accade sempre per le questioni di lingua, si pensò di chiamare – sempre per estensione – “diwàn” anche la sedia sulla quale sedevano i ministri durante le loro riunioni. Giunti a questo punto, poiché il “diwàn” indicava (come abbiamo visto) un libro di una certa importanza – racchiudeva, appunto, le decisioni dei ministri – si decise di chiamare  “diwàn” il libro nel quale erano raccolte tutte le poesie, in ordine alfabetico o cronologico, di un importante poeta (o scrittore) orientale. Il sinonimo “sofà”, invece, è giunto a noi dal francese  “sofa” e questo dall’arabo  “suffa” (cuscino). 

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La parola che portiamo all'attenzione dei lettori è: eutràpelo. Sostantivo maschile. Cosí si chiama la persona che si diverte con moderazione. È tratto dal sostantivo  eutrapelía  per il quale diamo la "parola" al Treccani.

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