mercoledì 1 febbraio 2017

La lingua e il sesso


Dalla dott.ssa Ines Desideri riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Il bastian contrario. Anzi, poiché sono una donna: la bastiana contraria, senza virgolette, che assumerebbero, qui, la funzione di mettere in evidenza l’espressione, quasi a volerne sottolineare la difformità. Una difformità che disconosco: è forse precluso a una donna il diritto di contestare, di esprimere un’opinione discordante? Sicuramente no, ma bastian contrario è sempre usato al maschile: sessismo!
Sto celiando, ovviamente. Posso dire che il mio era un parlare “celioso” e chiedere all'Accademia della Crusca di inserire “celioso” tra i neologismi? No, perché questo aggettivo è attestato in opere del 1792, del 1820 e del 1835. Nulla di nuovo, dunque.
Nell'articolo “Il femminile dei nomi che indicano cariche e professioni”, Sergio Lepri analizza le cause del “principio androcentrico” che per secoli ha regolato “l’universo linguistico”: “Gli uomini della preistoria”, “La storia dell’uomo, “L’uomo è misura di tutte le cose”, fino alla “dichiarazione dei diritti dell’uomo” delle Nazioni Unite. Propone quindi “parole diverse o un diverso gioco di parole”, tra i quali “La storia dell’umanità” e “a misura umana”.
Ora mi domando: il sostantivo “umanità” e l’aggettivo “umana” da quale vocabolo derivano? Da “uomo”, se non erro.
Negli anni – molto lontani, ahimè – in cui ero una studentessa, si usava scrivere “Umanità/Uomini/ l’Uomo” (con l’iniziale maiuscola) per indicare “il genere umano” e “umanità” (con l’iniziale minuscola) con il significato di “sentimento di solidarietà umana, di comprensione e di indulgenza verso gli altri uomini” (vocabolario Treccani).
In quanto donna potrei denunciare il “principio androcentrico” insito in ogni vocabolo che derivi da “uomo” e potrei, per giunta e a ragione, ritenermi offesa perché esclusa – stando alla definizione del Treccani – da quel nobile sentimento che è la “umanità”.
Due volte esclusa: incapace di provare “solidarietà umana” (caratteristica dell’uomo) e persino di ricevere una qualsivoglia manifestazione di “indulgenza”, giacché essa si direbbe riservata ad “altri uomini”.
Potrei denunciare il “principio androcentrico” su cui si basa la concordanza degli aggettivi qualificativi, ad esempio: è noto, infatti, che se i nomi sono di genere diverso, l’aggettivo assume la terminazione del maschile plurale: “Maria e Giuseppe sono stanchi/allegri/...”.
Potrei contestare l’uso di “gli” (maschile!) in espressioni quali “gli ho detto” - comunemente adoperate in luogo del corretto “ho detto loro” - e l’uso, sempre più frequente, di “gli”, anziché di “le”, anche quando il pronome si riferisce a persona di genere femminile.
Potrei. Potrei, ma sinceramente non ho la benché minima intenzione di farlo, poiché non considero “androcentrico/sessista/discriminante” l’uso di “uomo” e dei suoi derivati.
Come non considero “androcentrico/sessista/discriminante” l’uso di “sindaco, ministro, assessore,…”, se tali cariche sono ricoperte da una donna: a tale proposito concordo, infatti, con il prof. Sgroi (articolo “Il sessismo della lingua è un equivoco teorico”).


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Per l'articolo di Sergio Lepri si clicchi qui.




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Da un quotidiano in rete:
Maturità, latino al classico matematica allo scientifico 
Ecco le materie 
per la seconda prova


Sventato 'l'incubo' fisica

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Forse sbagliamo, ma a nostro modo di vedere un incubo non si "sventa", "svanisce".  Leggiamo dal DISC in rete il significato di "sventare":  Impedire con un pronto intervento un'azione pericolosa o criminosa SIN evitare, scongiurare: s. un attentato. L'incubo è un'azione pericolosa o criminosa? Ci piacerebbe conoscere, in proposito, l'opinione dei lettori.


1 commento:

Monmartre ha detto...

Buon giorno,
concordo che usare "sventato" sia stato avventato, ma - proprio volendo - si può pensare che il giornalista non intendesse che è svanita la preoccupazione per l'uscita di Fisica, ma che se fosse uscita sarebbe stato un incubo: in pratica è stata *"sventata la Fisica".