giovedì 10 maggio 2012

Reato di lesa lingua


Le cronache dei giornali ci hanno abituato, ormai da tempo immemorabile, all’impatto continuo con il termine bustarelle usato per indicare il malcostume che regna in alcune istituzioni pubbliche e no. Non è di questo che vogliamo occuparci, però, anche perché non è nostro compito ‘moralizzare’ i gangli dello Sato, degli Enti locali e delle varie industrie pubbliche e private: per questo c’è la magistratura. Noi ci sentiamo in dovere, per la parte di nostra competenza, di ‘moralizzare’ i “fruitori” di questo termine scritto il piú delle volte (per non dire sempre) in modo errato: bustarella, con la ‘a’ anziché con la ‘e’. La grafia corretta è, dunque, busterella. Occupiamoci, quindi, della formazione di alcuni diminutivi osservando scrupolosamente le leggi grammaticali rassicurando, nel contempo, coloro che ostinatamente non vorranno rispettarle: in questo caso la magistratura non ha alcun potere; il reato di “lesa lingua” non è previsto nel codice penale. Se cosí fosse le patrie galere non avrebbero piú posto per accogliere gli ‘ospiti’, specialmente quando ci capita di leggere (o di sentire) che «a causa dell’incidente automobilistico il poverino versa ‘in pericolo di vita’». Il pericolo, quindi, per chi scrive simili sciocchezze, è che il malcapitato “viva”, non che muoia. Pericolo di vita, stando alla lingua, significa possibilità di sopravvivenza. In buona lingua si dice pericolo di morte. Ma torniamo alla busterella. Per quanto riguarda la formazione del diminutivo, la regola stabilisce che occorre togliere la desinenza e aggiungere al tema della parola in questione il suffisso -erella (-erello, maschile singolare; -erelli, maschile plurale; -erelle, femminile plurale). Da busta, quindi, togliendo la desinenza ‘-a’ avremo il tema bust al quale aggiungeremo il suffisso -erella: busta, bust, busterella. Lo stesso discorso per quanto attiene ad ‘acquarello’, la forma in regola con la grammatica è acquerello (con la ‘e’). Alcuni dizionari ammettono entrambe le grafie, noi consigliamo di attenersi rigidamente alla “legge grammaticale”: acquerello. Quanto alla tintarella, il linguista Carlo Tagliavini consiglia di non seguire la regola grammaticale (tinterella, ndr) ma di attenersi alla grafia di origine dialettale romana, entrata ormai nella lingua nazionale.

6 commenti:

Monmartre ha detto...

Buon giorno,
questa regola, che non conoscevo, mi lascia molto perplesso nella sua attuazione – considerando anche che i correttori automatici di MS-Word e Google indicano la forma corretta come errata –.
Si deve quindi dire spinterella, pennerello (non presente sul vocabolario Treccani in rete)… Confrontando le numerosità dalla ricerca di Google vince la forma errata 70 a 1. D’altro canto, però, sono spontanei: pazzerello, stenterello…
Da oggi vedrò di porre maggiore attenzione e cercherò di costruire correttamente questi diminutivi (e quelli in -ello -erellino -erellone).
Personalmente, poi, non prenderò in considerazione il fatto che Carlo Tagliavini ritenga meglio “tintarella”: altrimenti, se seguissimo le personali preferenze di ogni linguista, dove andremmo a finire!? (Dove siamo oggi!)

Sempre grazie per le Sue pillole di conoscenza.

Fausto Raso ha detto...

Gentile Monmartre,
i correttori automatici non sono sempre affidabili (dietro c'è la mano dell'uomo che li programma...).
Cordialmente
FR

Ines Desideri ha detto...

Gentile Dottor Raso,
mi permetta di esprimere alcune perplessità al riguardo.
Dubito che possiamo considerare "bustarella", "acquarello" e "tintarella" dei diminutivi (rispettivamente di "busta", "acqua" e "tinta"), poiché i diminutivi (come gli accrescitivi, i vezzeggiativi e i peggiorativi/gli spregiativi) sono nomi "alterati". Il suffisso conferisce soltanto una sfumatura semantica diversa, senza influire sul significato del nome che altera.
"Bustarella", "acquarello" e "tintarella" sono - a mio modesto avviso - nomi derivati: i suffissi conferiscono al lemma un significato diverso.
Nessun politico corrotto si accontenterebbe di una "piccola busta", né io in cartoleria chiederei una "busterella" per intendere una busta di piccole dimensioni.
Che poi "bustarella" e "tintarella" siano termini regionali è un altro discorso: un discorso non una ... discussione, per carità.

Cordialmente
Ines Desideri

Fausto Raso ha detto...

Gentilissima Ines,
le riporto, in proposito, ciò che scrive il linguista Aldo Gabrielli: «-arello, desinenza diminutiva di certi nomi, è d’uso non corretto, di derivazione dialettale: acquarello, vecchiarello, vecchiarella, cosarella, bustarella e simili». Il Gabrielli parla chiaramente di “desinenza diminutiva”.
Cordialmente
FR

Ines Desideri ha detto...

Gentile Dottor Raso,
con tutto il rispetto dovuto al Prof. Gabrielli, mi permetta di sottoporre alla Sua cortese attenzione una distinzione tra i vocaboli citati.
"Vecchierello", "vecchierella", "coserella" sono indubbiamente i nomi alterati di "vecchio", "vecchia", "cosa".
Anche "busterella" è il diminutivo di "busta" se intendo una busta che contiene una scarsa quantità di "cose".
Ma la "bustarella" o "busterella" cui Lei fa riferimento nel Suo scritto sono il corrispondente di "tangente", "mazzetta" e l'insieme di sinonimi frutto della corruzione imperante.
Il significato, a mio avviso, è diverso.
Per quanto riguarda "acquerello", ritengo sia l'unica forma corretta, ma non lo considero un diminutivo di "acqua".

Cordialmente
Ines Desideri

Fausto Raso ha detto...

Sí, gentilissima Ines,
convengo con lei: la busterella,vale a dire la "mazzetta" ha un significato diverso dalla busterella,diminutivo di busta, cioè una "piccola busta". Anche su acquerello mi trova d'accordo, fermo restando il fatto che i suffissi corretti sono: -erello, -erella, -erelli, -erelle.
Cordialmente.
FR