venerdì 26 settembre 2014

Smarronate...

Oggi desideriamo richiamare l'attenzione dei nostri amici lettori su alcune smarronate che quotidianamente "appaiono" sulla carta stampata (ma non solo) e che sono il frutto della presunzione di "coloro che fanno la lingua", le cosí dette grandi firme del giornalismo italiano. A questo proposito il "grido di dolore" lanciato qualche anno fa dall'Accademia della Crusca, circa gli orrori di cui sono infarciti i giornali, non ha ottenuto l'effetto sperato, anzi... Le cause di questo sfacelo linguistico sono molteplici, non ultima la "messa a riposo" dei correttori di bozze. Sí, la quasi totalià dei giornali ha ritenuto opportuno sopprimere - con la scusa della "computerizzazione" - la figura di quel "losco individuo" che con certosina pazienza andava a caccia dei refusi (errori di stampa) e degli "orrori linguistico-grammaticali" degli estensori dell'articolo. Oggi questa rete di protezione non esiste piú, sono venute, cosí, alla luce le magagne tamponate - un tempo - dai correttori. Oggi il giornalista non ha piú il capro espiatorio cui addossare la colpa dei suoi strafalcioni: il "merito" è tutto suo. Sue sono, quindi, le smarronate che leggiamo e che inducono in errore gli studenti sprovveduti. Come il vezzo, per non chiamarlo errore, di adoperare le particelle pronominali "ci si" con alcuni verbi quali rafforzative della coniugazione con soggetto indeterminato: ci si andava, ci si era tutti, ci si era venuti. Quest'uso, dunque, è tremendamente errato. Il "ci" unito al "si" si può usare - ed è corretto - soltanto come forma di soggetto indeterminato con i verbi riflessivi o pronominali: ci si annoia (noi ci annoiamo), ci si vergogna (tutti si vergognano), ci si deve lavare (tutti ci dobbiamo lavare); oppure come complemento di reciprocanza adoperato con la forma del soggetto indefinito: ci si vede domani, vale a dire ci vediamo domani; o, ancora, come avverbio di luogo, con il significato, appunto, di "in questo luogo": a casa tua ci si sta bene. Vediamo altre smarronate tra le quali possiamo includere - senza tema di essere smentiti - l'uso improprio (è un eufemismo) che la stampa fa del verbo "elevare" in cui il suddetto verbo non ha il significato che gli è proprio, vale a dire "portare in alto". Cade, quindi, in un grossolano errore, commette una smarronata il cronista che scrive «gli inquirenti hanno elevato molti dubbi in proposito». I dubbi - fino a prova contraria - non si "portano in alto", si manifestano, si suscitano. Altra smarronata frequentissima che "appare" sulla carta stampata è l'uso del partitivo con la preposizione "con": l'esponente politico è stato inquisito con dei suoi amici. Quel "dei" partitivo deve essere sostituito - in buona lingua italiana - con "alcuni": è stato inquisito con alcuni suoi amici. Potremmo continuare ancora, ma non vogliamo tediarvi oltre misura. Concludiamo queste noterelle, quindi, con un pensiero di Giuseppe Giusti: «L'avere la lingua familiare sulle labbra non basta: senza accompagnarne, senza rettificarne l'uso con lo studio e con la ragione è come uno strumento che si è trovato in casa e che non si sa maneggiare». A buon intenditor, poche parole...

2 commenti:

Eletta Senso ha detto...

Grazie per queste riflessioni quanto mai appropriate.

Fausto Raso ha detto...

Grazie a lei, gentile Eletta.
Con cordialità
FR