mercoledì 5 giugno 2013

ININTELLEGÌBILE O ININTELLIGÌBILE?:

Un interessante articolo di Salvatore Claudio Sgroi*



ININTELLEGÌBILE O ININTELLIGÌBILE?:

VARIANTI APOFONICHE PLURISECOLARI

1. Il caso: un dantismo con refuso?

Un caro amico e collega, avendo letto un nostro breve intervento in cui si accennava a «lingue materne diverse, e tra loro inintellegibili», ci ha fatto “occhiutamente” osservare: «Ti segnalo un refuso alla riga 3,
dove penso tu intenda dire “inintelligibili” [al posto di inintellEgibili ], o
sbaglio?».
La sostituzione di una i con una e, data anche la minima salienza fonica
 grafica dei due grafemi-fonemi, ha in effetti tutta l’aria di essere un
banale refuso-lapsus grafico-fonico. Ma quando abbiamo mentalmente e
oralmente provato a pronunciare prima (e a scrivere dopo) inintellIgibili
secondo la “corretta” grafia suggerita dall’interlocutore, confessiamo di
aver provato disagio e resistenza a realizzare tale forma. Una scorsa al
vocabolario (“il garante” della lingua), e anzi a più d’uno, non lasciava
peraltro dubbi sul carattere “corretto”, ovvero sulla codificazione di inintellIgibile,
in quanto forma riconosciuta e approvata. Sul piano del puro
funzionamento della lingua, l’agg. inintelligibile si configura peraltro strutturalmente
come parola formata con il prefisso negativo [in- + intelligibile].
La codificazione di inintellIgibile ha anche, come dire, un pedigree
autorevole, trattandosi di una codificazione con etimo diacronico, in quanto
voce dotta risalente a Dante Convivio (III.XII.6) 1304-08 (DELI): «di
cosa intelligibile per cosa inintelligibile trattare si conviene» (Enciclopedia
antesca, ried. 2005 vol. X), derivante «dal lat. tardo inintelligibile(m)».
E la base intelligibile del derivato è, a sua volta, latinismo, databile sempre
con il citato Convivio 1304-08 (DELI): «dal lat. intelligibile(m)».

2. Un’altra base etimologica

Abbiamo quindi cercato di rintracciare nella “grammatica inconscia”
della lingua idiolettale la regola alla base di quella variante marcata inintellEgìbile.
ra, è per me naturale dire anche intellEgibile (piuttosto che
intellIgibile), da cui è quindi strutturalmente generata la forma prefissata:
in+intellEgìbile.
È anche da tener presente che la forma canonica dell’italiano intellIgibile
(«dal lat. intelligibile(m)») è affiancata dalla variante, non meno canonica,
intellEgibile anch’essa («dal lat. intellegibile(m)» (cfr. Sabatini-
Coletti), databile XIV sec. con S. Bonaventura volgar. e seconda metà del
sec. XIV con S. Agostino volgar. (in Batt. VIII 1973), segnalata (ma non
datata) nei dizionari correnti (per esempio Sabatini-Coletti, De Mauro,
Zingarelli, ecc.).
E analogamente il derivato intellIgibil/ità 1639 B. Fioretti (in Batt. e in
ELI) coesiste con intellEgibil/ità av. 1569 B. Varchi1 (in Batt.2 e in DELI),
apparentemente neoformazione, non essendoci tra l’altro nessun esempio
nel Thesaurus formarum (TF).
Invece non è neoformazione intellIgibil/ità, come pure indicato in tutti
i dizionari, ma comporta un etimo diacronico derivando «dal lat. mediev.
intellIgibilitatem», come si deduce dal Thesaurus formarum (TF) che segnala
l’esistenza di ben 308 esempi databili tra il 736 e il 1499.
Le due varianti italiane in.tel.lE.gi.bi.le (< dal lat. in.tel.lE.gè.bè.lem) e
in.tel.lI.gi.bi.le (< dal lat. in.tel.lI.gè.bè.lem) sono peraltro riconducibili a
una alternanza vocalica latina di tipo apofonico: la sillaba con vocale breve
originariamente in posizione iniziale (l/.gèbèlis) trovandosi per derivazione
in posizione interna e in sillaba aperta (intel.l/.gèbèlis) tende a mutare
il proprio timbro vocalico e>i (intel.li.gèbèlis).

