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La parola (di ieri) proposta da
"unaparolaalgiorno.it": ebete.
E quella - non attesta in molti vocabolari dell'uso - segnalata
da questo portale: ciullo. Sostantivo
maschile che vale "fanciullo". Usato in funzione aggettivale assume
il significato di "inesperto" (come un fanciullo): è una donna ciulla, cioè inesperta. sabato 23 aprile 2016
Essere e avere: il loro uso corretto
I verbi essere e avere hanno una coniugazione propria
(non appartengono alla prima coniugazione, né alla seconda né alla terza) e
sono chiamati verbi ausiliari perché sono di "aiuto" agli altri verbi
per la coniugazione dei tempi composti; molto spesso, però, siamo in dubbio su
quale dei due ausiliari adoperare. Non è possibile stabilire una regola
precisa, è indispensabile, quindi, consultare un buon vocabolario. Possiamo
dire però, in linea di massima, che l'ausiliare essere si adopera con i verbi
impersonali, con i riflessivi e per la forma passiva dei verbi transitivi.
Avere, invece, si usa con i verbi intransitivi che indicano un movimento o moto fine a sé
stesso (ho volato, ho camminato, ho corso), con quelli
intransitivi che indicano un'attività dello spirito e del corpo (ho pensato, ho dormito) e per formare i tempi composti di tutti i verbi transitivi (ho letto una poesia). Da notare, a margine di queste noterelle, che l'uso
dell'uno o dell'altro ausiliare fa cambiare il significato al verbo "principale":
ho mancato (ho commesso una colpa), sono mancato (non ero presente).
Per non dare "impronta" sessista alla frase d'esempio riferita (casualmente) alla "donna", mi piace pensare che ogni "uomo" (maschio\femmina) che si sente superiore ad un altro è "ciullo\a".
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