mercoledì 26 gennaio 2011

«Quisquiglia»? Meglio quisquilia


Stupisce il constatare che tutti i vocabolari consultati, tranne il Sandron e il Dop (Dizionario di Ortografia e di Pronunzia), attestino “quisquiglia” variante corretta di “quisquilia”. Questo termine, che come sappiamo significa “inezia”, “minuzia”, “cose di nessun conto” e simili discende dal latino “quisquiliae, arum” il digramma “gl” , quindi, non c’entra nulla. Gli amici blogghisti che amano il bello scrivere ne tengano conto.
Si clicchi su questo collegamento
http://www.dizionario.rai.it/poplemma.aspx?lid=23306&r=22340

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Un interessante intervento di
GIANNI PARDO tratto dallo “Scioglilingua” del Corriere della Sera in rete:
Zeta o doppia zeta
Mi inserisco sul discorso della pronuncia della zeta. Non credo di essere un genio della pronuncia, ma mi succede di riuscire a pronunciare benissimo con una zeta le parole come: direzione, Mazara, azoto, condizione, direzione, accettazione, soluzione, interpretazione ed altre. Proprio come riesco a pronunciare con una sola "bi" libro, libertà, libagione ed altre simili. Anche "interprete" viene pronunciato "intepprete", forse solo per pigrizia (con una zeta!) nella pronuncia. Credo che sia solo mancanza di una certa cura nel cercare di pronunciare in modo corretto una lingua che se vuole avere una pronuncia doppia lo segnala chiaramente... raddoppiando la lettera voluta! E' inutile, a parer mio, addebitare ad una innaturalità nella pronuncia l'abuso di raddoppiamenti indebiti. Come si impara la pronuncia di inglese, tedesco, francese e spagnolo: perché non imparare anche la corretta pronuncia di ciò che si legge in italiano?
(Firma)

IL METODO GIUSTO
Se mi si consente per una volta di essere severo, devo dire al sig.** che in materia di alcune doppie, in italiano, egli non ha un’opinione sbagliata - sarebbe il meno - ma un metodo sbagliato. Se egli è talmente bravo da pronunciare “direzione, Mazara, azoto, condizione, direzione, accettazione, soluzione, interpretazione” con una sola zeta significa soltanto che riesce a sbagliarle tutte. Se avesse aperto un dizionario italiano che riporta la pronuncia, per esempio lo Zingarelli del 1970, avrebbe trovato che la trascrizione fonetica di quelle parole è diret’tsjone, ad’dzoto, e sempre t’tsjone come trascrizione fonetica di “zione”. Insegna del resto lo Zingarelli del 1995, all’inizio della “Z”: “Sorda o sonora, la Z non è mai di grado tenue, nell’uso più corretto: in mezzo a due vocali (rizoma) o tra vocale e semiconsonante (at’tsjone) è sempre di grado rafforzato...”.In materia di lingua, non serve a niente dire risolutamente “è così”: perché se quell’opinione corrisponde alla buona lingua, è meglio dimostrare perché corrisponde alla buona lingua. E se non corrisponde, è solo la confessione di un errore.Parlavo di metodo sbagliato per tre ragioni. Volendo formulare dei pareri, bisognerebbe prima documentarsi, per quanto possibile. In questo campo Ivana Palomba è un esempio luminoso. Poi, credere che l’italiano si legga come si scrive è un’illusione vagamente scolastica. Infine bisogna ricordare che le lingue non sono regolate dalla logica, o dalla grafia, ma dall’uso dei ben parlanti. Se i ben parlanti dicono “per lo meno”, è inutile ricordare la regola da scuola elementare per cui le parole che cominciano per consonante vogliono l’articolo “il”.
Gianni Pardo
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Titolo di Porta a porta di ieri sera:
«Cena tra amici
senza alcol e sesso»
Forse è il caso di ricordare a Bruno Vespa, notoriamente sensibile ai problemi di lingua, che se la preposizione impropria 'senza' regge due o piú sostantivi, davanti al secondo e a quelli successivi si pone la negazione 'né' o la 'o', a seconda del contesto; mai la 'e'. Il titolo corretto, quindi, avrebbe dovuto recitare: «... senza alcol né sesso».

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