3. Il derivato in/intellEgibile: forma errata?

Se il derivato in/intellEgibile non appare codificato (i.e. riconosciuto e
accettato) nei dizionari correnti della lingua italiana, si potrebbe ritenere
una forma errata; ma tale non è in quanto semanticamente trasparente e
per niente ambigua.
Potrebbe pur sempre essere sanzionato negativamente se rientrante nell’italiano
popolare. Ma non è neppure classificabile come variante diastraticamente
bassa, in quanto il Batt. (1973, vol. VIII) registra in/intellEgibile
come lemma secondario connotandolo diacronicamente come voce “ant.”
I dizionari anche quando riportano le due varianti indicano purtroppo solo la data più lontana,
riferita a entrambe: av. 1565 così in DE MAURO 2000, DE MAURO-MANCINI 2000, ZING 2011; e sec. XVI
in SABATINI-COLETTI 2007.
Non così però PALAZZI-FOLENA et al. 1992 che data solo (e correttamente) la variante intellEgibilità
av. 1565. Devoto-Oli 2010 tralascia invece di lemmatizzare la variante intellEgibilità.
2 Il Batt. (1973, vol. VIII) tralascia tuttavia di indicare come lemma secondario la variante intellEgibil/
ità.
pur senza alcun esempio d’autore. E tuttavia la LIZ ci fornisce un esempio
del ’500 con M. Equicola (1470-1525) Libro de natura de amore (1525):
Pure alcuni philosophi, tra quali io pono primo Platone, cresero Dio curare le cose
humane, prevedere quelle, et ad quelle provedere; benché in nocte, videro, como Plotino,
il quale Plotino disputa di providentia, et affirma da pulchritudine inintellegibile et
ineffabile di Dio descendere fine alla pulchritudine de fiori et frondi (Libro 3, 1).
a scorsa di tale forma nel domenicale del «Sole 24 Ore» consente
ancora di documentare nell’arco di circa un trentennio (1983-2010) due
sempi del 2000 e 2010 significativamente presso una stessa parlante:
(i) il codice risultava alla fine inintellegibile (Ch. Somajni,10.9.2000);
(ii) Una successione di caratteri, ordinati lungo l’asse centrale della pagina, un tempo
forse stringhe di comandi, forse residui ormai inintellegibili di un testo, forse semplicemente
lettere rovesciate a casaccio nel browser (Ch. Somajni, 2.2.2010).
La duplice esemplificazione fa quindi ulteriormente scartare l’ipotesi del
lapsus o del refuso tipografico e conferma la grammatica “profonda” della
derivazione da noi sopra ricostruita.
Naturalmente delle due forme inintellIgibile/inintellEgibile, se la prima
è unanimemente registrata con etimo diacronico (DELI, ecc.), anche
la seconda, assente nella lessicografia (con l’eccezione del Batt.), si configura
come “dono”, derivando «dal lat. inintellEgibilem» stando al Thesaurus
Formarum (TF) che segnala l’esistenza di 8 esempi databili tra le
origini e la fine del II sec. d.C.
La prima forma inintellIgibile è decisamente dominante rispetto all’altra.
La variante marcata è infatti assente nel Primo tesoro della lingua letteraria
italiana del Novecento, formato da 100 testi del Premio Strega del
cinquantennio 1947-2003 (De Mauro 2007); nessuna attestazione nella
esemplificazione letteraria del Batt., né nel TB. Mentre negli undici secoli
i testi della LIZ c’è un solo esempio, e appena due occorrenze in
quasi trent’anni (1983-2010) della pagina letteraria del «Sole 24 Ore»,
come sopra indicato.
Ma una qualche vitalità della variante minoritaria in esame è deducibile
dai circa 71mila “risultati” in Google libri (14.IV.2012), dove però occorrerebbe
distinguere singolarmente (e pazientemente) le occorrenze delle
due forme. Ci limitiamo qui a indicare tra le occorrenze di inintellEgibile
le seguenti:
1693 Fr. Bonaventura di Recanati («Oh questo sì, ch’è massima incredibile, se non
fosse di fede, inintellegibile, inescogitabile», Prediche, Venetia, Paolo Baglioni, tomo I,
p. 106).



E poi nel ’900:

1901 F. Ravello (Attraverso il Quattrocento, Torino, Derossi, p. 41);
1922 Giornale critico della filosofia italiana (voll. 3-4, p. 169);
1941 Cultura neolatina («ogni poesia sarebbe inintellegibile a ogni altra persona che
non fosse il poeta», p. 79);
1946 Rassegna storica del Risorgimento («in una maniera presso che inintellegibile»,
voll. 31-32, p. 72);
949 Delta 1 gennaio («ai confini dell’inintellegibile», p. 30);
1950 G. Saitta (Il pensiero italiano nell’Umanesimo e nel Rinascimento: il Rinascimento:
«empia, inintellegibile e favolosa opinione», Firenze, Zuffi, p. 141).

