domenica 12 marzo 2017

L'idiota? Un privato cittadino

Scrive Paul Laffite: “Un idiota povero è un idiota, un idiota ricco è un ricco”. Voi quanti “ricchi” conoscete? Bando agli scherzi; oggi questo termine, vale a dire idiota, ha assunto – come tutti sappiamo – l’accezione dispregiativa; in origine non era affatto cosí.

L’idiota, stando all’etimologia, è “colui che conduce una vita privata, fuori della società e dei pubblici impieghi” perché deriva dal... latino “idiota”, tratto dal greco “idiotès”, che significa, propriamente, ‘particolare’, ‘privato’; colui, quindi, che mena una vita privata, particolare, appunto. Un privato cittadino, per tanto, stando alla lingua, è un perfetto “idiota”, al contrario di alcuni politici che non possono assolutamente essere considerati... “idioti”, anche se...

Con il trascorrere del tempo il significato originario del termine, cioè di colui che vive in disparte, da “privato”, si è tramutato in “uomo rozzo”, “ignorante”, “demente” perché l’idiota vivendo, appunto, da privato, non ha possibilità di affinare le sue capacità cerebrali.

Da idiota, cioè da stupido, sono stati coniati i termini medici “idiozia” e “idiotismo”, vale a dire “gravissimo arresto delle facoltà intellettive che si manifesta in modo totale o parziale”. Da non confondere, a questo proposito, l’idiotismo medico-scientifico con quello linguistico, anche se l’origine dei due termini, come si può intuire, è la medesima. L’idiotismo linguistico, per usare le parole dell’illustre linguista Aldo Gabrielli, “è il sale e il pepe di una lingua”. Deriva dalla voce greca “idiotismos”, tratta dall’aggettivo “idios” (mio, particolare, proprio) ed è, quindi, quella parola o quel modo di dire che si discosta dalle leggi della grammatica ed è propria (“idios”) di una lingua o di un dialetto, di una regione o di una provincia. È, insomma, una parola che “spurgata” della sua ‘volgarità’ (“idiotismòs” significa anche ‘parlo volgare’) entra a pieno titolo nel patrimonio linguistico nazionale, e noi tutti la adoperiamo quotidianamente senza pensare minimamente alla sua “volgarità” originaria.

La nostra bella lingua è ricchissima di idiotismi; il “taccheggio”, per esempio, termine tanto “di moda” oggi, è uno di questi. I vocabolari lo definiscono “furto commesso da chi, in un negozio, sottrae clandestinamente ciò che gli capita a portata di mano”.

Alcuni lo fanno derivare dall’accezione gergale di “tacca” (truffa): i negozianti di un tempo erano soliti segnare i debiti dei clienti (che molto spesso non pagavano) con “tacche” su un’apposita tessera. Da tacca è stato coniato il verbo “taccheggiare”, cioè... rubare. 


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L'esergo non è sinonimo di rovescio


Si presti attenzione a questo termine (esergo, il cui plurale è eserghi) perché spesso viene confuso con il rovescio di una medaglia. No, l'esergo è lo spazio fuori del campo delle figure rappresentate dove, generalmente, sono incisi il nome dell'artista e la data di emissione. Lo stesso termine indica anche un motto o una breve frase scritta in un risguardo di un libro o di una rivista.


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Dal sito della "Zanichelli":

 SFUMATURE
elemosina – obolo – offerta
Il soccorso in denaro che si dà al prossimo bisognoso, ubbidendo al precetto cristiano della carità, si dice elemosina. Obolo era originariamente il nome di una moneta greca di scarso valore; oggi è termine di uso poco comune per indicare il piccolo donativo in denaro che si elargisce durante le funzioni sacre per provvedere alle necessità della chiesa. Suo sinonimo in questa accezione è offerta, parola che pone l’accento sulla volontarietà del dono e la libera scelta del suo ammontare.

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