giovedì 9 dicembre 2010

Prendersi la pena di...


Quanto stiamo per scrivere - siamo certi - non avrà l’ «approvazione» di qualche linguista che dovesse imbattersi, per caso, in questo sito. Comunque...
Il sostantivo femminile “pena” che, a seconda del contesto, può significare
“castigo”, “punizione”, “sanzione”, “tormento”, “compassione” ricorre in numerose locuzioni “francesizzanti” che in buona lingua andrebbero evitate, anche se “immortalate” negli scritti di autori classici. Vediamole. “Prendersi la pena di...” o “Darsi la pena di...”: Giovanni si dia la pena di rispondermi al piú presto. In buona lingua meglio: Giovanni si prenda la briga di (o locuzioni simili) rispondermi al piú presto; “Aver pena a...”: Luigi non avrà troppa pena a fare quel lavoro. Molto meglio: Luigi non avrà troppa difficoltà a fare quel lavoro; “Valer la pena di...”: Vale la pena di ignorare tutto ciò che dice. In lingua sorvegliata si dirà: Conviene, è meglio ignorare tutto ciò che dice; “A pena di...”: I trasgressori sono soggetti a pena di multa. Meglio: I trasgressori sono soggetti a una multa.

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Gentilissimo dott. Raso,
la seguo da quando le sue “noterelle si potevano leggere sul “Cannocchiale”, anche se non ho mai lasciato un commento. Ora le scrivo perché mio figlio si è imbattuto in un termine linguistico mai sentito: interrogativa fatica. I testi di lingua in nostro possesso non ne parlano. Può aiutarci?
Grazie e cordiali saluti.
Ottorino L.
Piacenza
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Cortese Ottorino, dice di seguirmi da quando “utilizzavo” il “Cannocchiale” mi sembra strano, quindi, che le sia sfuggito l’argomento che ho trattato, appunto, su quel sito. Le do il collegamento, comunque, dove può trovare il mio intervento in proposito:
http://faustoraso.ilcannocchiale.it/2010/03/06/interrogative_fatiche_e_diffra.html

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