Ecc.

Non da ultimo, la variante marcata appare “normale” nell’uso di alcuni
universitari della laurea magistrale (poco più che ventenni) e presso
colleghi universitari dell’Università di Catania, come abbiamo potuto
accertare.

4. Altri derivati nominali e avverbiali

Analogamente le due basi aggettivali danno luogo ai due derivati nominali:
inintellEgibil/ità, apparente neoform. (nessuna forma è segnalata nel
TF); manca in tutti i dizz. (Batt., De Mauro, Sabatini-Coletti, Zing., ecc.);
in Google libri (15.IV.2012) 264 risultati; nell’800:
1896: Riforma sociale. Rivista critica di economia e di finanza («Ora, come allora, è
vero, l’aneddoto storico e la definita allusione locale possono illuminarne la densa nebulosità,
quindi l’inintellegibilità per la mente giovanile; ed un buon maestro può senza
dubbio aiutare ed aiuta a vincerle», vol. 6, p. 12);
tre esempi nell’arco 1900-1950, ovvero nel 1940, 1942 (S. Fr. Romano),
1943 (Logos), ecc.; 71 “risultati” nel periodo 1950-1999, ecc.
E inintellIgibil/ità, av. 1712 Magalotti (Batt. e senza etimo), lettera
dell’8 aprile 1681 (in Google libri), non neoformazione come indicato in
tutti i dizionari3, ma con etimo diacronico «dal lat. inintellIgibilitatem»,
stando al Thesaurus Formarum (TF) che indica l’esistenza di 12 esempi databili
tra il 736 e il 1499.
In Google libri 3.650 “risultati”; nel periodo 1650-1699 con due esempi,
di cui uno consente di retrodatare il Magalotti 1681:
3 Così in DE MAURO av. 1712, DE MAURO-MACINI av. 1712, SABATINI-COLETTI sec. XVIII, e ZINGARELLI
che omette anche la datazione.

I

1650 Michele De Calvo («Se io giro l’occhio, nel corrente Vangelo altro non veggio,
ch’ecclisse: cioè oscurità di scritture, e inintelligibilità di misteri», Assunti sopra i vangeli
della Quaresima, Venetia, Giunti, e Hertz, parte seconda, p. 173);
1682 Pier Matteo Petrucci («egli tanto più è amabile, quanto meno è intelligibile;
perche la sua inintelligibilità è originata dalla sua eccessivamente sovrana e illimitabile
perfezzione», La contemplazione mistica acquistata, Venetia, Gio Giacomo Hertz, p. 130)

E quindi, gli avverbi:

