venerdì 9 marzo 2012

Complemento: predicativo o di modo? (2)

A proposito dei complementi predicativo del soggetto e di modo o maniera, riportiamo dalla rubrica di lingua del quotidiano la Repubblica in rete:


1. Ines Desideri scrive:

Gentile Professor Arcangeli,

mi permetto di inserirmi nell’interessante discussione tra Lei e Fausto Raso (in merito a “zitte zitte” 5-6/3) per avere delle delucidazioni.

Se, anziché “Se ne andarono zitte zitte …”, avessimo la frase “Se ne andarono in silenzio/silenziosamente …” potremmo considerare “in silenzio/silenziosamente” un complemento di modo o maniera?

Propongo una frase manzoniana:

“Presero per i campi, zitti zitti, pensando ognuno a’ casi suoi”.

Come analizzare “zitti zitti” in questo caso?

La ringrazio per l’attenzione e Le porgo cordiali saluti

Ines Desideri

1. linguista scrive:

Procediamo con ordine, prendendola un po’ alla lontana. Consideriamo un verbo come “restare”, che sappiamo tutti essere “intrinsecamente” copulativo. Se dico “Tu vai, io resto”, però, “restare” svolge funzione predicativa, perché esaurisce in sé il suo significato. Insomma, generalizzando, “restare” è un verbo grammaticalmente copulativo, ma può anche rivestire (come nell’esempio che ho fatto) le mansioni di un predicativo. Ma riflettiamo anche su un caso analogo. “Essere” e “avere” sono i più classici verbi ausiliari dell’italiano (”è”, naturalmente, è anche la copula per antonomasia: “Gianni è ingegnere”; “la giornata è bella”), vengono cioè utilizzati tipicamente al fine di esprimere il passato nei tempi composti e nei verbi impersonali (o usati impersonalmente) e nella costruzione passiva: “sono andato”; “non ho mangiato”; “mi sono addormentato”; “abbiamo provveduto”; “è stata derubata”. Non sempre “essere” e “avere” svolgono tuttavia una funzione ausiliaria: in “Dio è” e “ho finalmente avuto il posto” il loro significato è “pieno” (rispettivamente: ‘esistere’ e ‘ottenere’) e il loro ruolo autonomo. Bisogna considerare i vari fenomeni linguistici nel loro concreto contesto di utilizzazione, distinguendo con intelligenza caso da caso. Quando qualcuno mi pone una domanda su una questione che investe l’italiano sto bene attento a NON mettere preliminarmente mano a nessuna grammatica dell’uso corrente; non perché non mi fidi, ovviamente, ma perché bisogna prima ragionare (anche su quel che ci sembra scontato) e poi, se si vuole, ci si può confrontare con quel che hanno scritto altri. La mia irritazione monta soprattutto quando qualcuno, senza avere le competenze che può avere un linguista di professione, pontifica dopo aver consultato più o meno cursoriamente le sue fonti. Se quel qualcuno scrive, senza mettere in luce sfumature o eccezioni, che “andare” è un verbo predicativo, o snocciola una serie di esempi generici senza spiegare, e per di più in forma di osservazione al lavoro di altri, io mi sento in dovere di intervenire.

Se dico “andarsene in silenzio” o “andarsene silenziosamente” sono di fronte a un caso un po’ diverso rispetto ad “andarsene zitto zitto”, perché la doppia possibilità “in silenzio”/”silenziosamente” rende più solido il valore di complemento di modo della soluzione “in silenzio” (”silenziosamente” è proprio un avvebio di modo), laddove “zitto zitto” non ha dalla sua un equivalente avverbiale (*”zittamente” non è forma attualmente accettabile); nella mia percezione, perciò, “andarsene zitto zitto” lega l’”aggiunta” (”zitto zitto”) al verbo più di quanto avvenga con “in silenzio” o “silenziosamente”. Dobbiamo sottrarci, in definitiva, a una visione manichea della nostra lingua (di tutte le lingue), e abituarci a osservare i vari fenomeni nella continuità di piccoli passaggi dall’una all’altra delle classificazioni possibili. Ai nostri fini è fondamentale la distinzione tra le categorie grammaticali in sé e per sé e le varie funzioni che una determinata forma può assumere al di là della sua appartenenza all’una o all’altra di quelle categorie.

