giovedì 29 giugno 2017

Chi scappa si toglie la cappa


Riprendiamo il nostro viaggio attraverso l’immensa foresta del vocabolario della lingua italiana alla scoperta di parole di uso comune il cui significato “vero” è nascosto. Prendiamo, per esempio, il verbo “scappare”. Chi non conosce il significato “scoperto”? Scappare significa - e lo sappiamo per “pratica”, per esperienza - “allontanarsi velocemente per sfuggire qualcosa o qualcuno”: i malviventi, vedendo la polizia, scapparono a gambe levate.

Bene. Questo il significato “scoperto”. E quello “nascosto”? Quello, cioè, insito nella parola, piú esattamente “all’interno” del verbo? È piú semplice di quanto si possa immaginare. La persona che scappa, metaforicamente, “si toglie la cappa” (il mantello) per essere piú libera nei movimenti. Sotto il profilo etimologico “scappare” è formato con il prefisso sottrattivo “s-” e il sostantivo “cappa”; è un verbo denominale quindi, e vale, appunto, “togliersi la cappa” per fuggire piú rapidamente e per non farsi prendere dai lembi del mantello (o cappotto)”. È l’opposto di “incappare” che, oltre all’accezione primaria di “indossare la cappa”, significa anche “incorrere in pericoli, in insidie, in errori”: incappò nei rigori della legge. Anche questo è un verbo parasintetico derivando da un sostantivo con l’aggiunta di un prefisso, per l’esattezza il sostantivo cappa e il prefisso “in-”, e propriamente significa “andare a cadere in qualcosa che avvolge come una cappa”.

Scappare, per assonanza, ci ha richiamato alla mente il verbo “scampare” il cui significato è chiarissimo: “sfuggire a un pericolo”, “salvarsi”, “rifugiarsi”: pochi scamparono dal naufragio; scampò in un paese straniero. Anche questo verbo ha un significato “nascosto”: colui che scampa a un pericolo “esce da un campo di battaglia”. È composto, infatti, con il prefisso “s-” e il sostantivo “campo” e propriamente vale “uscire salvo dal campo (sottinteso “di battaglia”) ”. Quanto all’ausiliare, a seconda del contesto, può prendere tanto ‘essere’ quanto ‘avere’. 


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Due parole sul corretto uso di oltre. Quando significa "di là da" si unisce direttamente al sostantivo tramite l'articolo (senza alcuna preposizione): la casa che cerchi è oltre il fiume. Quando sta per "per di piú" richiede la congiunzione "che" o la preposizione "a": Luigi oltre che / a non capire nulla vuole avere ragione sempre. In funzione di prefisso si salda, generalmente, alla parola: oltretomba.


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Ci piacerebbe conoscere il motivo per cui buona parte dei vocabolari (forse tutti) ammette/ ammettono due forme plurali per il sostantivo "roccaforte" (roccheforti e roccaforti) e una sola per "cassaforte" (casseforti). Eppure i vocaboli in oggetto sono composti entrambi di un sostantivo (rocca, cassa) e di un aggettivo (forte) e i sostantivi cosí formati nel plurale mutano la desinenza di entrambi i termini. Perché, dunque, roccaforte può mutare, nel plurale, solo la desinenza dell'aggettivo?



9 commenti:

Monmartre ha detto...

Buon giorno,
tutte le volte che Lei si chiede del perché roccaforte pluralizzi in roccaforti, dice che è sbagliato perché forte è aggettivo; io, invece, ho sempre inteso forte come sostantivo (fortino su una roccia) e quindi farei il plurale di sostantivo + sostantivo. Il plurale, d'altro canto, sarebbe quindi *roccheforte.
Leggendo il Treccani, ho però trovato che pluralizza l'elemento di testa della parola composta (che di solito si trova a sinistra: pescecane); ci sono però parole con la testa a destra - barbabietola - che pluralizzano, di conseguenza, il secondo sostantivo.
Forse roccaforti deve, quindi, essere inteso allo stesso modo di barbabietole, ferrovie, banconote…
Le pare una spiegazione sensata?


Cordialmente

Monmartre

V.S. ha detto...

- non farsi prendere dai lembi del mantello - : un caso di anfibologia in piena regola.
V.S.

Fausto Raso ha detto...

Gentile Monmartre,
non condivido la sua spiegazione circa la composizione di "roccaforte" in cui "forte" è un sostantivo.Per quanto riguarda "ferrovie", "banconote" e altri termini sono eccezioni alla regola perché dovrebbero fare *ferrivia e *banchinota, essendo nomi composti con sostantivi di genere diverso. Pescecane, infine, formato da due sostantivi dello stesso genere, chcché ne dicano i vocabolari che ammettono due forme, pluralizza solo il secondo elemento.

Fausto Raso ha detto...

Egregio V.S.,
mi perdoni, ma proprio non riesco a capire dove sia l'anfibologia. Se può illuminarmi...

V.S. ha detto...

Sono i lembi del mantello che cercano di acciuffare chi scappa o chi lo insegue?
V.S.

Fausto Raso ha detto...

Caro V.S.,
i lembi del mantello non cercano di acciuffare nessuno. La frase in cui lei intravede un'anfibologia recita: "[...] per fuggire piú rapidamente e non farSI prendere (da chi lo insegue, ovviamente) dai lembi del mantello [...].
Non capisco proprio come lei possa ravvisarvi un'anfibologia.
FR

V.S. ha detto...

- Rodotà: lungo omaggio alla camera ardente -: il lungo omaggio non è alla camera ardente bensì a Rodotà, OVVIAMENTE.
- non farSI prendere dai lembi del mantello -: OVVIAMENTE i lembi del mantello non cercano di afferrare chi sta scappando, ma parrebbe di sì (ambiguità linguistica=anfibologia).
- dai lembi [del mantello] -: che complemento è?
V.S.

Otto ha detto...

Gent. Dr Raso, le chiedo un parere a proposito di “oltre”, di cui ci ha appena illustrato l’uso.
Sul vocabolario Treccani si legge “oltre il vitto e l’alloggio”. Come giudica questa costruzione, che sembra in contrasto con quanto da lei affermato? Lei scriverebbe così?
Un cordiale saluto.
Otto

Fausto Raso ha detto...

No, cortese Otto,
non scriverei "oltre il vitto e l'alloggio" ma "oltre AL vitto e ALL'alloggio".
Cordialmente
FR