lunedì 11 gennaio 2016

Parlare senza barbazzale

Erano anni che il rag. Freccini sopportava le offese e le "angherie" del suo direttore generale, il quale non perdeva occasione per  "ridicolizzarlo" davanti ai colleghi. Freccini, uomo mite e rispettoso, ingoiava il rospo ma dentro di sé attendeva con ansia il giorno della "vendetta", vale a dire il giorno in cui avrebbe potuto parlare senza freni, senza ritegno e "spiattellare" in faccia al suo superiore tutto l' "odio" accumulato in quaranta anni di duro lavoro. Il "giorno del giudizio" finalmente arrivò: Freccini fu collocato in quiescenza e approfittò dell'occasione per "sputare il rospo" che era stato costretto a ingoiare per quieto vivere; nel saluto di commiato si rivolse al direttore senza barbazzale, vale a dire senza freni, senza riguardo. Quando lasciò la stanza del superiore il ragioniere sembrava ringiovanito: lo sfogo gli era stato salutare. L'espressione "ingoiare il rospo", ovvero essere costretti a sopportare e accettare qualcosa di increscioso, non abbisogna di spiegazioni; con molta probabilità la locuzione  deriva dal fatto che i rospi provocano una difficile digestione nelle serpi, ghiottissime di tale preda. Piú complicata, forse, l'origine del modo di dire "parlare senza barbazzale", espressione poco conosciuta e, di conseguenza, poco adoperata. Citiamo, per l'origine e la spiegazione, da Giuseppe Manuzzi: «Il "barbazzale" è la catenella che va attaccata all'occhio dritto del morso della briglia e si congiunge col rampino all'occhio manco dietro la barbozza del cavallo» (serve per rendere piú efficiente il freno, ndr). In senso figurato, quindi, "senza barbazzale" significa senza freno, senza riguardi, parlare francamente, apertamente.

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La parola, di ieri, proposta da "unaparolaalgiorno.it": bifolco.

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