Massimo Arcangeli

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Saremo ottusi, ma continuiamo a non capire la risposta del linguista; anzi, ci sembra che non abbia risposto. Avevamo inviato, inoltre, quest’intervento che, “democraticamente”, è stato cassato:


Fausto Raso scrive:


Il tuo commento è in attesa di moderazione


Il Prof. Arcangeli mi perdonerà se insisto sull’argomento. “Se ne andarono zitte zitte” contiene un complemento di modo, non un complemento predicativo del soggetto, come sostenuto dal dr Bianco e dallo stesso Prof. Arcangeli, il quale scrive: «… Che quell’aggettivo o quel nome, in un caso come “Mario è arrivato preparato”, risponda alla domanda “come (è arrivato Mario)?”, e svolga perciò la funzione di un complemento di modo, non c’è comunque alcuno dubbio». Se nella frase “Mario è arrivato preparato” si può rispondere alla domanda “come?” e si ha, quindi, un complemento di modo, non si capisce perché nella proposizione “se ne andarono zitte zitte” alla quale si può rispondere alla stessa domanda (”come se ne andarono”?) si ha, invece, un complemento predicativo del soggetto. Proprio non riesco a capire il perché.






21 commenti:

Emilio ha detto...

Un'osservazione veloce, dottor Raso: il linguista l'ha presa molto alla lontana, eludendo così le delucidazioni richieste.
Emilio

otto ha detto...

Gentili signori, mi pare che ci si stia perdendo in un bicchiere d'acqua.
Se la frase da analizzare fosse "Tornarono a casa stanche", nessuno avrebbe esitazione a definire "stanche" un complemento predicativo del soggetto.
Io non vedo alcuna differenza con "zitte".
Inoltre, il complemento di modo è sempre introdotto da preposizioni o locuzioni prepositive.
Quindi, per fare un altro esempio, nella frase "Uscì dall'aula zitto" abbiamo un compl. pred. del sogg., mentre nella frase "Uscì dall'aula in silenzio" abbiamo un complemento di modo.
Non mi pare così difficile...
Cordialità.
Otto

Ottavio P. ha detto...

In effetti il linguista ha menato il can per l'aia...
Non ha risposto al quesito su come analizzare il "zitti zitti" manzoniano.

Giovanna ha detto...

Gentile Signor otto,
non credo che NOI ci stiamo perdendo in un bicchiere d'acqua, ma che questo sia accaduto al linguista di Repubblica, il quale - in una risposta data nel 2011 - aveva affermato quanto noi stiamo ora ribadendo.
Non possiamo trattare questo tema senza sottolineare la distinzione tra verbi copulativi e verbi predicativi. I primi - ivi compresi gli appellativi, gli elettivi, gli estimativi, gli effettivi nella forma passiva - necessitano di un nome o di un aggettivo perché acquisiscano un senso compiuto, perché "predichino": il nome o aggettivo che li accompagna è chiamato, appunto, complemento predicativo (del soggetto o del complemento oggetto) perché aiuta il verbo copulativo a "predicare", ad acquisire un senso compiuto.

Giovanna ha detto...

I verbi predicativi (la stragrande maggioranza dei verbi italiani) hanno di per sé un senso compiuto e i complementi eventualmente aggiunti servono ad arricchirne la caratterizzazione, non a definirne il senso.
Se scrivo "Le donne rimasero" la frase si rivela incompiuta (tranne in un caso specifico che, se necessario, analizzerò), perché "rimanere" è un verbo copulativo.
Dovrò dunque completare la frase con un complemento.
"Le donne rimasero zitte zitte": in questo caso "zitte zitte" è complemento predicativo del soggetto.
Se scrivo "Le donne uscirono" la frase ha un senso compiuto grazie al verbo "uscire", che è un verbo predicativo.
Aggiungere un complemento alla frase minima citata non è una necessità, ma una scelta personale dello scrivente.
"Le donne uscirono zitte zitte": "zitte zitte" è complemento di modo, poiché segue un verbo predicativo e spiega il modo in cui "le donne uscirono".
Cordialmente

Giovanna ha detto...

Gentile Signor Ottavio,
sulla base di quanto ho scritto - e colgo l'occasione per ringraziare il Dottor Raso per l'ospitalità - naturalmente l'espressione manzoniana "zitti zitti" non può essere che un complemento di modo o maniera.
Cordialmente

Fausto Raso ha detto...

Gentilissima Giovanna,
la sua "lezione" (lei è una linguista di professione?)è stata chiarissima. Chissà se il linguista di "Repubblica" la leggerà o se qualcuno gliela segnalerà.
Grazie

otto ha detto...

Gentile Giovanna, sono d’accordo con lei nel ritenere indispensabile la distinzione fra verbi copulativi e predicativi per individuare il complemento predicativo che è retto dai primi, ovviamente.
Ma non le sfuggirà di certo che anche i verbi predicativi possono svolgere funzione copulativa, per cui possono reggere tranquillamente il compl. predicativo.
Esempio: se dico “E’ nata una bambina” il verbo è un indiscutibile predicato verbale; se dico, invece, “Quella bambina è nata ricca” lo stesso verbo (predicativo) svolge una funzione copulativa e quindi l’aggettivo che segue non può essere che un complemento predicativo del soggetto.
Che poi abbia un significato modale è un altro discorso…
Lo stesso si può dire, a mio parere, di quello “zitti zitti” di manzoniana memoria.
Cordiali saluti. otto

Giovanna ha detto...

