sabato 18 marzo 2017

La grammatica? Una teoria al servizio della lingua (2). S.C. Sgroi

Il prof. Salvatore Claudio Sgroi risponde alle obiezioni dei lettori



Il riflettere sulla lingua nativa o altrui, della propria comunità o di altre, è pressoché naturale, a partire dai primi anni di vita, con risposte ingenue o sofisticate, pur sempre culturali, interiorizzate nel corso della propria vita sociale.

È normale peraltro che le proprie convinzioni culturali sulla lingua possano essere non condivise dagli altri. Il lettore può così confrontare le proprie idee meta-linguistiche con quelle qui presentate, di illustri letterati, linguisti, pedagogisti, filosofi, psicologi, che hanno espresso un loro preciso punto di vista.

Domanda n.1: "Qual'è [sic!] il rapporto tra il linguaggio e le cose, la realtà?". Risposta: "La parola collega la traccia visibile alla cosa invisibile, alla cosa assente, alla cosa desiderata o temuta, come un fragile ponte di fortuna gettato sul vuoto. Per questo il giusto uso del linguaggio per me è quello che permette di avvicinarsi alle cose (presenti o assenti) con discrezione e attenzione e cautela, col rispetto di ciò che le cose (presenti o assenti) comunicano senza le parole" (Italo Calvino, scrittore, 1985).

Domanda n. 2: "Come imparare una lingua?". Risposta: "Le lingue si imparano a fondo non sulle pagine della grammatica [teorica], ma con lo studio degli scrittori e con l’imitazione dell’uso vivo" (Alfredo Trombetti, linguista, 1918). Ovvero: "Si può conoscere bene la lingua nostra, e parlare e scrivere garbatamente, solo quando si sono fatte ricche e varie letture, anche senza grande studio della grammatica [teorica]. Ma con la sola ed arida grammatica [teorica], colle sole sue povere,imprecise e incomplete regole, non si acquista che... quasi nulla" (Giuseppe Lombardo Radice, pedagogista, 1906).

Domanda n. 3: "Perché insegnare la grammatica?". Risposta: "Con questo non voglio dire che le grammatiche debbano buttarsi tutte al fuoco: la grammatica deve essere insegnata, ma non per fare imparare la lingua, anzi quando la lingua è imparata: e perciò non ai bambini, sibbene ai giovani, per dare la coscienza riflessa della lingua, che già si presuppone imparata e nota; coscienza riflessa che è una miglior conoscenza di ciò che già si conosce" (Giovanni Gentile, filosofo, 1900).

Domanda n. 4: "Che cosa correggere degli alunni?". Risposta: "Ogni bravo insegnante [...] non corregge sopra un modello arbitrario e meccanicamente gli scritti dei suoi allievi, ma mettendosi nello spirito di ciascuno, mostra a ciascuno quel che veramente intendeva dire e non ha detto. Non uccide l'individualità degli scolari, ma fa sì che ciascuno ritrovi veramente sé stesso" (Benedetto Croce, filosofo, 1906).

Domanda n. 5: "Quali sono i diritti e doveri del parlante?". Risposta: "La lingua italiana è il cemento della società. Di fronte alla lingua tutti sono uguali nel diritto-dovere, di libertà e di precisione nel proprio esprimersi, e di rispetto per il concittadino, perché comprenda" (Giacomo Devoto, linguista, 1964).

Domanda n. 6: "Come ottenere una efficace educazione linguistica?". Risposta: "il peggiore metodo pedagogico è l’introduzione intensificata e persistente, nella coscienza dell’educando, di quegli atti che non deve compiere. Il precetto «non fare una certa cosa» è già un impulso al compimento di questa azione per il fatto di portare alla coscienza il pensiero di un atto simile e, di conseguenza, la tendenza alla sua realizzazione" (Lev S. Vygotskij, psicolinguista russo, 1926).

Altre domande con altre risposte in altri "Commenti".




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