venerdì 2 marzo 2018

Ambigenere o epiceno?

Nella rubrica "Scritto e parlato" del sito della Treccani una lettrice contestava "la giudice"  a lemma nel vocabolario in rete. Nella risposta si diceva che "la giudice" è forma grammaticalmente legittima perché è un sostantivo classificato nella categoria dei  nomi epiceni (nomi ambigenere). La risposta è ineccepibile. Abbiamo rilevato, però, una "diversità di vedute" tra l'estensore della risposta e il vocabolario Treccani in rete circa il significato di epiceno. Ecco la risposta: «[...] Dal momento che giudice termina in -e, è assegnabile alla categoria dei nomi epiceni: possiamo distinguere fra il giudice e la giudice, come facciamo per preside e presidente. Mentre la preside è d’uso corrente e la presidente ha registrato un’importante ascesa in tempi recenti [...]». Secondo il vocabolario Treccani sono nomi epiceni, invece, solo quelli che si riferiscono agli animali: «epicèno agg. e s. m. [dal lat. epicoenum (genus), gr. ἐπίκοινον (γένος) «(genere) comune», comp. di ἐπί e κοινός «comune»]. – In grammatica, sinon. raro di promiscuo, riferito a nomi (o al genere di nomi) di animali che non distinguono il maschio e la femmina (come tigre, gorilla, pantera, coccodrillo, ecc.)». Stando al Treccani, dunque, "la giudice" non sarebbe un nome epiceno perché si tratta di un essere umano e non di un animale. Ma non è cosí, appunto, perché epiceno essendo sinonimo di ambigenere è riferibile tanto agli uomini  quanto agli animali. Non sarebbe il caso che il predetto vocabolario emendasse il lemma in oggetto e riportasse ciò che dice, per esempio, il vocabolario De Mauro, che non fa distinzione alcuna tra gli esseri umani e gli animali?

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