Gentile Signor otto,
il verbo "nascere" può essere sia predicativo sia copulativo.
Come esempio dell'uso predicativo (oltre al primo da Lei citato) riporto il classico "Ogni essere vivente nasce, cresce, si riproduce e muore", in cui 3 verbi su quattro sono anche copulativi.
Analizziamo il Suo secondo esempio: "Quella bambina è nata ricca".
La frase "Quella bambina è nata.", secondo Lei, avrebbe un senso compiuto (che non sia lapalissiano: se ne parliamo è ovvio che è nata) oppure lo acquisisce grazie all'aggettivo "ricca"?
Cordialmente

Giovanna ha detto...

E comunque, Signor otto, il Suo commento - me lo lasci dire con estrema franchezza - mi sembra fuorviante, poiché esula dal contesto specifico che stiamo analizzando.
Se Le ho risposto (con il precedente intervento) è stato soltanto per dimostrarLe che accetto qualsiasi confronto. Ma il confronto che Lei offre, lo ribadisco, è fuorviante.
Non mi dica, per tornare a bomba, che "se ne andarono" non è un predicato verbale in piena regola, per cortesia.
E non mi dica che trova compiute e sensate le frasi "Sono nato.", "Sono cresciuto.", "Sono diventato.": si tratta di verbi che esprimono modi di essere o trasformazioni prevalentemente usati come copulativi, non come predicativi.
Cordiali saluti

il puntiglioso ha detto...

gualbidrakGentile e paziente dott. Raso,
sarebbe interessante domandare al linguista di "Repubblica" se nella frase "non esco; sono stanco" vi ravvisi un complemento di modo o maniera, perché si può rispondere alla domanda "come sono?". Visto che ha eluso tutte le domande della gentile lettrice.

Osvaldo Venturini ha detto...

Gentili amici,
non occorre essere "linguisti di professione" per rendersi conto del fatto che il linguista di "Repubblica" ha preso un granchio e cerca, a tutti i costi, di mantenere la sua posizione arrampicandosi sugli specchi.

Giovanna ha detto...

Gentile Signor Venturini,
infatti io non sono una linguista: lo preciso per confermare quanto da Lei osservato e per rispondere alla domanda del Dottor Raso.
Cordialmente

Anonimo ha detto...

prersaideMa perché accanirsi con il linguista di "Repubblica"? Se lui è convinto che, per esempio, nella frase "giro stanco per la città", 'stanco' è un complemento predicativo del soggetto, lasciamolo alle sue convinzioni, anche se errate. Dopo tutto la lingua è un'opinione. O no?

Severino ha detto...

Per il linguista di "Repubblica", nel caso desse un'occhiata a questo blog: "cammino scalzo"; 'scalzo' è un complemento predicativo del soggetto?
Grazie

Giovanna ha detto...

A me non sembra, Signor Anonimo, che questo garbato scambio di opinioni possa essere definito accanimento verso il linguista di Repubblica.
Ovviamente il Prof. Arcangeli ha il diritto di conservare il punto di vista che ritiene giusto, come è un nostro diritto esprimere il nostro.
Però non si dica che la lingua è un'opinione: ha regole grammaticali, sintattiche, morfologiche che dovrebbero essere tenute nella giusta considerazione.
In fondo è su queste regole che si basa il blog linguistico di Repubblica.
Cordialmente

Anonimo ha detto...

posso inserirmi chiedendo come si analizza "sono in arrivo ?"

grazie
Silvia

Fausto Raso ha detto...

Gentile Silvia,
"sono in arrivo", COSí, senza un contesto, è un predicato verbale (sono in arrivo = arrivano). Per un'analisi appropriata occorre vedere, ripeto, come è inserita la locuzione in una frase.
Cordialmente
FR

Anonimo ha detto...

pensavo ad una frase come: "Io sono in arrivo in stazione"
confrontata ad una come: "Io sono in ritardo all'appuntamento"

a dire la verità sono partita da un paragrafo della grammatica che parla dei normali verbi intransitivi usati in forma copulativa

e poi ho visto che forme tipo: "Io sto in piedi" si analizzano come verbo + predicativo

cioè mi interessa l'uso di "in" in questi diversi casi

grazie per l'aiuto

Fausto Raso ha detto...

Gentile Silvia,
come ha visto dai commenti la questione è complessa e controversa.
A mio avviso la "in" delle prime due frasi introduce un complemento di luogo; la "in" della terza frase ("io sto in piedi"), invece, segnala un complemento predicativo.
Cordialmente
FR

Anonimo ha detto...

Il professor Arcangeli, a mio parere, ha risposto in modo chiarissimo. Solo che non è stato compreso.