domenica 25 ottobre 2015

Fare (o essere) il gaglioffo

Ciò che avete appena letto non è propriamente un modo di dire; trattiamo l'espressione perché ci è stata richiesta  da un lettore che non vuole "comparire", anche con le sole iniziali, su questo portale.  Il nostro amico  desidera conoscere la provenienza linguistica del gaglioffo. Lo accontentiamo anche se non condividiamo la sua scelta. Se apriamo un qualsivoglia vocabolario possiamo leggere, alla voce in oggetto: «Di persona buona a nulla, goffa e ridicola in tutto ciò che fa» e, anticamente «mendico, pezzente, furfante, manigoldo». In origine, dunque, il vocabolo aveva l'accezione primaria di mendicante acquistando, attraverso vari passaggi semantici il significato odierno di "cialtrone", "buonannulla". Vediamo, assieme, questi passaggi. L'opinione comune corrente  ritiene il termine un incrocio di "gagliardo" e "goffo" (gagli-goffo). L'origine piú verosimile - a nostro avviso - è, invece, il francese "galli" e "offa", vale a dire il "tozzo del gallo", cioè del francese. Cosí era chiamata l'elemosina  ("offa") che si dava nei monasteri ai francesi che si recavano in pellegrinaggio a S. Iacopo di Galizia. Coloro che ne beneficiavano erano detti, quindi, "gaglioffi". Il vocabolo, con il passare del tempo, ha acquisito, per tanto, l'accezione di "mendicante", "pezzente"; poi, per degradazione semantica, ha finito con l'acquistare il significato di "poltrone", "balordo" e via dicendo fino ad arrivare all'accezione odierna di cialtrone, buonannulla.
Interessante, in proposito, quanto si legge nel Tommaseo-Bellini.

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La parola proposta è: ingubbiare. Chi ingubbia? Colui che mangia avidamente.

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