inintellEgibil/mente, neoformazione assente in tutti i dizz. (Batt.,
DELI, DeM-M, DeM, Sabatini-Coletti, Devoto-Oli et al.). In Google libri,
solo 5 esempi nell’arco di un secolo (1900-2012):
1911 Federico Confalonieri («Io non so come potrai leggermi; ad ogni modo bramo
che te ne vendichi collo scrivermi altrettanto a lungo, ma non arriverai sicuro a farlo
altrettanto inintellegibilmente», Carteggio, Milano, Tipo-litografia Ripalta, vol. 2, parte
1, p. 210);
av. 1963 B. Fenoglio [1922-1963] («dalla macchina qualcuno cominciò a splutter inintellegibilmente
a un megafono», Opere, Torino, Einaudi 1978, p. 585);
1992 Ch. Baudelaire («ogni tanto sospira inintellegibilmente», Paradisi artificiali,
Roma, Newton, tr. it. rist. 2011);
1993 P. Hadot («In questo momento essa ancora non vede, o piuttosto vede «inintellegibilmente
», cioè senza distinguere il suo oggetto, «vive» solamente, ci dice Plotino, e
opera un movimento di conversione verso il suo oggetto», Porfirio e Ottorino, Milano,
Vita e Pensiero, tr. it., p. 204);
2006 Bollettino di studi latini («inintellegibilmente arrossito», Napoli, Loffredo, p. 47).
E inintellIgibil/mente, neoformazione, datata sec. XX (DeM, DeM-M;
senza data in Zing., Sabatini-Coletti; mancante in Batt., DELI, Devoto-Oli
et al.); in Google libri (16.IV.2012) 369 risultati e quindi retrodatabile al:
1774 Giovanni Gualberto de Soria («una immaginazione [...] non istravolta mai, non
gonfia, non falso sottile, non inintelligibilmente sublime», in Raccolta di opere inedite. Contenente
i caratteri di varj uomini illustri, Livorno, Tommaso Masi e Comp., tom. 2, p. 54);
1782 Ferdinando Sanftleben (Grammatica tedesca, ovvero, Introduzione sincera, e chiara
per imparare con facilità li fondamenti veri, e buoni della Lingua Tedesca, Milano, Fratelli
Reycends, edizione terza, p. 291).
Ecc.
Anche le basi intellEgibile/intellIgibile danno luogo a loro volta agli avv.:
intellEgibil/mente (solo in Palazzi-Folena et al. 1992, e senza data;
mancante in DELI, DeM-M, Zing., Sabatini-Coletti, Batt.); 180 risultati
in Google libri (16.IV.2012); databile nella seconda metà dell’800 con
un solo esempio:
1885 Federigo Gilbert de Winckels («Alla tua opera periodica, dovendo essere nazionale,
conviene la lingua elegantemente e intellegibilmente scritta dalla nazione», Vita di
Ugo Foscolo, Verona, Libraria H.F. Münster, vol. 1, p. 187).
Due esempi nella prima metà del ’900:
1900 («raccoglie, prepara e distribuisce intellegibilmente le delineazioni della forma»,
in «Rivista musicale italiana», vol. 7, p. 187);
1929 («una legge promulgata in questi giorni in Norvegia, a termini della quale i medici
saranno obbligati d’ora innanzi a scrivere intellegibilmente le loro ricette», «Rivista di
biologia», vol. 11, p. 251).
E intellIgibil/mente av. 1364 Zanobi da Strata (Batt.), av. 1364 (De
Mauro, DeM-M); senza data in Palazzi-Folena et al., Zing., Sabatini-Coletti.

5. Paradigma derivazionale

Possiamo quindi riassumere i dati principali sopra analizzati nei seguenti
paradigmi derivazionali a raggiera e a catena, disposti in ordine di data di
prima attestazione:
inintellIgibil/ità
1650 M. De Calvo, 1681 Magalotti,
«dal lat. mediev. inintellIgibilitate(m)»
in/intellIgibile inintellIgibil/mente
1304-08 Dante 1774 G. Gualberto de Soria, neoform.
«dal lat. tardo eccl. inintellIgibile(m)»
1.a. intellIgibile intellIgibil/mente
1304-08 Dante av. 1364 Zanobi da Strata, neoform.
«dal lat. intellIgibile(m)» intellIgibil/ità
1639 B. Fioretti
«dal lat. mediev. intellIgibilitate(m)»
inintellEgibil/ità
1896 Riforma sociale, neoform.
(nessun esempio in TF)
in/intellEgibile inintellEgibil/mente sec. XX
av. 1525 Equicola 1911 Confalonieri, neoform.
dal lat. inintellEgibile(m)
1.b. intellEgibile intellEgibil/ità
XIV sec. San Bonaventura av. 1565 B. Varchi, neoform. (nessun esempio in TF)
volgar. «dal lat. intellEgibile(m)» intellEgibil/mente
1885 Federigo Gilbert de Winckels, neoform.



6. Conclusione

Insomma i parlanti che usano la variante in/intellEgibile (e derivati)
tano per un “dono”/prestito dal latino di minor vitalità, non registrata
dai dizionari, ma corretta in quanto suffragata da utenti colti, rispetto a
quelli che ricorrono alla variante in/intellIgibile (e derivati), anch’essa
“dono” del latino tardo, pienamente codificata, anche per l’avallo dantesco;
tutti gli utenti muovono peraltro da due varianti di base (intellEgibile
e intellIgibile), la seconda col prestigio dantesco, entrambe “doni” latini,
che hanno dato luogo a una produzione di ulteriori derivati (sostantivi
e avverbi), tutti in plurisecolare coesistenza, a confermare con Sapir
(1921), e ora con Renzi (2012), il drift o deriva linguistica rispetto ai presunti
cambiamenti catastrofici.

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* Docente di linguistica italiana presso l’Università di Catania

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Per quanto attiene al significato, forse poco conosciuto, di "apofonico" si veda questo collegamento:
http://www.sapere.it/enciclopedia/apofon%C3%ACa.html

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